Quarta conferenza internazionale sulla Safe Schools Declaration

martedì 26 ottobre 2021


Ha preso il via ieri la Quarta conferenza internazionale sulla Safe Schools Declaration, ospitata fino al 27 ottobre dalla Nigeria (Abuja) insieme ad Argentina, Norvegia, Spagna, Commissione dell’Unione Africana e Global Coalition to Protect Education from Attack (Gcpea).

“Sono felice di presentare questa iniziativa; la musica è davvero uno strumento potente per trasmettere messaggi fondamentali in un linguaggio universale; essa rappresenta anche un veicolo per contrastare la violazione e gli abusi dei diritti umani, così come per promuovere la giustizia e la pace”.

Lo ha dichiarato la viceministra degli Esteri Marina Sereni, in occasione del concerto organizzato da Universities Network for Children in Armed Conflict (Unetchac) e Cpm Music Institute di Milano, partner del Network. Per Sereni, “le università e i centri di ricerca possono essere essenziali per portare avanti azioni positive e concrete volte a proteggere i bambini che vivono in situazioni di conflitto armato”.

Il concerto, introdotto da Tarek Chazli, incaricato d’Affari presso l’Ambasciata d’Italia in Nigeria, ha celebrato il sesto anniversario dell’adozione della Safe Schools Declaration, il solo impegno politico intergovernativo approvato da 112 Paesi per proteggere studenti, insegnanti e scuole in situazioni di conflitto.

I protagonisti del concerto sono i giovani, coloro a cui affidare un ruolo chiave nella cooperazione e nel peace building. In collegamento dal palco del Teatro del Cpm di Milano si sono esibiti musicisti, docenti, allievi e diplomati dell’Istituto, aprendo ufficialmente la conferenza, nello specifico l’esibizione di Sergio Iovino, Paola “Dalai” Micieli, Franco Mussida. Come ha dichiarato Laura Guercio, membro del Comitato di coordinamento di Unetchac: “Continua l’impegno del Network per agire come un moltiplicatore di forze con 47 partner internazionali tra università e istituti di ricerca che lavorano insieme per proteggere i bambini in conflitto armato, per garantire loro il diritto di vivere”.


di Redazione