La Corte suprema Usa contro la limitazione Lgbtq delle associazioni religiose

venerdì 9 luglio 2021


I diritti delle comunità e delle persone Lgbtq non possono comportare una deminutio nella tutela dei diritti delle comunità religiose: lo sancisce una recente pronuncia della Corte Suprema Usa, a proposito di affidi di minori a coppie same sex.

1) La Corte Suprema degli Usa, decidendo nel caso Fulton v. Philadelphia, ha riconosciuto, con una sentenza sottoscritta dal presidente John Glover Roberts Junior, il diritto di un’agenzia cattolica di Philadelphia, che si occupa di affidi di minori a non garantire i propri servizi in favore delle coppie omosessuali. Pubblicata il 17 giugno 2021, la sentenza segna un punto a favore del diritto alla libertà religiosa, non solo individuale, ma anche associativa: quello che, come ha sottolineato la Nota verbale della Santa Sede al Governo italiano, sarebbe messo fortemente a rischio se diventasse legge il Ddl Zan. Roberts ha spiegato che “l’agenzia cerca un accomodamento che le consentirebbe di continuare a lavorare con i bambini di Philadelphia in un modo coerente con il suo credo religioso; non cerca di imporre la sua fede ad altri”.

2) Il caso riguarda quello di uno storico ente benefico della città di Philadelphia, la Catholic Social Services, la cui storia inizia nel 1798, che tra i diversi servizi erogati supporta le famiglie disponibili all’adozione e all’affido, collaborando con il municipio e ricevendo rimborsi per le spese sostenute. Nel 2018 la città di Philadelphia ha escluso la Catholic Social Services dalla possibilità di erogare il servizio perché non lo garantiva alle coppie omosessuali. L’ente si è difeso, sostenendo che mai una coppia omosessuale si era rivolta a loro per essere accompagnata nell’adozione di un figlio, e che comunque se fosse successo l’avrebbero indirizzata verso altri enti. Per i giudici della Corte suprema, all’unanimità (9-0), i diritti dell’agenzia cattolica sono stati violati e il diritto di libertà religiosa non è stato tutelato.

Negli Usa, come in molte altre Nazioni, vi è una tendenza in aumento di movimenti Lgbtq che mirano a delegittimare le posizioni religiose su sessualità, matrimonio e diritti umani: una tendenza che rischia di violare la clausola relativa al divieto di prove di carattere religioso stabilito dall’articolo VI e dal primo emendamento della Costituzione americana, entrambi volti a proteggere le idee e i soggetti religiosi nella vita pubblica, sulla convinzione che il coinvolgimento della religione nella pubblica piazza è necessario per la democrazia americana. L’aggressività culturale delle comunità Lgbtq minaccia la libertà non soltanto dei cristiani, bensì pure dei musulmani, degli ebrei e degli aderenti ad altre fedi religiose, sempre più sfavoriti quando si confrontano su leggi e politiche pubbliche con i loro pari più liberali e/o laici.

3) Il primo emendamento della Costituzione Usa garantisce la libertà religiosa quando afferma che “il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione”. Il quattordicesimo emendamento tutela l’uguale protezione della legge e il diritto ad un giusto processo a “tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti e soggette alla giurisdizione”, sia credenti che non credenti. L’articolo 6 della Costituzione impone che “nessuna prova di fede religiosa potrà essere richiesta come requisito per ricoprire qualsiasi incarico pubblico alle dipendenze degli Stati Uniti”. Le Costituzioni dei 50 Stati vantano, ovviamente, simili strutture normative che riflettono la Carta fondamentale degli Usa.

Negli ultimi anni, peraltro, negli Usa si è registrato un incremento di violenze e di casi di discriminazione nei confronti delle minoranze. Il più recente Rapporto relativo alle statistiche sui crimini di odio del Federal bureau of investigation (Fbi) mostra che 1538 “crimini di odio motivati da violenza religiosa” sono stati segnalati dalle forze dell’ordine nel 2016. Circa il 55 percento dei crimini è stato classificato come antisemita, mentre circa il 25 percento come anti-islamico.

Dal 2014 il numero di “reati di odio” motivati da pregiudizi religiosi riportati è aumentato del 41 per cento, con aggressioni, intimidazioni e atti di vandalismo ai danni di proprietà. La proporzione di tutti gli incidenti religiosamente motivati è aumentata negli ultimi due anni. Gli incidenti motivati da pregiudizi religiosi sono ora la seconda categoria più segnalata, di numero inferiore soltanto a quelli motivati da pregiudizi razziali, ma più frequenti di quelli motivati da pregiudizi legati all’orientamento sessuale.

4) La pronuncia della Corte Suprema, dunque, si colloca in un quadro di tutele fondamentali e in un percorso costituzionale che, riconoscendo i diritti delle persone Lgbtq, non sacrifica, o anche soltanto comprime, dei diritti delle comunità religiose in genere e di quelle cattoliche in particolare. In tal senso la stessa Corte, nella celebre sentenza Obergefell v. Hodges, che ha legalizzato nel giugno del 2015 il same-sex marriage, ha posto la cosiddetta “clausola di coscienza”, stabilendo come “le religioni e coloro che aderiscono a dottrine religiose possono continuare a sostenere con la massima e sincera convinzione che in base ai precetti divini l’unione dello stesso sesso non può essere tollerata. Il primo emendamento garantisce che alle persone e alle organizzazioni religiose è data adeguata protezione per l’insegnamento dei principi così centrali nelle proprie vite e fedi e alle loro profonde aspirazioni a dar seguito alla struttura familiare che essi hanno a lungo osservato”.

(*) Tratto dal Centro studi Rosario Livatino


di Daniele Onori e Aldo Rocco Vitale (*)