Il (dis)orientamento

martedì 8 giugno 2021


Mi chiamava il mattino, ore sette: un breve saluto cortese ed immediatamente alle sue vicende, che erano costanti, monotone, tuttavia sempre animate, agitate, passionali, addirittura. Era, forse lo è, un autore di testi teatrali, con una certa evidenza, cortesissimo, premuroso, curioso di quel che io facevo, sempre con l’aspirazione a vedermi anche se negli anni in cui mi chiamava ogni giorno.

C’eravamo visti in passato, avevamo viaggiato con altri in visita al Monte Athos, il Sacro Monte in Grecia. Era un ossesso, ossessionato. Quando cominciò a parlarmi di sé mi rivelò la sua tragica condizione, tragica ma accolta con gioia: corpo di uomo, sentire di donna, una donna. Lui era una donna. Non lo avevo compreso.

Si spiacque di tale mia incomprensione, invece doveva essere netta la sua identificazione: lui era una donna. Da questa rivelazione, forse trovandomi paziente nell’ascoltare, non fece altro per mesi, per anni che girare intorno e dentro l’argomento, iniziando a raccontarmi con precisazione minuta le sue relazioni e i suoi amori. Una impellenza di essere oggetto e soggetto di rapporti sessuali, di attenzione sessuale, e ne compresi la ragione.

Non so quale fine si prefigurasse, quali intenzioni, se nella sua urgenza comunicativa aveva bisogno di un confidente sul quale versare la piena del suo animo. Sta di fatto che mi sbalorditiva, nominava talvolta persone, personaggi, mi narrava di veri e propri riti, gruppi, al di là dell'immaginazione più fantasticante, credo fosse convinto o mi volesse convincere che tutti erano o sarebbero diventati come lui/lei. Questo credo il suo pensiero: mettere alla prova l’interlocutore per tentarlo, e se per accidente io nominavo una donna erano conversazioni di ore con una indagine investigativa inopportuna, forzata, da recidere.

Dopo mesi e mesi forse comprese, non avendo alcun riscontro, e che, pur tacendo di me, non penetravo nel suo mondo. Il colloquio scemò fino a perire, sono decenni che non ne so niente. Che voglio dire, perché ho narrato? Chi fa l’amore o ama l’uomo, pur avendo un corpo di uomo a suo modo ed a suo giudizio vive cercando l’amore. Taluni soffrono di sentirsi donne in corpi di uomo ma spesso si stabiliscono in questa identità di corpo d’uomo, sentire di donna. O corpo d’uomo tratto dall’uomo.

L’orientamento sessuale non è vincolato agli organi sessuali, lo riconosce ogni psicanalista. Ma oggi si discute (proposta di Legge Zan) su qualcosa di totalmente diverso, si vorrebbe stabilire la parità di genere e la tutela giuridica di questa parità di genere. Posto che gli orientamenti sessuali non sono delimitabili al sesso maschile e al sesso femminile, al vincolo corporeo maschio/femmina, qualsiasi orientamento è pari all’altro, parità di genere, appunto, e meriterebbe riconoscimento e tutela.

È una logica dell’assurdo, una deduzione sconfinata e sconsiderata. Non si può trarre dalla varietà di orientamenti il riconoscimento di tutti gli orientamenti.

Al dunque, dal fondamento che esistono varie direzioni orientative del nostro erotismo che non si limitano alla polarità uomo/donna e non si vincolano agli organi sessuali, non si può dedurre che tutti i tipi di orientamento sono pari (parità di genere), e dobbiamo riconoscerli e tutelarli. Taluni sono ammissibili, altri da repellere. Non vorrei che si pervenisse all’aberrante concezione che se un individuo si limita al rapporto uomo/donna sarebbe considerato offensivo del feticista che fa l’amore con una scarpa e se non lo fa va contro la parità di genere.

Questa concezione che siamo intolleranti se non accogliamo tutto e tutti rende l’uomo uno scarico di eventi, uno scorrimento tubolare, una cloaca che respira. Spero che saremo ancora capaci di dire “sì” ma anche “no”. Accettare ogni orientamento vale dire: se un individuo è orientato ad uccidere dobbiamo accoglierlo, tutelarlo, non malgiudicarlo, se no lo discriminiamo. Con la “filosofia” dell’inclusione c'è spazio per tutto e per tutti. Possiamo chiederci: ma chi stiamo includendo, quale “orientamento”? O è troppi tardi? Siamo disorientati?


di Antonio Saccà