La dedica ad Arturo

mercoledì 16 dicembre 2020


È morto il mio grande amico Arturo Diaconale, direttore dell’Opinione. Grande liberale italiano cui avevo appena finito di dedicare, ancora in vita, il libro “La nostra Europa. Amiamo l’Europa, odiamo l’Europa franco-tedesca”. Arturo è stato, era ed è un grande liberale di centrodestra. La pensava, e soprattutto scriveva quello che diciamo noi liberali moderati. Era, è stato ed è un amico sincero e carissimo con me. Senza Arturo, in Italia, i tempi si annunciano bui, neri, per tutto intero il pensiero e le convinzioni del liberalismo democratico di centrodestra. Oltre al dolore immenso per la mancanza dell’amico caro e sincero, autentico e leale, voglio dire due parole sulla persona che oggi non esiste più. Esiste, tuttavia, la sua energia, tra noi.

Arturo Diaconale ha sempre preso il suo e – da quando ci conosciamo – il mio “rischio”, non ha mai esitato. Io “esisto” come scrittore perché Arturo ha rischiato sempre con me, e per me. Era con me. Dalla mia parte liberale, dalla sua parte liberale, dalla nostra parte liberale. Certo, aveva le spalle grandi, aveva arte e maestrìa, competenza, una grande capacità professionale che corrispondeva al suo pensiero lucido e volitivo, ma il coraggio delle idee, delle proprie idee, del pensiero liberale in Italia, non lo impari se non lo hai dentro te stesso. Si è codardi, ipocriti, falsi e sleali per nascita. Allo stesso modo si nasce coraggiosi, capaci, intelligenti, presenti e vividi, come è stato Arturo, dal momento in cui fai la tua entrata in questo mondo. Il coraggio e la lealtà non si imparano, si hanno. Arturo era coraggiosissimo, autentico, leale, dava e alimentava fiducia. Essendoci, sempre. Idee chiare. Lealtà. Capacità e fiera volontà. Sono stati - tutti - il cocktail imbattibile di Arturo Diaconale liberale.

Si rischia, in Italia, ad avere idee – corrette e chiare – liberali. Il nostro Paese sembra avere cresciuto tutti adusi alla menzogna, e nella menzogna. Al nascondiglio, al salva te stesso. Arturo dava spazio. Creava lo spazio per fare crescere le personalità coraggiose e leali, come lui. Politiche. Con i miei scritti, ho “vagabondato” sempre alla ricerca non solo della loro giusta collocazione, ma anche e soprattutto perché trovassero spazio. Lo “spazio” per pubblicare è molto poco per chi sia e voglia continuare ad essere libero, oltre che liberale. La ricchezza di un Paese si misura dalla molteplicità di voci. L’Italia è muta. Chi esponga un pensiero diverso e non “regimentalizzato” – oggi comunista progressista”, ieri fascista socialista”, domani auspicabilmente liberale capitalista occidentale – viene perseguito e presto perseguitato, si fa in modo che cessi, con le buone la dissuasione per non essere impediti a lavorare, e più spesso con le cattive, ti tolgono il lavoro così “impari” e ti dai una “regolata”. Insomma, è molto difficile potere pensare e potere continuare a pensare e scrivere quello che pensi. Addirittura, vieni “castrato” in processi civili e penali, amministrativi. Tu scrivi? Ed io ti perseguo penalmente per quello che dici perché non rientra nel pensiero comune. L’Italia, senza Arturo, oggi, detto con il cuore in mano, sarebbe meglio che chiudesse le serrande, perché è già finita. Perché non c’è più neanche chi lo gridi come si deve. Con Arturo, qui, siamo morti ed abbiamo chiuso tutti. Ecco perché Arturo era importante.

Detto questo, il pensiero liberale prosegue. In qualche modo, negli interstizi, tra le pieghe di un racconto falso e sbagliato, scorretto. Ecco quindi una ennesima, la mia ennesima composizione dei giorni che si sono susseguiti sin qui, in Italia, senza liberalismo. Anzi, con una sempre più opprimente tendenza alla costrizione e alla soppressione delle regole costituzionali, mezzo per limitare prima, e subito dopo cancellare la nostra libertà. Questo scritto è l’urlo giornaliero contro l’illiberalità in Italia. E, anche, i modi per rientrare nella nostra libertà. Cioè, applicando le regole che sono a fondamento della nostra comunità e collettività. L’Europa oggi franco-tedesca è fuori strada, è sbagliata. Va riformata. L’Italia, il nostro Paese, può e deve avviare e scrivere, dettare, la sua riforma prima che, come la Grecia, l’asse franco-tedesco ci faccia fuori. E lo farà, se non agiamo con prontezza. Per fare ciò, l’Italia deve rientrare nella Costituzione italiana, applicarla, e darsi Governi e Parlamenti parimenti eletti dagli italiani. Solo così, cioè solo ed unicamente attuando ciò che è scritto e stabilito nella Carta fondamentale, gli italiani – noi tutti – potranno riemergere economicamente, politicamente e socialmente, e raddrizzare le cose in Europa. L’Italia ama l’Europa, la nostra Europa, noi tutti odiamo l’Europa sbagliata quella attuale, franco-tedesca.

 


di Francesca Romana Fantetti