giovedì 15 aprile 2021
La recente nomina del nuovo presidente del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) è stata salutata dalla stampa soprattutto come una grande novità di cui si sentiva proprio il bisogno: finalmente una donna alla guida del maggior Ente scientifico italiano! Per seguire i dettami del politically correct si dovrebbe dire: ottima scelta, quella della neoministra dell’Università e Ricerca, Maria Cristina Messa, che ha nominato colei che l’aveva preceduta in questo delicato incarico governativo, nel periodo aprile 2013-febbraio 2014 (Governo Letta). E dallo stesso ambiente accademico pisano di Enrico Letta proviene la professoressa Maria Chiara Carrozza, in particolare dalla Scuola superiore Sant’Anna.
Qui l’entanglement Letta-Carrozza trova la sua massima rappresentazione: Enrico, figlio del matematico Giorgio, professore emerito dell’Università di Pisa, è un ex-allievo della scuola di perfezionamento in Diritto delle Comunità europee. Sua madre, Anna Bianchi, sassarese d’origine, è la ex-segretaria della Scuola stessa; il fratello della Carrozza, Paolo, è stato ordinario di Diritto costituzionale a Pisa.
A questo si può aggiungere qualche notiziola sull’ex-marito della Carrozza, il Professor Massimo Carpinelli, fisico delle particelle e pisano di formazione, dal 2006 professore ordinario nel Dipartimento di Chimica e Farmacia a Sassari e dal 2014 per 6 anni rettore nella stessa università (singolare coincidenza di date e luoghi con il periodo del Governo Letta). Ma anche la ministra che ha nominato la Carrozza è diventata rettrice dell’Università di Milano-Bicocca nel 2013, dopo essere stata vicepresidente del Cnr. Non parliamo poi della carriera politica della Professoressa Carrozza, deputata per il Partito Democratico nella XVII legislatura (2013-2018). Anno fortunato il 2013, almeno per qualcuno. Fin qui nulla da dire, se non notare come tali percorsi famigliari non sono poi così rari nell’Accademia italiana, basta ricordare i casi della ex-ministra Elsa Fornero, del marito Mario Deaglio e della figlia, sistemata all’Università di Torino “ma perché è brava”, o dell’ex-rettore della Sapienza, Luigi Frati.
Ma certo quello che fa un po’ specie è la rapidità di questo percorso del duo Carrozza-Letta (o carrozza-letto, vista la velocità degna di un comodo treno a lunga percorrenza con cui si sono mosse le rispettive carriere). Come riportava il quotidiano Libero qualche anno fa, in un articolo sostanzialmente corretto pur con qualche inesattezza riguardo la vita privata della Professoressa Carrozza, la carriera della stessa è stata fulminea: da ricercatore non confermato presso la Ssup nel 2000 è passata a professore associato non confermato l’anno dopo e fino al 2004, e dal 2006 è divenuta professore straordinario, (il che le ha permesso di assumere la carica di direttore/rettore già dal novembre 2007) e tale è rimasta fino al 2009 quando è divenuta professore ordinario, grazie all’idoneità guadagnata con il concorso on-line dell’Università Marconi.
Tutti salti di carriera effettuati senza un concorso pubblico. Ma già dal 2005 la nostra poteva vantarsi del titolo di direttore della Divisione ricerche e vicedirettore della Ssup e molti altri incarichi le erano stati attribuiti negli anni precedenti. Si dirà: il settore scientifico di riferimento, la Biorobotica, non esisteva alla Ssup e infatti veniva chiamato dall’esterno un grosso nome a rinforzarla, il professsor Paolo Dario, con lunghe permanenze all’estero. Del resto, anche la Ssup fino al 1987 era solo un pensionato universitario per studenti delle facoltà di scienze sociali e di scienze applicate e sperimentali, simile alla Scuola Normale Superiore, ma senza corsi ed insegnamenti propri. La chiave del successo in America è espressa dal ben noto principio: l’uomo giusto al posto giusto. Qui potremmo dire, modificando i termini: il posto giusto al momento giusto.
Anche la nomina della Carrozza è scaturita da un’accelerazione improvvisa, come riporta Repubblica: ignorata la cinquina di candidati precedentemente selezionati ai tempi del ministro Gaetano Manfredi e tenuta misteriosamente in un cassetto per quasi un anno, il nuovo Search Committee, guidato da Giorgio Parisi, insigne fisico e presidente dell’Accademia dei Lincei, nonché organico ad una certa parte politica, ha avuto solo 5 giorni per valutare i curricula dei candidati, ma non si è preoccupato più di tanto. La scelta è stata facile: mentre la Professoressa Messa, che era la candidata più politicamente quotata, ma non la più votata della cinquina, chiamata da Mario Draghi assurgeva al rango di ministra, le subentrava la Carrozza, che pure non risultava nella cinquina precedente, e si aggiungeva al novero degli eletti anche la figura di Roberto Battiston, ex presidente dell’Agenzia spaziale italiana e ben inserito nel “clan” di Romano Prodi, ma sconfitto nella corsa alla presidenza dell’Agenzia spaziale europea (premio di consolazione?). Una precisazione è di dovere: il Search Committee non è un organo che ha valenza giuridica, un candidato che si ritenesse ingiustamente penalizzato nella valutazione dei suoi titoli non può ricorrere al Tar come in un concorso pubblico, tant’è che i verbali sono tenuti segreti, ma serve soltanto da “foglia di fico” al ministro, che può così addossare ad altri la responsabilità di scelte che spettano solo a lui, e farle sembrare come scaturite da un generale consenso della comunità scientifica, mentre in realtà sono quasi esclusivamente politiche.
Una storia di ordinario nepotismo allargato, piuttosto comune nel nostro Paese, che però, va detto, trova un generale consenso presso quasi tutte le forze politiche. In alcune perché ritengono che l’Università e la Ricerca siano un settore importante per il Paese e per l’immagine che rendono loro, e quindi occupano tutti i posti disponibili con i loro elementi senza alcuna discrezione ma solo guardando all’afferenza politica. Nelle (miopi) forze opposte, perché non ritengono tale settore strategico, anzi poco significativo dal punto di vista elettorale e degl’interessi economici che mette in gioco. In un quadro di tale desolazione, c’è davvero da aspettarsi che il Cnr e la Ricerca italiana possano ripartire?
(*) Presidente Astri
di Sergio Bartalucci (*)