mercoledì 26 maggio 2021
Si fa aspro lo scontro per le nomine dei candidati al Consiglio di amministrazione della Rai. Il sindacato dei giornalisti dell’azienda di viale Giuseppe Mazzini ha rotto gli indugi e lanciato la possibilità di un confronto pubblico mettendo a disposizione il canale “You Tube” dell’Usigrai a tute le candidate e i canditati al vertice aziendale. Un modo per rendere chiare le ragioni delle scelte che verranno fatte poi? Un’idea per rompere il silenzio che circonda, come sempre, le nomine del massimo organo d’informazione e comunicazione radio-televisivo
Un tentativo, indubbiamente, di aprire una riflessione sul ruolo che dovrà svolgere la Rai nel prossimo triennio e nella fase di transizione alla tecnologia digitale e anche sulle criticità riscontrate nella gestione in scadenza. L’inizio della partita delle nomine pubbliche è stato avviato con l’incarico ad alcune società (dette cacciatori di teste come Egon Zehnder per la Rai) con l’incarico di mettere a punto una lista per le poltrone di vertice come presidente e Amministratore delegato.
La partita Rai s’inquadra nel giro che coinvolgerà, in pochi mesi, il rinnovo di 74 Consigli di amministrazione e 41 collegi sindacali. La parola definitiva spetterà al premier Mario Draghi, al ministro del Tesoro (azionista del 98 per cento della Rai) Daniele Franco e dal direttore di via XX Settembre, Alessandro Rivera. Un quadro di riferimento che sembra bloccare l’aleatorietà del percorso del sindacato dei giornalisti secondo il quale con il programma “La Nostra Rai” solo aprendo il più possibile il dibattito “ascoltando e aumentando le voci, la Rai potrà essere liberata dai partiti e dai governi e tornare così ai legittimi proprietari: i cittadini”.
Utopia? L’Usigrai dimentica che la Rai è un’azienda pubblica, il cui azionista di maggioranza, come in tutte le imprese, ha il compito di nominare i vertici apicali e che opera sul territorio nazionale attraverso una concessione da parte dello Stato dei diritti di trasmissione radio-televisiva. Il problema è la composizione del Consiglio di amministrazione, stabilito per legge e sul quale dovrebbe vigilare la Commissione parlamentare. La soluzione per una riforma ci sarebbe. Spetta al Parlamento decidere come indicare i componenti, eliminando l’attuale formula della designazione dei singoli partiti.
Il problema si sposta sulla gestione. In Rai la moltiplicazione di Reti e canali è servita per una selvaggia lottizzazione, spinta soprattutto dopo la nascita nel 1979 della Terza Rete per accontentare il mondo comunista, mettendoci a capo l’ideologo marxista Angelo Guglielmi e come direttore del Tg3 il giornalista ex Paese Sera, Alessandro Curzi, che aveva un filo diretto con il giovane Walter Veltroni, con il beneplacito del democristiano Biagio Agnes che era succeduto a Ettore Bernabei (longa manu di Amintore Fanfani) e dei socialisti Sergio Zavoli, Enrico Manca, Walter Pedullà.
Dal 1945 si sono succeduti 22 presidenti ma l’impianto organizzativo è peggiorato, nonostante la riforma del 1975 e la fine del monopolio radio-televisivo decretato dalla Corte costituzionale. Da allora doppioni, moltiplicazioni di trasmissioni per accontentare tutti gli schieramenti, con migliaia di contratti a termine nonostante gli oltre 12mila dipendenti e appalti esterni. Spartizioni a bilancino anche nelle Regioni, con 22 direttori di sede, 22 caporedattori dei Tg per l’informazione locale, circa 800 giornalisti e qualche migliaio di tecnici e amministrativi.
di Sergio Menicucci