Democrazia? Per quale civiltà?

giovedì 24 febbraio 2022


In vari articoli, saggi, libri, ultimamente distinguo la civiltà dalla società. La distinzione mi sembra oggi necessaria più che mai, giacché ho l’impressione che si stia regredendo verso la società, trascurando che se questa non diventa civiltà è soltanto un agglomerato di persone, legalizzato, spesso vincolato dallo stare in società, la quale non dà vantaggio al cittadino, anzi lo grava di leggi: divieti sminuitivi. La differenza tra queste due dovrebbe essere evidente, la civiltà è l’idealità, lo scopo, la sublimazione della società, l’arte, la filosofia, il saper vivere, l’umanizzazione dei rapporti umani, la sensualità, i sensi, l’immedesimazione nella natura: ecco, la viva civiltà. Se questo non accade, lo stare insieme è legalismo agglomerativo, ripeto, spesso oppressivo che obbliga il cittadino a fare o non fare senza un risarcimento concreto o spirituale, di civiltà. Perché questa impressione? Perché taluni paesi non offrono modello di civiltà ma più che altro modelli di società, si limitano a stare insieme, con cittadini contenti di sopportare le “regole”. Atene nel V-IV secolo a.C. fu civiltà, Firenze nel XIV-XV-XVI secolo fu civiltà. Dico così perché la storia trabocca di civiltà ovunque e da sempre.

Sembra però che il cittadino si accontenti di stare nella società, avere delle leggi, delle regole, lavorare per ottenere qualche piacere. Una sublimazione collettiva non la percepisco, residui qualitativi esistono, ma non appongono lo stemma solenne alle società. Oggi, ad esempio, in che cosa possiamo riconoscere, connotare la civiltà dell’Italia? L’alimentazione si sta trasformando in transgenica, si esalta la carne artificiale con sapore di carne. Sapore di carne? Che vuol dire? Il vino viene bandito, chissà che sorte avrà l’olio d’oliva, il latte proverrà da piselli secchi. No, questi non sono alimenti, sono cultura. Se ci si accontenta di qualsiasi alimento da mettere sullo stesso valore, vermi o bresaola per me pari sono, pseudo carne con sapore di carne, allora è finita: millenni di cultura della coltivazione, intere presenze mitologiche spazzate via, e sostituite da che? Da quale elaborazione superiore? La civiltà strapiomba nella società, non vi è sublimazione. Non vi sono scelte qualitative. Il transgenico afferra anche la sessualità: invece di conquistare la molteplicità erotica la rovina. La dualità uomo/donna è sotto accusa, chi apprezza il fatto di sentirsi uomo e una donna di sentirsi donna vengono accusati di spregiare gli orientamenti altrui. In tal modo non si amplia ma si restringe l’erotismo, perché, se è vero che esistono molteplici orientamenti sessuali è irrealistica la condanna della più naturale delle situazioni, la distinzione uomo/ donna. Si attuerebbe una transgenesi senza intervento esterno di laboratorio, che però avviene nelle svariate articolazioni degli “orientamenti”.

Poniamo che un individuo voglia contenere organi sessuali maschili e femminili: e sia, è un orientamento. Ma, nella nostra epoca transgenica alterativa vi è una transgenesi eminentemente sociale, che riguarda le etnie. I “bianchi” hanno commesso orrori, come tutte le altre popolazioni, i centro meridionali delle Americhe prima dell’avvento dei colonialisti europei si uccidevano atrocemente e svolgevano sacrifici umani, il selvaggio buono è raro. Oggi dilaga un processo sociale anch’esso alterativo: l’idea che il vilipeso non bianco debba spazzare la cultura dei bianchi. In nome di quale civiltà superiore, non è conoscibile, e questa non conosciuta. Nel campo del lavoro ci si spinge verso la perfezione, in tal caso la transgenesi non modifica, anzi elimina addirittura l’uomo.

Si sta assestando una antrorobotpologia nel campo del lavoro, ovvero la tendenza di preferire il robot all’uomo in quanto finalmente obbediente, “eterodiretto”, con prestazioni supreme, non si ammala, non sciopera, non va in maternità (c’è una variante: si cerca di rendere il robot antropomorfo, ma credo che si preferirà quello meccanico, pur suscitando con mezzi farmacologici, comunicazione ossessiva, il lavoratore manipolato, obbediente, il che si tenterà per l’intera società: la non critica, il mai dissenso, l’uomo unidimensionale, il cittadino del “sì”, la vittoria delle regole, l’assorbimento della civiltà nella società). L’antrorobotpologia vanta le prestazioni delle macchine rispetto a quelle dell’uomo ed enumera i difetti dell’uomo, che va emarginato, e addirittura convinto di non valere (questa è la transgenesi dell’informazione, che con i mezzi di comunicazione convince che rovinarsi non è rovinarsi ma è un bene). Credo che Stati Uniti e Cina siano i primi portatori di questa regressione della civiltà nella società.

La tecnologia è votata alla transgenesi. Una società con scarsa storia può rinunciare facilmente alla civiltà e tentare una società solo tecnica, robotica, del tutto sperimentale secondo il potere della tecnica, giacché la tecnica odierna permette la transgenesi, e poiché manca il passato, ogni tentativo è possibile, l’avventura del nuovo: non vi è la renitenza del passato da cui staccarsi. Per dire: una società (mi riferisco ancora agli Stati Uniti) che non ha conosciuto diffusamente l’olio d’oliva, può condire con ogni mescolanza grassa. Se ignori il parmigiano ingoi qualsiasi pseudo latticino. La Cina è transgenica all’opposto: vuole sgravarsi del passato, ammodernarsi rabbiosamente, ed amputa l’uomo per renderlo funzionale alla laboriosità assoggettata. Gli Usa forse vanno in direzione di una società tecnologica transgenica disumanizzante, la Cina lo è, disumanizzata, per la riduzione della varietà di interessi che arricchiscono l’esistenza, e rendono l’uomo un esecutore in batteria. L’Europa, non parlo delle altre civiltà, ritiene che, essendo società di paesi democratici, ha come interlocutore gli Stati Uniti, e per se stessa è salva.

In tal modo vediamo un aspetto della realtà, superficiale: gli Stati Uniti con questo orientamento tecnologico transgenico minano l’essere un paese democratico. Che vale essere una democrazia se il cittadino è tecnologico transgenico? Se non si ha una idea di civiltà, la libertà stessa non serve. Ora, che tipo di uomo propongono gli Usa come modello di civiltà? Tutto si riconduce alla potenza della tecnologia. Ma la tecnica è un mezzo per la civiltà, non la civiltà stessa. Questa è l’arte, la cultura, la scienza, il saper vivere non alterando la natura, ma sentendola: l’erotismo, l’alimentazione non corrotta, la qualità dello spirito. Una tecnologia transgenica, che sperimenta come annientare l’uomo e renderlo eterodiretto con mezzi genetici o una informazione unidirezionale, non fornisce civiltà. Se lo scopo fondamentale della tecnica è cambiare l’essere umano rendendolo assoggettabile, questo in Cina accade sopprimendo lo spirito critico, ma può accadere anche in paesi dove la tecnologia transgenica può cambiare tutto e tutti, secondo il volere dei padroni della tecnica transgenica.

Non serve a nulla dirsi democratici. Questo è l’errore che stiamo compiendo: non bastano molti partiti a porre in essere una civiltà, bisogna chiedersi: quale uomo si costruisce? La Russia, l’Europa hanno un passato importante per fronteggiare la tecnica, per ovattarla, per non darle il potere radicale sull’uomo. Una forma associativa con quanti non fanno della robotica e della transgenica un mezzo per asservire, alterare l’uomo. Anche le società democratiche possono rendersi fautrici della disumanizzazione, con i mezzi di comunicazione orientati e le tecnologie invasive e alterative. Non basta avere istituzioni democratiche, oggi si può dominare “democraticamente”. Quindi, i rapporti devono basarsi sul tipo di civiltà: ancora umanistica o tecno-robotica-transgenica? C’è un tentativo di fare il vuoto e rifare l’uomo con l’impiego dei mezzi di comunicazione, mezzi farmacologici, interventi genetici, spezzare ogni sovranità, ogni “localismo”, ogni identità, globalizzare l’individuo strappandogli il passato: l’uomo nuovo globalizzato.

Individui e popoli che si oppongono a questo sono avversati ad ogni costo, perché resistono al mercato globale della merce globale per l’uomo globalizzato. Chi è l’uomo globalizzato? L’uomo sottomesso al transgenico (non carne ma con il sapore di carne, robot equivalente dell’uomo, o superiore, sesso indifferenziato, etnie stravolte, ipnosi mediatica, farmaci, sensori, “eterodirezione” totalizzante e obbediente, neo-natura innaturale), e chi vorrebbe mantenere il vecchio uomo (arte, natura, cultura, scelta qualitativa) sia bandito. Perciò: non basta associarsi perché democratici, ma bisogna unirsi per il tipo d’uomo che vogliamo. Vediamo che le democrazie possono modificare il concetto di persona. Non è più il dirsi democratici, il pluralismo, il criterio per valutare, ma: democrazia, assolutamente, per quale civiltà?


di Antonio Saccà