Boicottare il Green pass per ripristinare lo Stato di diritto

sabato 5 febbraio 2022


“Mi costa meno, in tutti i sensi, incorrere nella pena prevista per la disobbedienza allo Stato, di quanto mi costerebbe obbedire. Se lo facessi sentirei di perdere valore come essere umano”: così scriveva nel suo celebre saggio Henry David Thoreau condensando il principio di resistenza all’ingiustizia spesso compiuta per opera della legge e dello Stato dinnanzi alla quale, un essere umano rettamente formato, cioè con la coscienza salda ben fondata sul principio di verità, non può rimanere indifferente.

L’introduzione del Green pass base prima, di quello rafforzato dopo e, infine, di quello illimitato di recente non può che sollevare i moti della coscienza di chi è ben consapevole che i diritti fondamentali come lavoro, circolazione, associazione, riunione, culto non sono gentili concessioni dello Stato, in quanto diritti naturali che allo Stato pre-esistono. Il Green pass, del resto, non ha prevenuto i contagi come aveva dichiarato il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel luglio 2021, non ha garantito il Natale, né tanto meno ha assicurato la ripresa delle attività economiche, come si evince, non soltanto dai ristoranti ancora vuoti, ma anche dalla diretta denuncia di Confesercenti.

La strutturazione dello Stato d’emergenza pandemico in ciò che ormai non è più emergenza proprio perché strutturato, dovrebbe dimostrare – perfino agli occhi dei più ciechi, cioè i più entusiasti sostenitori dell’emergenzialismo pandemico – che le cose sono andate ben oltre ciò che si era ipotizzato all’inizio. Se i trivax e i guariti sono tali e sicuri, i loro diritti non possono continuare a essere subordinati al Green pass che, dunque, non può essere esteso a tempo indeterminato. Il Green pass, quindi, non può essere illimitato, ma deve essere abolito, proprio per ripristinare quello spazio giuridico ordinario che a esso era preesistente, cioè quell’ambito in cui, per l’appunto, il godimento e l’esercizio dei diritti fondamentali non era concesso dall’ordinamento, ma da quest’ultimo riconosciuto e garantito senza oneri ulteriori – rispetto a quelli fisiologici relativi ai singoli diritti – a carico del libero cittadino. Non cogliere la gravità di un simile cortocircuito è indice di quanto la pandemia abbia svolto un ruolo sostanzialmente biopolitico a tal punto penetrante da modificare il giudizio critico perfino su nozioni giuridiche elementari come quelle suddette.

In un tale contesto, dunque, cosa fare? Una delle vie percorribili è il boicottaggio del Green pass, sia da parte degli esercenti sia da parte dei singoli cittadini che ne sono titolari. Rifiutarsi di chiedere o mostrare il Green pass pur detenendolo ed essere disposti a pagare la eventuale relativa sanzione – che in fin dei conti è poca cosa rispetto ai beni in questione – è la via più diretta, più sicura e più giuridica per far sì che la logica del Green pass non si istituzionalizzi – come sta già avvenendo – e che lo Stato di diritto venga finalmente ripristinato. Non si tratta, ovviamente, né di una questione politica né ideologica, come potrebbero ritenere gli ingenui o coloro che sono in malafede perché nel segreto della loro anima nera militano per la soppressione della effettività del diritto, ma si tratta di una questione puramente giuridica da comprendere nei termini seguenti.

Lo Stato ha pesantemente ridotto gli spazi di libertà e i diritti fondamentali a causa della pandemia; lo Stato ha inserito uno strumento che riconosce l’ampiezza delle libertà e dei diritti in base ai meriti sanitari acquisiti (vaccinazione parziale, totale, guarigione) durante l’emergenza pandemica; lo Stato non intende più tornare allo status quo ante, lasciando perdurare questo strumento sostanzialmente anti-giuridico. Contro tale dinamica la disobbedienza del singolo cittadino alla legge ingiusta, seppur formalmente corretta (l’atavica e feroce ingenuità del positivismo giuridico!), costituisce l’unica via per riappropriarsi di quei diritti e di quelle libertà fondamentali di cui è stato privato e, aspetto ancor più importante, per ripristinare la corretta visione del diritto che non è soltanto la volontà dello Stato, che non è la pura correttezza formale della norma che lo esprime, che non è il mero utile della società, che non è la necessità legalizzata.

Una erronea visione del diritto, della sua natura, della sua funzione, della sua logica, dei suoi limiti non può che causare una erronea visione dello Stato e anche dei profili giuridici della gestione di una pandemia. Se la subordinazione dei diritti fondamentali a un certificato è stato qualcosa di inedito e aberrante nella storia del diritto, la sua istituzionalizzazione, tramite la non abolizione del Green pass illimitato per di più passivamente accettato da parte dei singoli cittadini, non può che essere un qualcosa di gran lunga più mostruoso poiché rivelerebbe l’inconsistenza delle coscienze giuridiche e significherebbe che qualunque provvedimento formalmente corretto, ma sostanzialmente anti-giuridico e anti-umano potrebbe essere approvato con la sicurezza che venisse da tutti tacitamente accettato: è la prova della decadenza della civiltà giuridica dinnanzi alla quale ci troviamo.

Dinnanzi all’ingiustizia e all’antigiuridicità di certe norme, come per esempio quella che rende illimitato il Green pass, soltanto la disobbedienza civile organizzata e l’amicizia tra i cittadini possono rappresentare uno strumento di rivendicazione dello Stato di diritto come Stato che non crea o concede i diritti, ma come Stato che riconosce i diritti naturali dei singoli e della comunità.

Il Green pass illimitato è espressione della deriva totalitaria che le istituzioni hanno intrapreso in epoca pandemica con la complicità di tanti semi-addormentati (molti perfino giuristi) che non si sono resi conto di una simile tragedia; la disobbedienza al Green pass è, dunque, la reazione giuridica più giusta, equilibrata e opportuna per rispondere a tale deriva anti-giuridica che si intende normalizzare. Obbedire al Green pass soltanto per timore della sanzione pecuniaria significherebbe anteporre l’interesse e l’utile economico alla rivendicazione dei propri diritti fondamentali che il Green pass illimitato lede e sottrae; disobbedire al Green pass – non chiedendolo e non esibendolo pur essendone titolati – significa, invece, pretendere di riportare l’ordine del diritto nella sua propria dimensione in cui esso non traduce l’arbitrarietà e l’onnipotenza dello Stato, ma esprime la sua specifica dimensione onto-assiologica costruita sull’orizzonte di senso della persona e dei suoi ineliminabili e inalienabili diritti naturali. Se il pagamento della relativa sanzione pecuniaria è il piccolo prezzo da versare per rivendicare la tutela di valori ben più consistenti si paghi tale fio con distaccata disinvoltura, ma con la consapevolezza per cui si sta lottando per un bene più grande, cioè l’integrità del diritto.

In conclusione: disobbedire al Green pass illimitato significa, in sostanza, obbedire al diritto immutabile; disobbedire al Green pass illimitato significa, in concreto, obbedire alla giustizia; disobbedire al Green pass illimitato significa, in definitiva, obbedire alla coscienza del valore umano del diritto.


di Aldo Rocco Vitale