Stanno uccidendo il mare, non solo alle Isole Eolie

mercoledì 20 ottobre 2021


Alcune Ong possono essere ideologiche, altre possono sembrare troppo intente alla raccolta di fondi. Non è il caso di Sea Shepherd, che si occupa di azioni concrete dirette per il mare, che assorbe il 40 per cento della Co2 mondiale. In particolare, Sea Shepherd Italia si occupa del Mediterraneo, che ha nutrito parte delle civiltà mondiali da migliaia di anni, ma che ora vede collassare il 60 per cento del suo patrimonio ittico. Scusate se è poco.

Alessandro Bocconcelli, mio vecchio amico che si è trasferito da giovane negli Usa, è un esperto di cetacei per il Mit di Boston e ha prestato un mese del suo tempo come volontario nella missione Siso di Sea Shepherd nelle Isole Eolie. Ci diamo appuntamento nella “Baracca dei pescatori” di Sestri Levante, dove fa vedere a me e ai vecchi lupi di mare cosa succede nelle acque della Sicilia: “Negli ultimi 10 anni hanno buttato e abbandonato migliaia di chilometri di filo di nylon, oltre alle boe e ai bidoni pieni di cemento utilizzati per l’ancoraggio. Usano i Fad (Fishing aggregation device) chiamati in siciliano “cannizzi”, strutture ombreggianti che attirano e aggregano il pesce sotto di esse. Sono formate da canne o foglie di palma, un metodo antico e diffuso in ogni mare che serve soprattutto per la pesca delle lampughe.  Per tenere a galla ombreggiante e i 30 metri di rete sottostante si utilizzano taniche o boe di plastica. Il tutto è ancorato al fondo fino a 2000 metri di profondità con bidoni riempiti di cemento. Oltre ai Fad, illegali e abbandonati in mare, ci sono le spadare e le ferretare, reti con maglia molto ampia, proibite a partire dal 2000, che possono essere lunghe oltre 6 chilometri. e sono disposte in verticale per circa 50 metri. Una spadara è come un muro che intercetta tutto ciò che passa, al di là dei pesci spada e dei tonni. Restano intrappolate anche specie protette come balene, delfini, tartarughe, ma il danno riguarda tutto il pesce che incappa nel “muro” e resta tutto lì a marcire, dato che i pescatori di frodo piazzano le reti di nascosto e sempre di nascosto vanno a prendere tonni e pesci spada. Nel corso delle campagne in mare del 2019 e del 2021, abbiamo visto reti che circondano l’arcipelago da Ustica (salva perché è Area Marina Protetta) fino al vulcano sottomarino Marsili. Inoltre, oltre alla lunga distesa di reti tra Ustica e le Eolie, sembra che i bracconieri stiano formando una diga di reti illegali che intercetta pesce tra Trapani e la Sardegna” (vedi immagine sotto, ndr).

È ovvio che così si arriva alla desertificazione completa del patrimonio ittico, il che è un suicidio anche per gli stessi pescatori. Purtroppo, in queste aree la Guardia Costiera da sola non riesce a controllare le centinaia di pescatori illegali che partecipano al banchetto come se fossero delle cavallette. Sea Shepherd, quindi, lavora anche in supporto della nostra Marina. Si noti che le reti abbandonate (la plastica costa poco e niente) sono per giunta pericolose per la navigazione e restano a galla per anni, continuando a uccidere pesci, tartarughe e mammiferi marini, che in parte restano lì, senza nemmeno essere utilizzati come cibo e che sempre più hanno la pancia piena di plastica. Ci sono tra le 2000 e le 5000 strutture Fad (Fishing aggregation devices) nell’area attorno alle Eolie. In Italia circa 10.000 reti Fad vengono ancorate sul fondo ogni anno, massacrando la fauna e distruggendo i fondali e i coralli con gli ancoraggi e la plastica che affonda. Ogni Fad ha 2 chilometri di filo di polipropilene da 3,5 millimetri. I bidoni usati per l’ancoraggio pesano circa 100 chili di cemento e metallo ciascuno.

Dopo uno stop nel 2020 dovuto al Covid, l’operazione di controllo nel mare di Sicilia è proseguita nel 2021 utilizzando il supporto dell’ingegnere marino Alessandro Bocconcelli, esperto di grandi cetacei, un ligure che risiede a Cape Cod che si è costruito una vita alla Joseph Conrad, iniziata pescando acciughe in Liguria da ragazzo. Anch’io ai tempi del liceo rimediavo denaro andando di notte alla lampara, ma la sua era una passione totale per il mare, tant’è che – quando da ragazzo usciva dall’Istituto Nautico di Camogli – andava direttamente a pescare in barca oppure a farsi spiegare i segreti del mestiere dai vecchi e rugosi cacciatori di pesce di Sestri Levante. A poco più di 20 anni era comandante di navi da crociera tra Stati Uniti e i Caraibi, ma dopo i 35 anni è tornato alla vecchia passione della pesca, comprando un peschereccio con due soci, vecchi amici liguri. Pescavano tra Boston e l’isola di Terranova.

Quando Bocconcelli ha capito che la pesca non ha futuro e danneggia i mari, si è laureato come ingegnere marino nel prestigioso Massachusetts Institute of Technology in appena tre anni e ha cominciato a lavorare per la fondazione Whoi, creata dal Mit, occupandosi di demografia e spostamenti dei grandi cetacei nei mari di tutto il mondo. Bocconcelli, volontario a bordo della nave Sea Shepherd a settembre di quest’anno, si è anche occupato di plastiche in mare, per esempio mappandone quantità e diffusione nel Mare Cinese per conto del governo di Pechino, con la Fondazione Cima di Savona.

Secondo alcuni dati, nel Mediterraneo il 40 per cento del pescato sarebbe illegale. Sea Shepherd ha obiettivi utili agli stessi pescatori onesti di Lipari e Salina, i quali hanno capito che la battaglia di Sea Shepherd ripopolerebbe il loro mare. Anche l’Aeolian Islands Preservation Fund collabora con la missione Siso. Nell’area tutelata saranno individuate aree specifiche su cui ancorare i “cannizzi” legali (al massimo 20 reti in tutto). Nel frattempo, è stata normata anche la cattura delle pregiate lampughe, stabilendo le date utili alla cattura.

Nel luglio 2021 sono stati riportati a galla dal fondo quintali di reti, palamiti, plastica. Distrutte anche molte reti Fad ancora attive. Le reti vengono salpate di nascosto e di notte da pescatori spesso improvvisati, che arrivano da ogni parte della costa siciliana occidentale e spariscono, per tornare poi a recuperare il pesce rimasto impigliato. Se arriva un branco di delfini, può rimanere intrappolato ogni esemplare. La mega-fauna marina nelle Eolie è ridotta ai minimi termini: pesci luna, tonni, pesce spada. È stato avvistato solo un branco di tartarughe (caretta-caretta) a luglio, una era intrappolata in un sacco di plastica ed è stata liberata. Per tracciare le balene rimaste nelle impigliate nelle reti, Bocconcelli utilizza un dispositivo acustico-digitale (Dtag). Sono molte le balene che si sono liberate a stento, ma restando senza possibilità di movimento  (vedi immagini della balena Fury, soccorsa invano).

Le deliranti cassette di polistirolo

Chiedo ad Alessandro Bocconcelli se è possibile che in Italia si buttino ogni anno milioni di cassette di polistirolo, utilizzate per il pesce catturato dagli oltre 12.000 pescherecci censiti. Per me quello delle cassette di polistirolo è un colossale caso di idiozia collettiva: è il materiale plastico più fragile e frantumabile, ed è così leggero che vola in mare a ogni starnuto del vento, ne vedo ovunque tra la sabbia e gli scogli. In Francia per le cassette di pesce si usa la plastica dura, che non vola in mare e può essere riutilizzata per un anno, con un bel risparmio tra l’altro. Invece quelle di polistirolo si usano al massimo per due giorni, però in Italia è obbligatorio perché “la Unione europea non vuole che si riutilizzino cassette”. E la Francia allora perché usa la plastica dura riutilizzandola? E i neuroni che persino i burocrati nostrani forse hanno, funzionano ancora?

Bocconcelli mi ricorda che un tempo si utilizzavano le cassette di legno di pino, materiale comunque resistente, pesante quanto basta e più ecologico: “Nelle Eolie ogni giorno facevamo circa 100 miglia di navigazione, e ovunque vedevamo cassette di polistirolo… che si sbriciola da sola o perché i gabbiani le spezzano col becco”. Ricordiamo entrambi che “Campanun”, che col suo peschereccio da lampara si faceva guidare dai delfini verso i branchi di acciughe, diceva che l’italiano è come una cavalletta: “Finché c’è pesce fa razzia, e quando ha fatto il deserto, passa in un’altra zona a fare la stessa cosa”. Solo che ora hanno raschiato il fondo del mare dappertutto, come nella canzone di Lucio Dalla. E oggi, oltre a mangiare male ci tocca sentire, invece delle parole di Dalla, quelle di Fedez, o peggio.

La varechina che va in mare

Poi parliamo di cose importanti, più del bla bla dei giornalisti, dei politici, dei religiosi e dei troppi mangia-maccheroni a tradimento (Greta qualche ragione ce l’ha). Per esempio la varechina. Nella mia piccola città di mare, Sestri Levante (16.000 residenti che raddoppiano d’estate, il che fa circa 6400 appartamenti abitati oltre a quelli disabitati, perché comprati da milanesi investitori, che sono circa il doppio… ma da quando siamo rincoglioniti così tanto?). Nei 6400 water e nei 6400 lavandini – dicevo – ogni 15 giorni vengono versati 6400 litri di varechina (ho fatto un’inchiesta tra parenti e amici), che fanno 76.800 litri che ogni anno finiscono in mare. Oltre alla varechina poi ci sono gli smacchiatutto, la polvere di uranio diamantato e cento altri prodotti “indispensabili” per la casa.

Il fatto è che anche una ameba sa che se butti 80mila litri di varechina nel mare davanti a casa tua, i primi soggetti a patire tutto ciò saranno i molluschi come le cozze e le patelle, oppure i ricci. Ma patiscono anche i pesci legati alla catena alimentare (le orate e branzini, per esempio, mangiano patelle e cozze). Azzardo che persino i capelli bianchi precoci siano dovuti ai nostri bagni in mare. Ebbene, nelle spiagge davanti a casa mia non ci sono quasi più cozze, ricci e patelle. E sarà un caso che la flotta peschereccia siciliana – un tempo più grande della flotta militare degli Stati Uniti – sia in calo da anni e anni? Sapete cosa ha risposto Alessandro Bocconcelli? “In Italia si fanno controlli solo sulla cacca, e non tutti i giorni”. Il turismo impera: prima gli intestini per la balneazione, e dopo i destini delle nazioni.

Aree Marine Protette, itticoltura biologica, coltivare alghe

Da anni chiedo ad Alessandro Bocconcelli se sia possibile ridurre pesantemente la pesca in mare, utilizzando invece l’itticoltura. Sulle prime mi ha detto che l’itticoltura è oltremodo inquinante. Vero, ma allora si può fare in maniera biologica?

“Macché! – mi ha risposto – puoi togliere dalla dieta gli antibiotici e il cibo poco sano, ma non puoi mettere un tappo al c..o di ogni orata! E ogni allevamento, essendo intensivo, diventa una fogna in mare aperto”.

“E allora?”, gli ho chiesto.

“Le Aree marine protette funzionano bene – dice – perché nelle zone a protezione totale il pesce si riproduce così tanto e bene che poi emigra e va a ripopolare anche le aree esterne. I pescatori lo hanno capito”. Gli dico che ho perso tempo per due anni cercando di mettere in zucca ai sindaci del Tigullio che era bene estendere l’area protetta di Portofino fino alla penisola di Sestri Levante, dall’altra parte del Tigullio. Alla fine, eravamo riusciti a metterli tutti insieme, via Zoom, per cercare di avere un consenso di massima.

Ho illustrato i grandi vantaggi aggiuntivi per il turismo, per la qualità della vita. Ho parlato di creare Sentieri blu da una città all’altra, da percorrere in kayak; di creare acquari marini “vivi” e veri (mica come lo zoo marino di Genova). Quando ho finito la mia introduzione, il primo intervento, di un’Amministrazione di sinistra, ha toccato il punto che non andava toccato, se davvero si teneva a cuore – come dicevano in quell’Amministrazione – l’estensione dell’area marina. Hanno detto che sarebbe stato bene legare il mare all’estensione del Parco terrestre, su cui però c’è da anni un duro anatema da parte dei Comuni di Portofino, Santa Margherita ligure e Rapallo (non del tutto insensato, per certi versi). A quel punto le Amministrazioni di destra hanno cominciato a dire che sì, il progetto era bello, ma servivano approfondimenti. E gli approfondimenti sono diventati profondi come la Fossa delle Marianne… Fine del progetto. A quel punto abbiamo concluso che però si possono coltivare alghe commestibili in simbiosi coi molluschi, in alternativa al pesce.

“In ogni caso la prateria di Posidonia va protetta e ampliata, perché è un ottimo antagonista rispetto alle mareggiate, oltre a contribuire a ossigenare il pianeta e a ripopolare i mari” ha terminato Bocconcelli.

La finisco qui, perché se no dovrei dirvi che sono un abominio i ripascimenti delle spiagge fatti con la ghiaia delle strade, cui poi si aggiunge uno stratino di sabbia di solito proveniente da Marte e di colore viola, che finisce in mare alla prima onda superiore ai 50 centimetri (parlo delle mie zone). E dovrei dirvi che ogni volta che un Comune manda una ruspa sulla spiaggia subito dopo una mareggiata, si commette un crimine contro l’ambiente, in quanto le alghe spiaggiate servono a salvare la qualità della sabbia. Si vieti l’uso della plastica, piuttosto, perché ormai il 50 per cento di ciò che arriva dal mare è plastica. Se i cretini potranno svegliarsi, un giorno, il pianeta non avrà più bisogno di eserciti di pazzi che salvano “Madre Natura” premendo un ditino sullo smartphone in un atroce pomeriggio di agosto sulla spiaggia rovente, al costo di 50 euro per sdraietta e ombrellone.

Così stanno bruciando il mare

Così stanno uccidendo il mare

Così stanno umiliando il mare

Così stanno piegando il mare.

(Lucio Dalla, Come è profondo il mare).

 

 


di Paolo Della Sala