L’università pubblica non esiste più

venerdì 8 ottobre 2021


Senza che abbia fatto troppo scalpore, come se fosse una cosa inevitabile in tempo di pandemia, nell’ultimo anno e mezzo bisogna decretare la fine dell’università pubblica per come la conoscevamo. L’università pubblica sta infatti assumendo sempre più le sembianze di un’università privata. Per frequentare le lezioni infatti bisogna necessariamente essere iscritti all’università in questione, non è più possibile come accadeva in passato seguire le lezioni come forma di accrescimento di cultura personale, o per semplice curiosità. Questo comportamento dell’università pubblica dovrebbe essere vietato, per permettere alle persone di seguire le lezioni che vogliono, quando vogliono, e anche se non sono iscritte all’università. Un diritto importante è stato eliminato, senza molti fronzoli, e non abbiamo il coraggio di alzare la manina e chiedere che l’università sia davvero pubblica. Tra l’altro in molti pagano una quota di retta non indifferente, e per loro l’iscrizione all’università pubblica diventa quasi controproducente. Che senso ha credere nella forma di istruzione pubblica, offerta dallo stato, quando i suoi principi cardine sono magicamente saltati e l’università pubblica assume sempre di più le vesti di una privata? Più di qualcosa non torna, ed è un vero peccato che si sia arrivati a questo punto. Ad escludere tutti coloro che non sono iscritti dalle aule universitarie.

Senza contare l’esclusione di chi per scelta ha deciso di non farsi iniettare in corpo un vaccino di cui non è convinto. In merito a questo tema c’è da dire che la questione è un po’ fumosa nelle università italiane. In pratica, secondo la legge il Green pass viene chiesto a campione, ed è così che infatti avviene il controllo. Quello che ne viene fuori è un non controllo, un po’ come il controllo che dovrebbe avvenire sugli autobus per i biglietti. Quindi chi non ha il Green pass potrebbe anche scamparla e riuscire a frequentare le lezioni senza essere beccato, ma deve vivere costantemente con la paura della gogna pubblica qualora entri un controllore in aula o il professore decida che invece di fare lezione è arrivato il momento di esibire il pass verde. Ed è anche giusto d’altronde che chi non rispetta le regole viva con un pochino di ansia in più rispetto agli altri. Ma non è questo il punto della questione. Il punto è la discriminazione all’interno delle università. Oggi c’è per chi non ha il Green pass e per chi non è iscritto, domani potrebbe esserci per chi ha più di quarant’anni, dopodomani potrebbe esserci per chi viene da una famiglia con un patrimonio non elevato. E così via. Non è tanto quello che sta accadendo adesso nell’università pubblica. Il fatto è che ora c’è un nuovo modo di fare che rischia di passare inosservato ma sta incidendo molto sulle nostre vite. Il tema della discriminazione deve essere al centro del dibattito. Può essere considerato normale ai più discriminare chi non ha il green pass. Ma un domani potrebbero esserci altre discriminazioni, chissà per quale motivo.


di Luca Crisci