Alfredo che quarant’anni fa volò dal pozzo dritto al cielo

giovedì 10 giugno 2021


“Un pezzetto bello tondo di cielo/D’estate sta sopra di me/Non ci credo, lo vedo restringersi

Conto le stelle, ora/Sento tutte queste voci/Tutta questa gente ha già capito/Che ho sbagliato, sono scivolato/Son caduto dentro il buco

Bravi, son venuti subito/Son stato stupido/Ma sono qua gli aiuti/Quelli dei pompieri, i carabinieri”.

Scivolo nel fango gelido/Il cielo è un punto, non lo vedo più/

L’Uomo Ragno m’ha tirato un polso/Si è spezzato l’osso, ora dormo oppure sto sognando/Perché parlo, ma la voce non è mia/ Dico “Ave Maria”, che bimbo stupido

Piena di grazia, mamma/Padre Nostro, con la terra in bocca non respiro

La tua volontà sia fatta/Non ricordo bene, ho paura/Sei nei cieli”.

Da giorni porto un segno di penna sul dorso della mano sinistra, quella dove “appunto” le cose da fare. Basta un segno, un promemoria. Quel segno, stavolta, unico e che non rimuovo, ha solo un nome: Alfredo.

Nei giorni in cui tutti, anche quelli (tanti) che non hanno idea di dove sia via Sant’Ireneo e dove sia Vermicino (che poi via Sant’Ireneo proprio Vermicino non è), commemorano quel tragico 10 giugno 1981 ad ormai 40 anni di distanza, io ricordo quei giorni.

Quell’imminente fine della scuola nei lunghi corridoi, già caldi, dell’Istituto delle oblate del Sacro Cuore. Grottaferrata, come Vermicino, Vermicino come tutto il resto d’Italia, l’Italia appesa ai bordi del pozzo in eurovisione in mezzo mondo.

Ci dicevano di pregare, le suore: lo dicevano spiegando che, noi bambini, dovevano dare una mano a modo nostro per aiutare Alfredo che era scivolato giù.

Mentre i grandi provavano a salvarlo davvero. Lasciando alla fine però solo un immenso senso di impotenza.

Ma Alfredo chi? Chiedevamo noi. Un bambino, semplicemente un bambino che aveva avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato, nel momento sbagliato: stava giocando, raccontavano le suore aggrappate alla televisione, quando è caduto nel pozzo. Pozzo poi: un buco nel terreno largo 30 centimetri, dove solo un bambino poteva passare... solo un bambino...

Un buco nero nel terreno da dove, Alfredo che noi pregavamo il Signore, non sarebbe più riemerso.

Poi, dopo l’annuncio in eurovisione del 13 giugno, ci dissero che Alfredo, che era diventato Alfredino, era volato in cielo dagli angeli: dal pozzo, dalla viscere fetide e viscide della terra dove aveva atteso per tre giorni e tre notti che lo andassero a prendere a ormai 60 metri di profondità, direttamente al cielo.

E noi bambini avevamo pregato ancora immaginando con la testa di bambini quel buco nella terra e Alfredino, tutto sporco di terra e fango, che volava dagli angeli.

Oggi che di anni ne sono passati 40, quella storia – e non certo, non solo perché capitata vicinissimo a casa nostra – fa male sempre di più. Perché oggi, quei bambini sono diventati genitori, quei genitori nonni: oggi un bambino di sei anni appena compiuti ha il viso dei nostri figli, l’innocenza, la leggerezza, l’inconsapevolezza dei nostri figli.

Mi sono sempre chiesto perché a Frascati non esista una via, una strada, un campo sportivo, un monumento dedicato ad Alfredo Rampi. Unica eccezione la piccola drammatica scultura che si trova nel parcheggio della chiesa parrocchiale di Vermicino, di fianco quasi nascosta se non sai dove cercarla, lungo la via Tuscolana.

In altre parti d’Italia, da nord a sud, da San Marco Evangelista (CE) a Buccinasco (MI), a Aci Catena (CT), a Scicli (RG), Force (AP), Lusciano (CE), Cagliari, Canicattì (AG), ad Alfredo (o Alfredino) Rampi hanno dedicato una strada. A Frascati nulla.

Chi sa se sia stata una specifica richiesta della famiglia e della signora Franca Rampi, combattiva mamma di Alfredo, fondatrice di un Centro che porta il nome del figlio e che si occupa di giovani, di tutela dei minori e sicurezza. Ma probabilmente è arrivato il momento di colmare questo dolore e consegnare il nome del bimbo che cadde nel pozzo alla tangibile memoria collettiva.

“Dormo oppure sto sognando/Perché parlo, ma la voce non è mia/ Dico “Ave Maria”, che bimbo stupido

Piena di grazia, mamma/Padre Nostro, con la terra in bocca non respiro

La tua volontà sia fatta/Non ricordo bene, ho paura/Sei nei cieli”. Dsds – dsd

Questa sera cancellerò il segno sul dorso della mia mano.

Alfredo lo ricordiamo così, con le parole strazianti dei Baustelle: con le testimonianze di chi provò a salvarlo. “Tirarlo fuori – ha raccontato Angelo Licheri, l’angelo, l’“Uomo ragno”, l’unico che arrivò a toccare il bambino – sarebbe stato semplicissimo ma non lo avevamo capito”.

Alfredo che senza saperlo, senza poterlo volere o capire, strappò a tutti noi un pizzico di innocenza, che inchiodò l’Italia sulla croce del dolore senza più filtri e che, lui sì, seppe volare dal fondo del pozzo dritto al cielo.

(*) Tratto da ilmamilio.it


di Marco Caroni (*)