Esami di maturità e “cancel culture”

mercoledì 16 giugno 2021


Al via gli esami di maturità della “cancel culture”, la cultura della cancellazione. È un’affermazione un po’ forte, me ne rendo conto, ma è il modo per rivelare la trasformazione senza voti parlamentari, senza riforme, senza dibattiti, quindi anti-democratica, in atto nella scuola italiana. Anche se il ministro dell’Istruzione, l’economista indipendente Patrizio Bianchi, ha assicurato che “non sarà un esame di serie B”, spiegando come si articolerà la prova per mezzo milione di maturandi.

Ma quale “cancellazione”, quale boicottaggio opporranno i “senza volto” di questo movimento oscuro collegato ai Black Twitter afroamericani presenti non solo in Italia. Di recente hanno messo a segno un colpo grosso in Inghilterra rimuovendo il ritratto della Regina Elisabetta II dal muro del Magdalen College di Oxford. Come se da noi fosse stato tolto da un’aula il ritratto del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Cioè la “scuola fuori dallo Stato” del piano di trasformazione del pensiero unico iniziato con la sbornia del politicamente corretto. Non sono episodi folcloristici quelli che cito e neppure solo antagonismo. Come ha spiegato anche Maurizio Crippa su “Il Foglio”, questa è “l’arma di distruzione di massa contro il pensiero critico”, cioè contro la libertà e contro l’unico requisito indispensabile per il cambiamento sociale, per l’uguaglianza, per l’inclusione, per la giustizia, per il rispetto e per le differenze. Manca solo “Hasta la victoria sempre” e il progetto è completato: ha ragione Crippa.

Vi chiederete qual è la “grave cancellazione” negli esami al debutto. Presto detto. Via tutte d’un colpo tutte le “prove scritte”. Ve ne eravate accorti? È più di una cancellazione, è evaporato nella totale indifferenza un criterio, un metodo ossia l’impianto della scuola giolittiana delle grandi riforme economiche fino all’entrata in vigore degli esami di Stato nel 1998, ispirate al pensiero liberale. E dunque, cari amici, via la libertà e via l’autonomia, che si costruiscono col “pensiero critico”. Sembrava una battaglia epocale da Terza Guerra mondiale, invece complici le misure anti-Covid è diventata realtà a colpi di decreti e di limitazioni. E il Covid non basta a giustificare, anzi se fosse stato per aderire alle misure speciali gli “esami scritti” sarebbero risultati la soluzione più appropriata. Non il contrario.

Tanto per fare un excursus, si è passati dalle “prove con tutte le materie” dei nostri padri costituzionali agli “scritti e orali” della generazione post-sessantottina al “mega colloquio” degli abolizionisti. Gli esami di maturità 2021 consistono infatti in un colloquio di un’ora diviso in quattro parti: la discussione di un elaborato assegnato dal Consiglio di istituto in base al percorso classico o scientifico; la discussione di un testo di lingua e letteratura italiana; perfino la presentazione di percorsi trasversali e di orientamento. È vero, come sollecita da tempo Alessandro Baricco e come lui altri, che è urgente chiudere il Novecento e varare altre formule se vogliamo affrontare le sfide dell’era nuova. Ma un conto è “il game” dell’intelligenza artificiale, altro è l’era scarna in cui l’intelligenza artificiale rischia di diventare il dominus.

Qui, a mio parere, si innesta il dibattito politico urgente e necessario nel centrodestra. Non solo tatticismi, come osservava sul “Corriere Luciano Fontana. Ma la necessità di una “Assemblea costituente del centrodestra italiano” a cui lavora Silvio Berlusconi. Non solo per la tenuta della coalizione dal punto di vista elettorale, ma per i requisiti indispensabili di connotazione ideale, culturale, sociale. In altre parole, “chi è oggi l’uomo del centrodestra”, il suo pensiero, la sua struttura, i suoi valori, le sue leggi, le sue riforme, la sua modernità, ispirati a quali principi e a quali regole. Non “comunisti di destra” e nemmeno “sinistri al centro”, ma un’altra Italia. Chi può dirsi fuori da questa identificazione? Perché è chiaro: stanno uccidendo il pensiero liberale, stanno cercando di estirpare dall’uomo, dalla società e dalla morale i criteri del secolo scorso per indurre il futuro verso un’omologazione spersonalizzata ispirata alle leggi del sessismo, del gender, della manipolazione.

Per tornare agli esami in corso, la foglia di fico di questa più vasta operazione è l’illusione di valutare gli studenti in base a criteri più avanzati “pre-universitari” fatti di discussioni di elaborati e di testi di lingua e letteratura, di prove integrate come l’illustrazione del “curriculum dello studente” sulle attività extra-scolastiche come musica, sport e volontariato. Non dispiacciono affatto le novità, ma il vuoto in cui galleggiano.

Idem per il sistema dei “voti”, che va dal 100/100 con lode, ai 60 crediti per il triennio e ai 40 punti del mega colloquio. Non senza bonus, per stare nel linguaggio. E non senza digitale, considerando che ormai il ministero dell’Istruzione parla on-line, nei podcast di Spotify o nelle rubriche su Instagram. Ben venga il futuro, se resta liberale. Ben venga il cambiamento se è l’aquilone che ci ricorda che “c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico”.


di Donatella Papi