lunedì 16 novembre 2020
La “storia” dei monopattini è diventata, com’era prevedibile, arma di contesa fra schieramenti politici. “Che bella idea, abbiamo avuto!” vantano dal Governo. “Che mossa infelice!” ribattono dall’opposizione. La cosa che li accomuna tutti, però, è ancora una volta il modo di affrontare qualsiasi argomento con una cronica ignoranza sui contenuti tecnici: si deliberano decreti importanti con lo stesso immaginario della gente comune. I numerosi incidenti avvenuti, da un lato, e alcuni articoli di cronaca, dall’altro, hanno però costretto a riconsiderare la materia ma, a nostro avviso, senza centrare affatto i due problemi emersi: quello del finanziamento pubblico e quello della sicurezza. Sul finanziamento si sarebbe potuto prevedere, semplicemente considerando il comportamento sociale di molti italiani (siamo generosi dicendo “molti”) che il privilegio di un finanziamento del 60 per cento, se non sfruttato personalmente, si sarebbe rivenduto: e così pare abbia fatto una quantità sorprendente di “malfattori per un giorno”. Inoltre, abbiamo constatato di persona, nella totalità dei casi incontrati, presso i piccoli rivenditori come nei centri commerciali, come gli acquirenti delle bici finanziate dallo Stato siano tutt’altro che indigenti. Forse sarebbe stato preferibile, volendo promuovere i mezzi ecologici, fare delle semplici pubblicità-progresso invece di sponsorizzare improbabili utenti non bisognosi, e dare invece quei soldi a chi ne aveva davvero necessità, specialmente di questi tempi. Sulla sicurezza, che andava valutata con qualche consulenza appropriata prima di lanciare la proposta, si sta provando a correggere il tiro con nuove idee, ancora sbagliate: diminuire il numero delle società distributrici dei noleggi ridurrà forse in proporzione il numero degli incidenti ma non li eliminerà di certo. Ugualmente, parzializzare i luoghi di utilizzo servirà solo a spostare i sinistri altrove.
Non hanno pensato, al Governo (e forse non serviva nemmeno grandi tecnici) che i monopattini sono stati inventati per velocizzare leggermente la camminata, spingendo con un piede l’asfalto per creare una piccola inerzia del mezzo e con quella risparmiare le proprie energie. Il monopattino elettrico avrebbe dovuto migliorare il concetto, non stravolgerlo! Invece questi attrezzi sono stati promossi a livello di alternativa alle biciclette elettriche! È una bestialità! Hanno ruote piccole che rendono difficili le manovre di emergenza e la frenata, non hanno la massa che deve avere un veicolo che trasporta un uomo e questo, unito alla mancanza dell’effetto giroscopico delle ruote minute, espone il corpo a cadere facilmente e diventare la carrozzeria di sé stesso, non essendoci niente altro a proteggerlo. Non sappiamo cosa spinga tante persone, a volte nemmeno così giovani, a credere che il monopattino che inforcano sia la Ducati Desmosedici Gp di Andrea Dovizioso.
Eliminarli, quindi? No. L’unica cosa da fare (e che andava fatta subito perché ora sarà difficile farla digerire) è limitarne per legge la velocità a 10 chilometri orari, poco più di un passo veloce. In questo modo andrebbe bene tutto: usarli senza casco, tollerarli sui marciapiedi grandi, nelle isole pedonali e anche in centro, perché i loro utenti sarebbero solo dei pedoni stanchi di camminare e non dei potenziali pericoli pubblici, stanchi degli altri pedoni e a volte stanchi proprio di vivere.
di Maurizio Oliviero