In memoria di Arturo Diaconale

lunedì 21 dicembre 2020


Si è spento da quasi un mese Arturo Diaconale, grande giornalista, autentico spirito liberale e sincero garantista. Mi venne presentato nel 1994, quasi al culmine dell’imperversare della stagione di “Mani pulite”, da Mauro Mellini, il vero maître à penser delle problematiche sulla giustizia di estrazione radicale, indomito polemista “costruttivo”, venuto a mancare anche lui quest’anno in Roma (5 luglio). Rimasi colpito dal tratto affabile, dalla propensione all’ascolto e alla conversazione stimolante, in Uomo raffinato e dotato di sensibilità per la malagiustizia e le degenerazioni del circuito mediatico-giudiziario. Forse l’empatia creatasi da subito può rintracciarsi nelle comuni origini picene (inteso il Piceno in senso lato, da Osimo ad Atri, ai tempi della legione romana), in quanto Arturo era nato a Montorio al Vomano (Teramo), io a Roma da genitori provenienti da litorale della provincia di Ascoli Piceno. In uno dei nostri primi incontri, Egli mi fece dono del suo saggio Tecnica postmoderna del colpo di Stato”; indi nel dicembre ’95 ospitò in terza pagina di codesto quotidiano magistralmente diretto la recensione fiume “La Repubblica delle manette”, a firma del senatore Agostino Viviani al primo romanzo autobiografico a sfondo giudiziario paterno “L’Incarcerato di Montacuto” (Spirali/Vel Milano, 1995). Da allora siamo rimasti in contatto ed abbiamo organizzato diversi incontri di presentazione dei libri di Mauro Mellini, in particolare “La fabbrica degli errori. Breviario di patologia giudiziaria” e “Il Partito dei Magistrati”, in varie località delle Marche, con la partecipazione di Autorità accademiche e politici del calibro dell’onorevole Emanuele Macaluso, allora direttore di Rinascita e che aveva condiviso con Mellini, l’amicizia ed il confronto culturale col deputato Leonardo Sciascia, eletto nelle liste del Partito Radicale.

Arturo è stato uno dei pochi intellettuali che ha affrontato di petto il tema cruciale per lo Stato di diritto e la funzione dell’opinione pubblica, circa l’ambiguo rapporto ed il perverso intreccio tra il mondo dei giudici (specie magistrati inquirenti) e quello dell’informazione, in tutte le sue declinazioni. Lo sconcio del velato silenzio sulle impunità di piccoli e grandi magistrati, la violazione del segreto istruttorio, l’abuso della carcerazione preventiva, il fenomeno barbaro dei processi a furor di popolo, l’ansia di legittimazione mediatica degli attori processuali, la continua “provocatio ad populum” effettuata da certi giudici per acquisire consenso e notorietà. Son passati oltre 20 giorni dalla morte e numerosissimi son stati gli articoli di commiato e ritratto di Diaconale, Uomo e giornalista: tra i tanti voglio ricordare quello di Tiziana Maiolo, apparso giovedì 3 dicembre su “Il Riformista”, in quanto calibrato sulla  sua figura di autentico garantista, che lo spinse a fondare il Tribunale Dreyfus per le vittime della malagiustizia; non solo per non desistere dal gridare il proprio “J’accuse” all’indirizzo degli errori giudiziari, ma pure nel collegare le degenerazioni della giustizia nel nostro Paese soffocato da un’invadente burocrazia, al ristagno e soffocamento delle libertà economiche; in breve per stigmatizzare che dalla stagflazione socio-istituzionale non siamo mai riusciti ad uscire.

Giornalista dal tratto garbato, uomo colto e coraggioso – elemento di incisiva moderazione anche in ambiti difficili (Consiglio d’amministrazione Rai dal 2015 al 2018), Arturo lascia un vuoto nel panorama giornalistico italiano, Penso che Egli avrebbe desiderato come tutti gli spiriti liberi, che si spendono spassionatamente per battaglie, che le proprie idealità continuassero a fare discutere dopo  scomparsa dalla scena terrena, ove ha recitato egregiamente una parte insostituibile.


di Jacopo Severo Bartolomei