Saman, la ragazza che “voleva vivere libera”

giovedì 10 giugno 2021


“Ammazzata dalla famiglia nel Paese dove voleva vivere libera”. Qualcosa non funziona. Perché questo paese non è il Pakistan, o un altro del complesso mondo islamico, ma il fatto è avvenuto in Italia. Mi riferisco alla terribile fine, secondo gli inquirenti, di Saman Abbas, la diciottenne di Novellaro nella Bassa Reggiana, scomparsa per essersi ribellata a un matrimonio combinato in patria con un cugino, mentre lei voleva vivere all’Occidentale ed era fidanzata con un connazionale. Prima di commentare e condannare, sarebbe opportuno razionalizzare che l’orrendo barbaro omicidio di questa ragazza, che alla fine non è così diversa dalle nostre giovani, che si batteva in conflitto con la famiglia, non è avvenuto lontano da noi. Ma qui, a due passi dalla casa di qualcuno, nel centro Italia, una zona ricca e popolata.

La famiglia è descritta come un antro medioevale di tribalismo oscurantista, visto che secondo le ultime agghiaccianti notizie potrebbe essere stata “sotterrata e lapidata”. Altri dettagli invece riferiscono di “tredici minuti per morire strangolata”, poiché dal video delle telecamere di sorveglianza risulta una corda in mano a uno dei parenti. Difficile stabilire se effettivamente quelle immagini possano costituire una prova regina, poiché gli uomini lavoravano nell’azienda agricola, come ha riferito il datore di lavoro. E sarebbe grave se ora ne derivassimo un’idea per cui ogni straniero di quelle origini potrebbe essere sospettato di una miscela sanguigna di operosità e precetti. Come è difficile accogliere e integrare! Non sono pregiudizi.

Che cosa aveva fatto Saman di tanto grave? Nulla di quello che oggi può fare un giovane o una giovane occidentale, cioè intendo dire nulla di quelle scelte che anche da noi sollevano disapprovazione, rifiuto, spesso violenza. Saman “aveva violato le leggi islamiche”, come hanno spiegato negli interrogatori il padre e la madre. Cioè si era “allontanata dai precetti e si era ribellata alla volontà famigliare”. E questa è la religione di 150 milioni di musulmani presenti in Europa? Queste sono le regole? Fratelli tutti, direbbe Papa Bergoglio. Sotterramento, lapidazione, pena di morte, condivisa, nessuno sforzo intellettuale di spiegare i dilemmi, le battaglie interne in quei mondi così impenetrabili in lotta per cambiare.

Ma c’è di più. Secondo i giornali italiani la causa dell’esecuzione starebbe nel fatto che “Saman voleva vivere all’Occidentale”. Significa quello che ha spiegato Pierluigi Battista, la ragazza voleva uscire da quella gabbia del velo e delle costrizioni e somigliare a una di noi. Il piercing, come ha fatto notare Battista. Il rossetto, come ho notato io. E il trucco, se non pure qualche ritocchino. D’altro canto, povera Saman, se si era guardata intorno ne avrà viste parecchie di ragazzine anche da noi già con le labbra, gli occhi o le gote innaturali.

Capirete allora che quello che si sforzano di affermare Matteo Salvini e Giorgia Meloni non è razzismo. Ma che si consente l’arrivo indiscriminato a immigrati, a cui offriamo lavoro, ignorando che li gettiamo nel caos delle nostre contraddizioni. “Libera”, urlano nei commenti tanti, libera di scegliere cosa indossare, cosa fare, come comportarsi nel corpo e nel privato. Certo, la Saman della foto prima della sparizione non è la stessa Saman della foto diffusa nella speranza di ritrovare la ragazza viva. Il padre ha detto di non preoccuparsi, che la figlia è in Belgio e che tornerà.

Vale una fine così orribile questa libertà? È la domanda che mi assilla. Cioè Saman diventerà una icona? La sua paura, il suo terrore, il suo dolore… sembra di sentirli. I racconti del fidanzato sono intrisi di preoccupazione che diventa spavento. In una conversazione registrata lei gli dice “se non mi vedi più per 48 ore avverti i carabinieri”. Poi con crescente ansia gli aveva riferito di aver sentito parlare di un progetto, “ho sentito dire: uccidiamola”. C’è un audio di questa conversazione. Per un piercing, un rossetto, un fidanzato neppure italiano, un pakistano che aveva scelto lei?

Noi conosciamo le tradizioni di queste comunità così strette nei loro precetti e regole? No, credo proprio di no, perché altrimenti sfido chiunque a far entrare con tanta leggerezza nel nostro Paese, sul nostro territorio, gente di cui non sappiamo pressocché nulla. Ossia, sì, sappiamo quello che vogliamo capire. Difatti Saman era stata ospitata in una comunità a cui si era rivolta, perché da tempo andavano avanti le liti e le minacce. Ma, con stupore anche dei responsabili della comunità, si era allontanata volontariamente e non per fuggire col suo ragazzo, ma per tornare lì, a casa, a chiedere al padre il permesso di non tradire, per spiegare, per convincerli. Chissà se avrà urlato “chi preferite, questa o questa?”, mostrando la foto del prima e del dopo.

Forse sforzandosi di farli ragionare, in fondo a questo prepariamo le giovani ragazze islamiche che vengono qui. Ius soli, cioè integrarle radicalmente? O sarebbe più sacro quello che la nostra cultura cattolica e liberale farebbe, se potesse. L’attuale politica della maggioranza sfocia in “un lavoro fatto bene”, ha detto lo zio, Danish Hasnain al padre scoppiato in lacrime quando gli ha restituito lo zainetto della figlia. Lo zio, descritto come un 33enne spietato e integralista, a cui era stata consegnata Saman dopo l’ultima sfida: “Me ne vado”.

Ha sofferto Saman? Io chiederei questo. Sotterrata, lapidata, strangolata? Per un piercing, un rossetto, l’amore. Quanto ci costa questa integrazione, casa per casa, famiglia immigrata per famiglia, in tutti i sensi.


di Donatella Papi