La partita di pallone

mercoledì 23 giugno 2021


Gli uomini hanno bisogno di entusiasmarsi altrimenti si annoiano e immalinconiscono. Tra le manifestazioni dell’entusiasmo abbiamo quelle sportive. Un individuo che corre e sopravanza gli altri, un nuotatore che sbraccia come le pinne di un pesce, un saltatore che sembra un volatile, un pugile che danza ma picchia e non si fa toccare o regge i colpi, corridori su biciclette che assaltano montagne verticali.

Fino all’attività più diffusa, almeno in certi Paesi: undici persone in pantaloncini e scarpe leggere, magliette di colori diversi secondo le compagini, che lottano scatenati per conficcare una sfera gonfia denominata pallone nella porta degli avversari consistente in due aste laterali e una soprastante che le unisce, una rete difesa dal portiere che ha il diritto, e il dovere, di prendere la palla con le mani. Gli altri giocatori possono esclusivamente calciarla altrimenti commettono fallo. E poi chi spinge e sgomita gli avversari è punibile, addirittura espulso: ebbene questi undici giocatori cercano di impedire agli avversari di mantenere la sfera e avanzare il più possibile, avvicinandosi alla porta nemica tanto da calciare la sfera nella porta, superando la presa del portiere.

L’insieme si definisce partita, divisa in due tempi della durata di 45 minuti con un intervallo di 15 minuti. Vi è pure un signore che viene detto arbitro anch’egli in pantaloncini e due signori sempre in pantaloncini detti guardalinee, tutti sorvegliano che non si commettano falli o errori, come l’uscita della sfera dal campo segnato da strisce bianche. Se la palla esce dal campo deve essere rimessa in gioco da un componente della squadra che non ha commesso l'errore di buttarla fuori.

Vi è una legge importantissima: se qualcuno aggredisce l’avversario vicino alla porta, questo fallo è chiamato rigore: la palla è posizionata un cerchietto distante 11 metri dalla porta difesa dal portiere, che di solito fa movimenti scimmieschi per confondere il suo dirimpettaio, il quale spesso con un colpo secco e netto scaglia la sfera nella rete. Così i compagni lo abbracciano ma lui corre via e spesso invia baci all’amata o alla madre e spesso cade a terra. Se è invece il portiere che abbranca la sfera, la medesima esultanza si registra nell’altra squadra.

Ciascuna compagine cerca di fare penetrare la sfera nella porta degli avversari, questo vale come goal: alla fine vince chi ne ha realizzati di più. I giocatori sono esposti a calcioni, gomitate, testate, cadute, talvolta entrano persino i medici, spesso sono i muscoli a bloccarsi e può avvenire che un giocatore debba fasciare la testa o non riuscire a continuare. Ma quasi sempre avviene una resurrezione: qualche minuto a terra, rovinato, invece si rialza ed è pronto di nuovo a lottare. Di sicuro un uomo comune non reggerebbe.

Questa la morale dello sport e degli sportivi: esigere dall’individuo di superare continuamente se stesso e gli altri. Accadono degli incredibili eventi: una squadra difetta di goal, mancano pochi minuti allo scadere, ai bordi del campo un signore, spesso in giacca e cravatta, grida da matto e gesticola per ogni dove. Costui è l’allenatore, il quale pare voglia trasferire la sua energia nei giocatori della sua squadra, e spesso i giocatori, per orgoglio e per suscitamento si imbizzarriscono furiosi. E vincono.

Un diverso esito si ha quando i due reggimenti calcistici uguagliano le reti: è pareggio. Se una squadra è sconfitta ma ha colpito dei pali o non ha visto riconosciuti dei falli contro di essa, vi è forte delusione e spesso volano dichiarazioni virulenti contro l’arbitro.

Non manca la mala sorte, quando vengono colpito i pali o davanti si incontra un portiere fortunato e acrobatico. Chi perde, spesso, si getta sul terreno e piange, ma viene confortato. I vincitori saltano spesso sollevando l’allenatore e corrono verso il loro pubblico, che si scatena. I tifosi indossano corna, la maglia con il nome o il numero del giocatore preferito. E poi si notano striscioni, mani nei capelli, canti, tamburi, fischi: se un giocatore viene sostituito viene di solito applaudito e lui contraccambia.

Non sempre vince chi merita ma la passione è tanta, come tanta è l’immedesimazione del pubblico. Si denominano tifosi, ultrà: c’è amore diluviante, straripante, puro di cuore per la propria città, addirittura per la propria nazione. In questo caso squadra e pubblico cantano l’inno nazionale, persino i renitenti al calcio o allo sport, se c’è di mezzo, la Patria si avvincono.

Ecco l’etica dello sport: impegna allo stremo, lega al suolo, alla città, alla Nazione, ad entità concrete, proprie. E unisce il pubblico, che diventa per qualche ora popolo a chi li rappresenta. Cosa sarebbe una politica che unisse popolo e rappresentanti, proprio come i tifosi ai giocatori! Il campo si sfoltisce, si fa deserto, il venticello muove foglie, le luci si spengono. Per qualche ora la vita ha mostrato se stessa: vana, fuggitiva, possente. È così la vita, forse inutile ma appassionante.


di Antonio Saccà