Giornalisti in piazza e l’operazione Sallusti

lunedì 17 maggio 2021


Giornalisti in piazza giovedì davanti al palazzo di Montecitorio. L’iniziativa della Federazione nazionale della stampa intende segnalare la grave crisi del giornalismo italiano devastato dal precariato, dalle querele temerarie con il codice penale che prevede ancora il carcere per il reato di diffamazione. Gli editori inoltre continuano a tagliare gli organici. Sono mesi difficili con l’Istituto di previdenza (Inpgi) sull’orlo del baratro e in procinto di essere commissariato dopo il 30 giugno per non poter più pagare le pensioni.

Dopo le manovre di assestamento dei vari gruppi editoriali come Gedi (Repubblica, La Stampa e 13 quotidiani locali), Rcs guidato da Urbano Cairo editore anche di numerosi settimanali di largo consumo e del canale Tv La7, una clamorosa operazione ha coinvolto i gruppi Berlusconi e Angelucci.

Le improvvise dimissioni di Alessandro Sallusti da direttore de “Il Giornale” per passare a “Libero” hanno aperto varie ipotesi sul significato di questo passaggio. Molti ambienti sarebbero stati colti di sorpresa (ma anche il comitato di redazione) ma stando alle dichiarazioni del direttore di Libero, Pietro Senaldi, che diverrà condirettore, non si è trattato di un’operazione improvvisa ma “concordata da tempo”.

Analizzando il temperamento dei giornalisti coinvolti (anche se Vittorio Feltri da circa un anno si è dimesso dall’Ordine per essere più libero di scrivere come libero cittadino) c’è poco da meravigliarsi dei continui spostamenti dei due personaggi che sono insieme dai tempi del Resto del Carlino. Per Sallusti, poi, una lunga e brillante carriera in tanti giornali che vanno dal Messaggero al Corriere della Sera, dall’Avvenire all’Ordine di Como.

L’addio di Alessandro Sallusti al Giornale è stato definito “un disastro” dal vice ad personam e brillante conduttore televisivo di Rete 4, Nicola Porro. Il quotidiano che ha come azionista di maggioranza Paolo Berlusconi (presidente della società editrice la figlia Alessia) attraversa un momento di difficoltà: bene le vendite male i conti. La media delle copie vendute a marzo è stata di 40.940 al giorno con un aumento del 2,9 per cento rispetto al 2019. Una crescita unica insieme al Fatto Quotidiano di Marco Travaglio nel panorama editoriale italiano.

La redazione (circa 60 giornalisti più 10 per l’edizione digitale on line ma realizzata da una dita esterna) è in regime di solidarietà al 17 per cento fino ad agosto prossimo ma con la prospettiva di un allungamento. Due anni fa venne chiusa la redazione romana costringendo i giornalisti a scrivere di politica da Milano.

I candidati alla successione di Sallusti, nato a Como nel 1957, non mancano. Sia con gli editoriali che con le sue partecipazioni alle trasmissioni televisive ha sempre fatto fronte ai continui attacchi al politico di Forza Italia e all’imprenditore di un gruppo televisivo privato fortemente concorrente con la Rai, tv di Stato. Nel suo percorso giornalistico ci sono anche aspetti di criticità (sospensione momentanea dall’Ordine, pubblicazione provocatoria del Mein Kampf) ma anche battaglie vinte contro le pene eccessive dei reati per diffamazione (ha avuto ragione alla Corte europea). Fiore all’occhiello l’intervista all’ex presidente dell’Associazione magistrati e componente del Consiglio superiore della magistratura, Luca Palamara.

Il merito di Sallusti è quello di aver portato all’attenzione dell’opinione pubblica le vicende scabrose raccontate direttamente dopo che nell’ottobre del 2020 un ex membro del Csm è stato, per la prima volta, radiato dall’ordine giudiziario.

 


di Sergio Menicucci