Quarantuno anni senza Walter Tobagi

lunedì 31 maggio 2021


“Voler capire per poter spiegare” costò la vita, 41 anni fa, al giornalista del Corriere della Sera, Walter Tobagi, ucciso il 28 maggio 1980 alle 11 mentre usciva di casa per andare in redazione. Aveva soltanto 33 anni quando gli uomini della Brigata XXVIII marzo, una formazione terroristica di estrema sinistra, stroncò l’esistenza di un “uomo buono ed esemplare” come ha ricordato il collega Marco Volpati. Due le cerimonie in ricordo del professionista di punta del quotidiano: in via Salaino, a Milano e al cimitero di Cerro Maggiore.

“Un personaggio che ha segnato la storia del giornalismo e la storia di libertà di questo Paese” ha sottolineato Paolo Perucchini presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti (Alg) di cui anche Walter Tobagi è stato al vertice.

“Ricordare è coltivare i semi che ha lasciato chi non c’è più” ha sottolineato il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti con accanto la presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni. Il modo giusto per ricordare le persone è tramandarne gli insegnamenti.

È stata anche l’occasione per riflettere sul passato e sulle ferite prodotte dal terrorismo. Tobagi venne preso di mira perché i nemici della democrazia nutrivano nei confronti di chi rappresentava un mestiere di testimonianza un odio strutturale. Con le sue inchieste è stato un testimone di libertà e di chiarezza che si impegnava nel giornalismo e nel sociale. Inoltre “cercava di dare una nuova dimensione di verità agli anni bui del terrorismo”. Era anche un uomo di cultura, ha sottolineato Giovanni Negri, anche lui presidente di Alg, avendo scritto ben 12 saggi di approfondimento.

Fondamentali i suoi articoli sul ruolo dei sindacati dai quali si comprese l’orientamento delle organizzazioni ma anche le loro deviazioni e utopie. Per primo seppe descrivere la mentalità degli operai che effettuavano a ripetizione gli “scioperi selvaggi”, organizzavano in fabbrica i “serpentoni” per coinvolgere anche le masse che volevano rimanere in disparte. Il pensiero va anche a Tobagi sindacalista dei giornalisti, soprattutto in un momento in cui la grave crisi dell’industria editoriale provoca licenziamenti, prepensionamenti, cassa integrazione.

La sera prima di essere ucciso era all’Alg a discutere su alcune vertenze in atto. Tobagi non si risparmiava nella difesa dei posti di lavoro e, pur non trascurando il suo compito di cronista al Corriere della Sera, partecipava a tutte le assemblee di redazione che si tenevano nel territorio lombardo. E non mancava mai, come leader di Stampa Democratica, alle riunioni di vertice della Federazione nazionale della stampa, dove incontrò non poche difficoltà per contrastare la corrente egemone.

Come ha scritto Antonio Carioti “fu il lavoro di scavo sul terrorismo di sinistra e i suoi fiancheggiatori che costò la vita a Walter Tobagi”, sempre attento ai temi del lavoro e della cultura. E in occasione del quarantesimo anniversario della morte, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, oltre a ricordarne il coraggio e l’autorevolezza, volle aggiungere “era un democratico, un riformatore e la sua coerenza ideale risultava del tutto insopportabile al fanatismo estremista”.

I sicari della Brigata XXVIII marzo gli sparano alle spalle dopo l’esordio il 7 maggio 1980 contro il giornalista di Repubblica, Guido Passalacqua, gambizzato in casa. Tobagi, per noi de “L’Opinione”, resta un esempio e un amico all’insegna della comunanza ideale e giornalistica che lo legava al nostro direttore Arturo Diaconale.


di Sergio Menicucci