Le stragi di Viareggio e Genova, il “rimpallo di competenze”

martedì 13 aprile 2021


Da Viareggio a Genova, passando per ponti, viadotti, strade ferrate ed autostrade, monta l’indignazione popolare contro il sistema delle grandi aziende. Un partenariato pubblico-privato protetto da una potente dea bendata, mentre ai familiari delle vittime rimarrebbe lo stesso calvario del mugnaio di Bertold Brecht che s’augurava di trovare giustizia a Berlino. Oggi, dopo certe sentenze, la difesa delle vittime ricorda che ci sono sempre appelli bis e poi le corti europee.

“Assolte perché il fatto non sussiste le società Gatx Rail Austria Gmbh, Gatx Rail Germania Gmbh, Jungenthal Waggon Gmbh, Trenitalia, Mercitalia Rail ed Rfi, in relazione all’illecito previsto dall’articolo 25-septies del decreto legislativo 231/2001 sulle norme in materia di responsabilità amministrative delle persone giuridiche”: questo il succo della sentenza di Cassazione, in merito alla strage di Viareggio (32 vittime e 26 feriti), che manda prescritti gli omicidi colposi. Ora le speranze dei familiari delle vittime (e di tutti i danneggiati) rimangono appese ad un futuribile nuovo appello per disastro ferroviario, che vedrebbe nuovamente alla sbarra Mauro Moretti (ex ad di Fs e Rfi) e Michele Mario Elia (ex ad di Rfi). Per Viareggio la Cassazione ha escluso l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro: va comunque dato atto che Mauro Moretti nel giudizio di secondo grado aveva rinunciato alla prescrizione, e certamente l’ad di Fs potrebbe essere stato tenuto all’oscuro delle condotte colpose di funzionari, dirigenti, addetti.

Ora la mente corre alla strage più recente, quella del ponte Morandi, dove gli amministratori di Aspi e la proprietà (la famiglia Benetton) potrebbero essere stati tenuti all’oscuro delle svariate segnalazioni di cedimento della struttura genovese. Proprio sul crollo del ponte Morandi, i familiari delle vittime dicono “non vogliamo un’altra Viareggio”. La tragedia del Morandi (14 agosto 2018) è costata la vita a 43 persone. Durante il secondo incidente probatorio genovese, Egle Possetti (portavoce del comitato “Ricordo vittime di ponte Morandi”) aveva detto “la preoccupazione è dovuta a quanto visto qualche giorno fa in un altro processo: dopo 11 anni e mezzo, gli amici di Viareggio hanno ricevuto una sentenza allucinante”.

“Quanto emerso finora sul disastro dell’estate 2018 – precisa Egle Possetti – dà già delle indicazioni molto precise su quanto avvenuto, con intercettazioni che in merito al ponte dicevano è marcio, quindi qualcuno sapeva. Tutto questo però dovrà convergere nella verità processuale finale: il percorso sarà lungo, ad ostacoli, ma siamo decisi ad andare avanti con forza e determinazione. Non posso però negare che la preoccupazione ci sia”. L’Aspi (gruppo Atlantia, principale azionista la famiglia Beneton) ci ha messo i soldi e controlla il livello amministrativo-finanziario dell’azienda, ma chi dovrebbe vigilare sui lavori sta in Autostrade dai tempi dell’Anas, cioè da molto prima che i Benetton investissero nella rete.

Le intercettazioni di cui parla la Possetti tirano in ballo le responsabilità di funzionari e dirigenti Aspi, che hanno gestito gli appalti genovesi. Responsabilità, grovigli e rimpalli di competenze che dall’Anas sono passati all’Aspi. E vale la pena ricordare ai lettori la scandalosa gestione della costruzione della Salerno-Reggio Calabria (lavori durati più di cinquant’anni per assicurare lavoro al mare di subappaltatori del Mezzogiorno) e poi la tragedia di Monteforte Irpino del luglio 2013: esempi che hanno acclarato nei tribunali la cattiva gestione Anas. Quest’ultima, dal 2018, fa parte di Ferrovie dello Stato e dallo stesso anno è controllata dal ministero del Tesoro: quindi un organismo di diritto pubblico che, grazie a giochi di scatole cinesi e rimpalli di competenze, riesce a deresponsabilizzare gran parte dei propri dirigenti.

Anas potrebbe riprendersi Autostrade, a patto che lo Stato garantisca lo “scudo penale” alla socia di Ferrovie (Anas ovviamente). Di fatto, ben trentaseimila chilometri di strade e tremila di autostrade, cinquemila tra ponti e viadotti nella sola Italia peninsulare, ed omettiamo d’indagare sulle Autostrade Siciliane. Perché se nelle tragedie d’Irpinia e Liguria (soprattutto vittime del ponte Morandi) si potranno appurare e rendere pubbliche le responsabilità, viceversa un grosso strato d’omertà e prescrizione non permette alla stampa si torni a parlare della Salerno-Reggio Calabria e delle Autostrade Siciliane. E, prima di tornare alla Liguria, sarebbe bello sapere quando e come avrebbero avuto luogo le 348 ispezioni (da effettuare per legge) nelle Autostrade Siciliane. Omettiamo di trattare il reclutamento degli operai nei cantieri del Sud, che da indagine di sindacati ed uffici del lavoro risulterebbero per più del settanta per cento non coperti da contratto degli edili, quindi con minori garanzie infortunistico-previdenziali.

Egle Possetti, nel crollo del ponte Morandi, ha perso la sorella, il cognato e due nipoti. “Per me è importante la possibilità di seguire in loco le udienze ed è un segnale molto positivo lo sforzo fatto dal Tribunale di Genova. Alcuni familiari con cui ho parlato personalmente –ha detto Egle all’Agi e lo ripete nelle conferenze – ci saranno, altri sono lontani, alcuni non hanno mai partecipato a queste udienze, probabilmente perché fa anche tanto male. Ognuno è diverso: per me è determinante essere lì, altri non ce la fanno”. “Gli indagati non li ho mai incrociati – ha sottolineato Egle – forse ce n’erano un paio nel precedente incidente probatorio, ma non credo si presenteranno”.

I timori di Egle Possetti sono ben comprensibili, soprattutto dopo la sentenza di Cassazione sulla strage ferroviaria di Viareggio. Marco Piagentini (presidente dell’associazione dei familiari delle vittime di Viareggio) aveva commentato: “Oggi tutto il Paese ha perso, con la parola prescrizione è stato dato un colpo di spugna a tutto il lavoro fatto per la ricerca della verità e della giustizia”. Intanto i blitz della Guardia di Finanza di Genova acclaravano che a lavorare sulle autostrade liguri (note per disastri e crolli) sarebbero sempre le stesse aziende. “Può essere una concausa – ha riferito alla stampa e ai sindacati Franco Cozzi (procuratore capo di Genova) – le fessurazioni hanno potuto contribuire alle infiltrazioni di acqua e quindi alla corrosione”. Ed i funzionari dell’Aspi di Genova avrebbero dovuto vigilare sul Morandi on no?

Intanto la Cgil di Genova rammenta come nel gioco d’appalti e subappalti, spesso queste aziende finiscano anche in Liguria per non applicare il contratto degli edili ai lavoratori. Dello stesso avviso la Uil, che della messa in sicurezza dei cantieri fa battaglia quotidiana. Federico Pezzoli (segretario generale Fillea Cgil di Genova), Giovanni Ciaccio (Uil trasporti Liguria) e Mirko Trapasso (segretario generale Feneal Uil Liguria) sono stati partecipi dell’accordo stretto presso la prefettura di Genova, che obbliga tutte le aziende (anche subappaltatrici) a tenere nelle aree cantiere dell’Aspi solo operai con contratto nazionale degli edili, soprattutto opportunamente formati per quella tipologia di lavoro manutentivo. Ma perché gli accordi si rispettino nei cantieri autostradali, oltre all’Ispettorato del lavoro, non dovrebbero vigilare anche i funzionari dell’Aspi?

Infatti, a dicembre 2020 un incidente nel cantiere autostradale ligure è costato la vita all’operaio Luciano Sanna: quest’ultimo era dipendente della Bral srl, ma il cantiere sarebbe della Weico srl, quindi la Bral pare non avesse titolo a stare sul cantiere. Fonti liguri dicono che l’operaio sarebbe stato in distacco formativo presso la Weico. Sanna, ci dicono alcuni addetti ai lavori, operava da anni in ambito autostradale, e non necessitava d’alcuna formazione. Intanto familiari delle vittime del Morandi, parenti degli operai morti sul lavoro, cittadini danneggiati dal crollo del Morandi e d’altre strade e gallerie… tutti aspettano giustizia. È un silente ed ulteriore stillicidio.

Anche nella strage di Viareggio, prima che intervenisse la mannaia della Cassazione, erano emerse gravi violazioni in materia di sicurezza sul lavoro. Allora che succede, alle grandi aziende e relativi appaltatori è concesso risparmiare sulla sicurezza? Nel frattempo, sempre più cittadini si chiedono perché Aspi, Anas e Ferrovie non facciano più inchieste interne, perché non avvicendino funzionari e controllori che, forse per abitudine consolidata, danno troppo per scontata la bontà delle solite aziende.

Intanto la Cassazione aveva detto la sua sulla “strage di Viareggio”, parlando di “processo in tempi inferiori a standard e con misure anti-Covid”. La Cassazione, nel suo comunicato ufficiale, aveva sottolineato che “dopo indagini inevitabilmente lunghe e complesse, gli organi giudicanti hanno celebrato i dibattimenti in tempi inferiori agli standard previsti dalla disciplina nazionale ed europea… la durata del processo è stata di poco più di otto mesi e le udienze, pur in tempo di pandemia, sono state celebrate con la partecipazione diretta dei difensori e in assoluta sicurezza per tutte le parti”. Chissà se basterà una mascherina ad esorcizzare una strage ferroviaria o il crollo d’un viadotto. Tra bende e pezze varie, una certa politica invita il cittadino a guardare oltre, a dimenticare, come se poi i potenti dimenticherebbero mai offese ed imprecazioni dell’uomo di strada.


di Ruggiero Capone