L’infamia dei mancati ristori per i medici morti di Covid

mercoledì 16 febbraio 2022


“Un individuo non comincia a vivere finché non si eleva al di sopra degli stretti limiti dei suoi interessi personali per arrivare agli interessi più vasti di tutta l’umanità”: così ha avuto modo di scrivere Martin Luther King indicando la vera dimensione dell’essere umano, la sua concreta sostanza etica, cioè la cura del suo prossimo oltre che dei numerosi interessi personali rinchiusi nel proprio ombelico. Questa, del resto, dovrebbe essere la missione, o meglio, la vocazione del medico, cioè colui che spende i propri sforzi per la salute e la vita altrui e che si spende per la salvaguardia di questi due diritti così fondamentali dell’essere umano.

Così è stato infatti per i 370 medici, secondo i numeri della Fnomceo, che sono deceduti a causa della pandemia per aver compiuto il loro dovere cercando di curare e salvare la vita dei loro pazienti contagiati, nonostante, specialmente nella cosiddetta “prima ondata” del 2020, siano stati sostanzialmente abbandonati dal ministero della Salute che non ha provveduto a specificare protocolli di sicurezza e di operatività, che non ha inviato dispositivi di protezione ai medici, che non ha organizzato le forze sul campo in prima linea contro il Covid-19. Oltre al danno, come quasi sempre avviene in Italia in molteplici occasioni, la beffa: ai medici deceduti e ai loro parenti non saranno riconosciuti ristori da parte dello Stato per aver perso la vita operando nella lotta contro il Covid-19 secondo quanto riportato dalle principali testate giornalistiche.

Se già non fosse sufficiente il fatto che per un intero anno la campagna vaccinale è stata condotta al di fuori dei parametri giuridici tipici dello Stato di diritto (poiché indotta con l’obbligo di fatto costituito dal Green pass, poiché fondata sull’artificioso e innaturale conflitto creato dal Governo tra i due diritti fondamentali della salute e del lavoro, poiché sprovvista della garanzia di indennizzo come sancito in diverse pronunce nel corso degli anni dalla Corte costituzionale), campagna vaccinale che ha fatto registrare diverse centinaia di decessi come reazioni avverse ai vaccini anti-Covid senza che nessuno ne fosse responsabile (né le case farmaceutiche, né i medici, né lo Stato, né l’Unione europea), adesso si aggiunge l’ulteriore mostruosità di considerare i medici deceduti a causa del Covid come vile “carne da cannone” senza che alla loro memoria e ai loro parenti venga riconosciuto un minimo di decoro pubblico (tramite ristoro di Stato) per ciò che essi hanno fatto per la comunità nel suo momento di maggior difficoltà.

Eppure, non tutti i medici meritano elogi come coloro che sfortunatamente hanno perso la vita per curari gli altri in tempo di pandemia. Sicuramente non li meritano i medici-ideologi, cioè coloro che hanno fatto della scienza una ideologia a cui sacrificare in tempo di pandemia i diritti fondamentali e la dignità umana. Non li meritano neanche i medici-sacerdoti, cioè coloro che hanno propagato l’idea che la scienza sia infallibile come una divinità, mentre invece, la vera scienza è proprio quella che è consapevole della propria fallibilità. Ma tra tutti, non li meritano sicuramente i medici-numerologi, cioè coloro che ossessionati dai numeri e dalle statistiche (e chiunque di noi ne conosce almeno un paio) – ciechi rispetto all’umanità dell’uomo – hanno ritenuto che le vittime da vaccino, in quanto statisticamente minoritarie, non avessero diritto all’indennizzo o al risarcimento da parte dello Stato, poiché proprio la loro esigua quantità (ammesso che così si possa definire il numero di 600 decessi) attesterebbe la sicurezza dei ritrovati vaccinali.

Se per costoro le vittime da vaccino erano moralmente e giuridicamente irrilevanti poiché statisticamente irrilevanti, anche i loro colleghi medici deceduti a causa del Covid dovrebbero essere considerati tali, proprio come vuole lo Stato che nega la ristorabilità delle loro morti. Si ben comprende – anche per chi è totalmente digiuno di ogni pur vaga sensibilità giuridica (come spesso i medici sono ahinoi!) – che la logica contabile non può essere ritenuta criterio affidabile, poiché si risolve presto o tardi per legittimare pratiche decisamente e chiaramente anti-umane, volte cioè a ledere la dignità della persona, sia quando questa è viva, ma talvolta perfino quando questa è morta. In questa prospettiva, allora, come non sono irrilevanti i 370 medici deceduti per Covid, non sono neanche irrilevanti i 600 comuni cittadini deceduti a causa del vaccino: il medico che non è in grado di comprendere questo non soltanto non merita il ristoro in caso di morte, ma neanche lo stipendio da vivo. Per fortuna, oltre i medici, si occupano e si preoccupano dell’umano anche i giuristi!

 


di Aldo Rocco Vitale