Caro Covid, scialla!

venerdì 18 dicembre 2020


Il tempo delle mele sembra un tempo lontanissimo rispetto al tempo pandemico. Tempo pandemico che racconta la storia di giovani chiusi in casa, senza poter frequentare la scuola, senza poter avere contatti relazionali, senza il sapore e l’odore del sesso e immersi nel magico vortice della realtà virtuale. “Il tempo delle mele”, “Scialla”, “Scoprendo Forrester” sono solo alcuni titoli di film che raccontano l’adolescenza, quella fase della vita che, come scrive Jacques Drillon, è “dominata dal desiderio di essere contemporaneamente come tutti gli altri e come nessun altro”. Come nessuno prima di loro ha vissuto l’adolescenza come la stanno vivendo gli adolescenti del 2020. I brufoli segnano il viso, gli ormoni dettano le leggi fisiche, la confusione identitaria domina la mente ma la voglia di scoprire e di scoprirsi rimane legata all’immaginario e alla realtà virtuale e l’irrequietezza e la paura la fanno da padrone. Se l’adolescenza trova la sua massima espressione all’interno del gruppo dei pari, l’adolescente 2020 ne soffre la mancanza e non riesce a sperimentare il tutti per uno e l’uno per tutti, se non nel condividere una forzata domiciliazione. Tutti uguali ma tanto diversi: stesse scarpe, maglioni, borse, tutto deve essere esageratamente riconoscibile come elemento di appartenenza, taglio di capelli, colore del trucco, tipo di orologio e categoria musicale da ascoltare. Segni intangibili di un’appartenenza che le distingue da altre categorie (bambini, adulti), segni che testimoniano la voglia di definirsi e definire il gruppo a cui si appartiene, il bisogno di identità, di confine, di definizione. Definizione che oggi è delegata alle foto, ai video, alle storie e ai like. Non c’ è contatto, profumo, sguardo, non c’è l’essere presente nel luogo dello scambio e della contaminazione. Tutto è virtualmente falsato e la frustrazione cresce.

Cresce la voglia di fare qualcosa per rompere la gabbia del buon senso, della distanza sociale, del gioco delle belle statuine, delle regole anti Covid. Cresce la voglia di fare, di tornare ad essere adolescenti in preda alle pulsioni, alla voglia di trasgressione, alle notti in cui a segnare l’orologio è il battito di un cuore in preda al primo innamoramento. Cresce il bisogno di stare insieme nel bene e nel male, cresce la voglia di riunirsi, di sentire, di provare emozioni corporali. Cresce la voglia di uscire fuori dalla paura ed è subito contatto, gruppo, rissa, dolore, vita. Vita che ha bisogno di agnelli immolati che non ce la fanno più a tenere a bada la vita e ad assecondare la morte. Morte di una società che non li ha saputi proteggere, che non dà certezze, che confonde, che immobilizza. Morte di una società che è capace di dare solo ordini, di offrire banchi con le rotelle per rimanere fermi, di non ascoltare il bisogno di chi sta vedendo andar via sotto i propri occhi l’età più bella.

L’età in cui si sperimenta la forza del cambiamento attraverso la sfida alla paura, alla confusione, ai dubbi, alle incertezze. Incertezze che oggi trovano eco nelle piazze attraverso la manifestazione aggressiva che diventa parola taciuta, parola ignorata. Quante volte questa società ha ignorato la responsabilità verso le nuove generazioni. Nuove generazioni che oggi più che mai avrebbero bisogno di essere ascoltate, guidate, rassicurate. Rassicurate di poter vivere liberamente l’impeto vitale del tempo delle mele che grida forte “Scialla” e utilizza le piazze per mostrare al mondo quanto è bello essere tutti diversamente uguali e a ballare il reggaeton.

(*) Psicoanalista Docente Universitario di Psicologia Generale


di Maura Ianni (*)