giovedì 29 luglio 2021
Oltre che le Olimpiadi “artificiali” Sars-CoV-2 queste sono anche le Olimpiadi di Federica Pellegrini. E non solo perché la più nota atleta italiana ci stia regalando record e medaglie, ma perché dalla vasca del Tokyo Aquatics Centre “la regina” ha dato l’addio al nuoto. Dopo venti anni di bracciate e successi. “È stato un viaggio incredibile, bellissimo e difficile, sono fiera di me, di come sono cresciuta e della donna che sono diventata. Ho preso a pugni il mondo, anche me stessa a volte, per tanto tempo, per tanti anni, lottando sempre fino all’ultimo centimetro disponibile!”.
Così ha parlato a caldo “la senior azzurra” davanti alle telecamere, puntando l’occhio al tabellone e incassando il settimo posto nella sua prova madre: i 200 stile libero, che le valsero l’argento nel 2004 e il primo posto e il record del mondo a Pechino 2008. A queste parole si è sciolta in lacrime. Non voleva, lo ha pure detto, “uffa, non voglio piangere”, sapendo bene che il vero atleta ha dominio di sé e self control quasi totale. Ma essendo finita la lunga gara, davanti a tutti, in una cerimonia corale, con sollievo misto a commozione, si è tolta costume, cuffie e occhialetti per tornare a essere “semplicemente Fede”. Cioè la donna e la campionessa del mito. Mito che rimarrà sempre e che non l’ha abbandonata nel momento più infelice: l’addio e la finale. Rivelando che anche nell’altra faccia della medaglia questa atleta è particolare, avendo scritto la pagina più grande del nuoto di tutti i tempi: l’unica ad aver disputato 5 finali nella stessa specialità, raggiungendo così l’altro “mito olimpionico di sempre”, Novella Calligaris, che infatti era lì a raccontarla e colmarla di “bravissima” dai microfoni delle reti Rai.
Non so se questa possa chiamarsi “resilienza”, ma per chi scrive – e che nel suo piccolo ha fatto parte della grande famiglia del nuoto tricolore – è “il carattere” e “quello che insegna lo sport”, come si diceva ai miei tempi. In questo l’Italia delle Federazioni vanta una storia gloriosa, anzi epocale coi tanti podi nelle varie discipline. Nonostante i tecnicismi oggi allo spasimo e gli avversari divenuti “meccanici” (per il nuoto ieri erano americani e tedeschi, oggi cinesi, giapponesi e paesi emergenti) il nostro Paese resta la culla del talento, l’alloro transitato imperituro dagli albori ad oggi.
“Se non ci fosse stato Matteo avrei smesso due anni fa”, ha ammesso a sorpresa alla soglia dei suoi prossimi 33 anni. È vero, ci credo. Perché oltre ad aver intrapreso una vita da star, indossando al contempo la “guaina da squalo” ma anche tacchi a spillo e abito lungo come quello di Sanremo 2021, nonostante abbia continuato a fare sia gare e sia pubblicità, a onorare sia scadenze sportive e sia appuntamenti televisivi, la Pellegrini ha avuto anche il Covid. Lo abbiamo dimenticato? E da casa ha raccontato i giorni del virus, documentando quanto fosse dura perfino per una robusta come lei: “Speriamo di farcela, ancora ho la febbre e non sento i sapori”, spiegava ai suoi fans che l’adorano. Dentro un campione c’è anche questo, soprattutto questo, scavalcare l’altro da noi, quello che cade, che soffre, che piange, che vorrebbe gettare la spugna, sapersi rialzare e alla fine, sia quel che sia, un sorriso, una stretta di mano e ripartire.
Una qualità inedita di Federica Pellegrini è una sorprendente sincerità. Ho letto che ha avuto fasi toste, attacchi di bulimia, crisi di panico e l’ho sentita dire che “senza qualcuno che creda in te” non nasce una stella. Ci vuole l’amore e l’amore, guarda caso, è stato proprio il cugino di Filippo Magnini, il suo ex, con cui “la divina” è salita anche alle cronache rosa portando il gossip nello sport più ingessato. E Matteo Giunta da allora, da quel 2014, è diventato il suo allenatore e colui che l’ha riportata in piscina. “Matteo è un grandissimo allenatore e un compagno di vita speciale e spero che lo sarà anche in futuro”, ha confessato rivelando “il segreto di Pulcinella”, come l’ha definito. “La priorità era tenere l’immagine dell’allenatore e dell’atleta separati e siamo stati molto bravi in questo. È stata una persona fondamentale, una delle più importanti in questo percorso sia umano, sia sportivo”. Pudore, discrezione, merito, separazione dei ruoli, tutte cose che lo sport insegna sull’onda del motto più noto “importante è partecipare”.
Ma chi è Matteo Giunta? Mica solo “il cugino di”. Matteo Giunta è il trentanovenne con gli occhi azzurri, fisico da bello, che viene dalla scuola del più grande allenatore del mondo di nuoto, Philippe Lucas. Avete capito questa furbastra con chi stava? Cosa farà ora? “Ho tanti progetti”, ha detto citando un libro, un docu-film, confermando la sua partecipazione a Italia’s got Talent e anticipando che sta meditando con quale ruolo restare nello sport. “Lascio una squadra forte e bellissima”, ha affermato. Con “un brutto anatroccolo”, diciamolo, perché merita anche lei una citazione. Mi riferisco alla promessa del nuoto tricolore, Benedetta Pilato, solo sedici anni e già una storia da raccontare. C’era anche lei nella piscina di Tokyo: piccola e sola, unica senza il suo allenatore, caricata di responsabilità, già detentrice di un record del mondo nei 50 rana, destinata secondo la stampa specializzata a raccogliere gli allori delle grandi. Le avrei gridato: ma quando te lo daranno mai un posto sul podio! E’ stata raggiunta da una squalifica assurda. Un colpo di piedi in virata, secondo i giudici. “Ma se sono anni che viro così, ci ho fatto pure il record!”, si è difesa. Comunque non sarebbe stata in finale, hanno commentato. “Una gara bruttissima, non capisco come mai”, ha reagito lei. Giovanissima vero, però invece di stare lì a fare esperienza è stata imbarcata sul primo volo e riportata a casa. Dall’aereo ha lanciato una sfida: “Quelli che tanto volevano per me il buio…ecco…dico che ce la farò”. Un noto allenatore ha commentato: “Questo non si può fare, far male a un’atleta”. Altri ex sportivi hanno aggiunto: “Dovevano darle il suo allenatore tra i tanti che sono stati portati”. Ma questa è Tokyo 2020, le Olimpiadi delle regole, dell’obbedire, del Giappone e del suo tempo dell’armonia e della fortuna.
di Donatella Papi