giovedì 15 aprile 2021
Gli editori avevano appena realizzato due colpi favorevoli (sentenze del Tar del Lazio sui paletti alle rassegne stampa e accordo di 14 editori con Google) che un annuncio del gruppo Gedi, presieduto da John Elkann, ha sconvolto il mondo dell’editoria. Al comitato di redazione è arrivata la proposta dei vertici di chiedere 50 prepensionamenti entro l’anno e altri 30 nell’anno successivo. La condizione è che abbiano 62 anni di età e 25 anni di contributi Inpgi. Da un rapido calcolo, fatto via tam-tam, si tratterebbe di eliminare gran parte della generazione che si era raccolta intorno ad Eugenio Scalfari e Carlo Caracciolo nella fondazione (gennaio 1976) del quotidiano che, via via, era arrivato a contare 400 giornalisti.
L’idea di “Barbapapà” che possono esistere quotidiani “economicamente sani e allo stesso tempo di grande prestigio” è stata battuta dalla crisi. Gli ultimi dati Ads sulla diffusione dei quotidiani, relativi a febbraio 2021, danno a Repubblica 174 mila copie al giorno tra carta e digitale, distanziata dal Corriere della Sera di circa 86mila copie. Un duro colpo questi nuovi prepensionamenti che si aggiungono alla richiesta di un prolungamento di altri tre mesi della cassa integrazione Covid, dopo i tre già effettuati che hanno comportato per i giornalisti la perdita della retribuzione di due giornate al mese. Anche per le casse dell’Istituto di previdenza sarebbe un altro duro colpo, in una fase delicata in vista dell’eventuale commissariamento, se entro giugno non si trovano soluzioni per frenare lo spaventoso buco di bilancio.
La questione di fondo riguarda le ristrutturazioni dei grandi gruppi editoriali che dal 2009 stanno sul “groppone” dell’Istituto di previdenza dei giornalisti. Per ottenere i prepensionamenti da quell’epoca non è più necessaria la “certificazione di uno stato di crisi” ma è sufficiente “la prospettiva di crisi”. E negli ultimi 15 anni gli editori ne hanno abbondantemente usufruito, mettendo fuori organico prima coloro che avevano 58 anni di età, limite portato ora a 62 anni. Come si può capire, le sentenze del Tar del Lazio e gli accordi con Google rappresentano una boccata d’ossigeno. Non sembrano misure che possano rivoluzionare il mondo dell’informazione in Italia. I due aspetti sono comunque interessanti. Le sentenze del Tar, che hanno respinto i ricorsi dell’Eco della stampa, mettono per la prima volta alcuni paletti in quella che è stata chiamata per un decennio la guerra delle rassegne stampa.
È stata così sancita la illegittimità delle rassegne stampa fatte mediante la riproduzione integrale di articoli e pagine di giornali, senza l’autorizzazione del titolare del diritto esclusivo alla riproduzione. Nel caso, l’Agcom ha applicato correttamente le disposizioni sul diritto d’autore. Per ora si tratta solo di rassegne che utilizzavano articoli recanti la clausola di riproduzione riservata. Sulla questione del copyright è da tempo in corso un duro braccio di ferro, in attesa che anche l’Italia a giugno recepisca la direttiva europea.
Più articolato e complesso l’accordo raggiunto da 14 editori italiani con il colosso americano Google. Per la Fieg (Federazione italiana editori giornali) si è pronunciato il presidente Andrea Riffeser Monti e il direttore generale Fabrizio Carotti, che hanno espresso soddisfazione per aver uno dei big tecnologici riconosciuto il valore dell’informazione. L’accordo con Google consente di pubblicare contenuti italiani su Showcase, una delle piattaforme del gigante del web di Mountain View dedicato al mondo dell’informazione.
di Sergio Menicucci