venerdì 12 marzo 2021
È notizia recente che Austria e Danimarca abbiano sospeso la somministrazione di alcuni lotti del vaccino anti-Covid di Astrazeneca dopo alcune gravi reazioni legate alla coagulazione in alcuni pazienti a cui è stato inoculato. Mentre in Italia si attende che il ministero si pronunci e che il Parlamento fuoriesca dal proprio letargo, approvando una legge oramai improrogabile con cui si istituisca un fondo pubblico per risarcire chi dovesse riportare danni parziali o totali, temporanei o permanenti in seguito alle vaccinazioni anti-Covid, occorre ammettere che le reazioni avverse causate dal vaccino Astrazeneca non possono che sollevare interrogativi scientifici, etici e giuridici.
In questi tempi così confusi e convulsi è tanto di moda accusare di complottismo coloro i quali ritengono, a torto o a ragione, che non essendo noti tutti i dati scientifici sugli effetti nocivi di lungo periodo dei vaccini anti-Covid stiamo assistendo alla più grande operazione di sperimentazione umana della storia; tuttavia, trattandosi di una tesi complottista è del tutto infondata. Ma è proprio così? In merito ai vaccini anti-Covid ci sono almeno due certezze: nel breve periodo non causano danni collaterali di una particolare gravità, almeno fino a quando non è cominciata la somministrazione di alcuni lotti di Astrazeneca; nel lungo periodo si ignorano gli eventuali effetti collaterali più o meno gravi proprio perché non si è avuto ancora il tempo per poterli verificare, cioè per studiarli nel periodo del quinquennio o perfino del decennio dopo la loro somministrazione.
Tuttavia, la storia rivela che in nome della scienza sono stati innumerevoli i casi in cui la dignità umana è stata violata compiendo sperimentazioni senza o perfino contro il consenso dei soggetti sottoposti a sperimentazione. Già nel 1927 Il’ya Ivanov, scienziato sovietico che godeva della piena fiducia di Stalin, tentò l’ibridazione scimmia-uomo, attraverso la fecondazione di ovociti di donne con il liquido seminale di alcuni scimpanzé per verificare la fattibilità di una gravidanza inter-specie. Negli anni Quaranta del XX secolo, con l’ascesa e la consolidazione del potere da parte dei nazisti con la loro tipica disinvoltura nella sistematica violazione della libertà e della dignità umana, si implementarono gli esperimenti sugli esseri umani, per di più senza il loro consenso. In questo contesto il dottor Sigmund Rascher tra il 1942 e il 1943 effettuò esperimenti su centinaia di prigionieri di guerra e dei campi di concentramento, causando ovviamente numerosissime vittime sugli stessi, per studiare gli effetti della pressione atmosferica e del congelamento sul corpo umano.
Tra il 1941 e il 1945, intanto, un altro medico nazista, Klaus Schilling, eseguiva esperimenti su non meno di 1.200 prigionieri di guerra e dei campi di concentramento per studiare la malaria. Anche dall’altra parte del mondo, intanto, i giapponesi, per quasi un decennio tra il 1936 e il 1945, finanziarono i progetti e le ricerche della cosiddetta “Unità 731” diretta da Shiro Ishii il quale sottopose più di 10mila persone – a loro insaputa – a peste, vaiolo, botulismo, colera con lo scopo di studiarne le dinamiche per la creazione di armi batteriologiche e chimiche.
Su queste basi, del resto, nel 1946, è stato stilato il cosiddetto “Codice di Norimberga” il quale all’articolo 1 sancisce per l’appunto che “il soggetto volontariamente dà il proprio consenso a essere sottoposto a un esperimento. Prima di dare il consenso, la persona deve conoscere: natura, durata e scopo della sperimentazione clinica, il metodo e i mezzi con cui sarà condotta, eventuali effetti sulla salute e sul benessere della persona, eventuali pericoli cui sarà sottoposta”.
La fine delle atrocità dei regimi totalitari e del Secondo conflitto mondiale, tuttavia, non comportò la fine della sperimentazione selvaggia sull’essere umano che invece ebbe ancora un triste seguito, pur anche nelle pacificate democrazie occidentali. In tal senso si ricordano il caso della Vanderbilt University presso la quale nel ventennio tra il 1940 e il 1960 si effettuarono esperimenti su ben 751 gravidanze di altrettante donne che segretamente vennero esposte a massicce dosi di radiazioni per studiarne gli effetti nocivi. Sempre nel 1960 e sempre negli Stati Uniti si verificò il caso della Willowbrook State School, presso la quale il dottor Saul Krugman condusse le proprie ricerche infettando, con l’epatite, 700 bambini affetti da disabilità mentale.
Anche più di recente, tuttavia, vi sono stati alcuni gravissimi episodi di palese violazione della libertà e della dignità umana, come nel 2001 allorquando proprio la Pfizer fu coinvolta nella cosiddetta “controversia di Kano” con l’accusa di aver condotto sperimentazioni farmacologiche su ben 200 bambini nigeriani – causandone perfino la morte – senza il consenso del Governo nigeriano né dei genitori, pagando infine un risarcimento di 75 milioni di dollari. Ancora nel 2019 presso Poitiers, in Francia, si è scoperta una sperimentazione “clandestina” su ben 350 anziani pazienti affetti da Parkinson e Alzheimer su cui si è aperta una inchiesta ancora in corso.
Alla luce di tutto ciò emerge con chiarezza che l’utilizzo di esseri umani – senza il loro consenso – ai fini della ricerca scientifica è stato ed è ancora oggi, purtroppo, una realtà concreta sintomo di quella parte del mondo scientifico che reputa la scienza al di là del bene e del male, svincolata da ogni limite etico e da ogni regolamentazione giuridica. In questo senso, invece di gridare al complotto, o di accusare di complottismo chiunque mostri la doverosa cautela, sarebbe bene prestare attenzione al passato per evitare che nel presente e nel futuro possano ripetersi analoghe tristi vicende. Proprio perché la dignità umana, in virtù della sua universalità ultra-temporale, può essere violata sempre e in qualunque momento, specialmente quando ci si trova dinnanzi casi di emergenza in cui i controlli ordinari possono essere omessi, o dinnanzi a ingenti interessi economico-industriali che possono indurre a praticare scorciatoie di minor tutela dei diritti fondamentali, come il diritto alla salute e, soprattutto, il diritto alla verità.
di Aldo Rocco Vitale