mercoledì 22 settembre 2021
La scorsa settimana parte del dibattito “politicamente corretto” si è incentrato su una frase pronunciata dalla giornalista Barbara Palombelli nel corso di una trasmissione televisiva. Citiamo testualmente: “Parliamo della rabbia tra marito e moglie. Come sapete negli ultimi sette giorni ci sono stati sette delitti, sette donne uccise presumibilmente da sette uomini. A volte è lecito anche domandarsi: però questi uomini erano completamente fuori di testa, completamente obnubilati oppure c’è stato anche un comportamento esasperante e aggressivo anche dall’altra parte? È una domanda, dobbiamo porcela per forza, siamo in un tribunale e dobbiamo esaminare tutte le ipotesi”. In realtà, la Palombelli si è posta un legittimo interrogativo sulle possibili cause che scatenano reazioni deprecabilmente violente, eccessive e talvolta mortali. Insomma, comportamenti esecrabili e che perciò fanno schifo a prescindere.
Ma l’affermazione della giornalista ha suscitato una serie di reazioni tanto che la stessa è stata costretta a far sapere che “è stata estrapolata una frase ed è stata utilizzata per una valanga di attacchi che mi ha attraversato da tutte le parti. Sono stata accusata di assolvere gli uomini che usano violenza sulle donne, questo tradisce tutta la mia vita ed è quanto di più falso possa esistere. Non esiste nessuna rabbia o comportamento che possa giustificare il femminicidio o la violenza sulle donne. Questo per me è chiarissimo”. Pensare alle possibili cause non vuol dire legittimare i conseguenti ributtanti comportamenti. D’altronde la Treccani on line ci dice che la causa è un “fatto o avvenimento che provoca un determinato effetto, che è origine o occasione di un altro fatto” che, aggiungiamo noi, a sua volta non può essere giustificato a prescindere. Anzi, se lo stesso si trasforma in violenza spesso omicida, non legittima alcun tipo di reazione violenta alla causa di cui sopra. Insomma, per farla breve, invitare a capire le cause non vuol dire giustificarne le conseguenze. E questo vale anche per chi si è fatto avvolgere (più o meno inconsapevolmente) da una pericolosa alea di quel “politicamente corretto” di cui sopra.
di Gianluca Perricone