lunedì 5 ottobre 2020
Affrontiamo ancora la questione della paura. Così presente in questo tempo e così mal celata fra i nostri amici e concittadini. A questo tema ha dato un importante contributo letterario Luigi Pirandello che lo affronta, anche con sottile e macabra ironia, con tre novelle: La Paura, La paura di essere felice e La paura del sonno.
Nella novella La paura di essere felice, il protagonista Feroni sembra destinato ad essere ricoverato in ospedale, ma in realtà sarà sequestrato nel tentativo di proteggere se stesso e gli altri dal male. Il Feroni viene ritenuto pazzo perché sembra aver perso la propria capacità di ragionare. Nella storia c’è un mescolarsi di emozioni, in particolare la tristezza e la paura. Nelle pagine finali della novella appare preponderante nel lettore il sentimento di tristezza per Feroni. Ma il lettore è portato a sperimentare anche un senso di paura per la propria sicurezza.
Un altro grande autore siciliano si è soffermato ad indagare la paura.
Secondo Leonardo Sciascia, nel suo penultimo romanzo Il cavaliere e la morte, la sicurezza del potere si fonda sulla insicurezza dei cittadini. Il protagonista di questo romanzo è un commissario di polizia. Un antesignano di Montalbano a riprova che in Sicilia tutto è collegato, anche quello che non appare. Il nome del commissario è semplicemente Vice. Un commissario gravemente malato, chiamato a rappresentare se stesso come un sostituto di qualcosa che forse potrebbe non esistere nel vivere quotidiano, un sostituto teso a supplire una realtà ormai scomparsa, ovvero una realtà amplificata fino ad assumere contorni che trascendono dalla realtà. Secondo il pensiero del protagonista, il diavolo è diventato superfluo perché gli uomini sanno praticare il male e procurare la morte a se stessi e agli altri senza bisogno di tentazioni mediate da entità maligne.
Anche la cronaca più recente con gli omicidi di quattro giovani, Filippo, Willy, Daniele ed Eleonora, ci dimostra che il male riesce ad albergare nell’essere umano fino a diventare elemento caratterizzante della vita, ad impregnare in maniera mefitica ogni atto, fino ad esplodere nella violenza bruta, brutta ed incontrollata del carnefice che è tale solo in presenza della vittima che diventa semplice corollario del proprio narcisismo incontrollato.
Leggiamo cosa pensano questi sapienti ospiti della paura e del potere che essa esercita su di noi:
Rocco Buttiglione, politico, saggista e accademico
Non vedo questa come l’età della paura, piuttosto come l’età del panem et circenses. Si cerca di addormentare la coscienza della gente dandole la possibilità di soddisfare i suoi bisogni materiali in cambio della rinuncia a pensare. Anche per avere paura bisogna pensare un po’. Vedo rabbia più che paura e ce n’è tanta, perché la gente vorrebbe essere ma non sa come fare, non sa da che parte cominciare per essere se stessa. Non mi pare che il potere di oggi usi tanto la paura, usa più la corruzione, quello sì. Questo riguarda tutti i Paesi dell’Occidente in decadenza. Dove ci sono grandi passioni ci sono grandi lotte e quindi grandi paure. Gli Stati Uniti però sono diversi da noi. Donald Trump punta a vincere proprio con la paura. Ma non se l’è inventata lui, è stata l’incapacità dei democratici di gestire il Black Lives Matter. Anche il buon democratico, quando gli bruciano la macchina sotto casa, si arrabbia.
Moni Ovadia, scrittore, attore, musicista
Dipende qual è la formazione di una persona. Le persone che non hanno una struttura educativa che le porta verso l’esercizio di pensare criticamente ad ogni situazione, sono totalmente agite dalla paura, che allora in questo caso diventa un instrumentum regni nelle mani di un potere, in particolare un potere tirannico. Accettare la paura fa guadagnare consensi. La paura è un sentimento primario che ci protegge anche dal farci del male, dal regolare certi comportamenti. Se non la si affronta, si subisce e provoca grandi disastri. Al contrario, se la si affronta può diventare una grande spinta a reagire. Quelli che passano per eroi non sono persone che non hanno paura ma persone che vanno incontro alla paura col proposito di avere un’uscita diversa semplicemente dal subirla. Io ho conosciuto Fausto De Stefani, un alpinista, uno dei pochi uomini al mondo, solo o sei o sette, che hanno affrontato tutte le vette più alte della Terra. Non è che non avesse paura, ma la paura andava incontrata per essere superata, ed era la stessa ragione di moltissimi eroi che sono andati incontro alla paura, qualsiasi cosa facessero. Non è che quelli che si sono impegnati durante la Seconda guerra mondiale per salvare gli ebrei, gli antifascisti, non avessero paura, ma c’era qualcosa di più forte e allora affrontavano tutto con il coraggio e con la tenacia e la consapevolezza che la paura non può farti accettare comportamenti terribili e contrari alla tua natura. Ma questo dipende dall’educazione che hai ricevuto, da come l’educazione ha esercitato la sua funzione su di te. Ho passato tutta la mia vita nella militanza per i diritti e certe volte ho avuto paura, ma non ho potuto rinunciare ad essere quello che ero. Invece quando la paura diventa instrumentum regni, come disse Hermann Göring nel processo di Norimberga, perché un contadino della Slesia, un marinaio o un operaio di Amburgo dovevano andare a rischiare la vita e dovevano fargli credere che c’erano i nemici alle porte che avrebbero distrutto la Germania, che l’avrebbero asservita, allora la paura di questo nemico ha mosso molti, consapevoli di aderire ad un regime di criminali. Allora bisogna diffidare della paura e accettarla, perché la paura fa parte della vita, ma bisogna elaborare la relazione con la paura.
Lucia Borsellino, dirigente della Regione siciliana, ex assessore regionale alla Sanità
Ma di cosa in effetti si ha paura: di ammalarsi? Di perdere il lavoro? Di morire? Quali pensieri invadono la nostra mente nei momenti in cui ci si sofferma sulle probabilità, anche se non ravvicinate, che gli oggetti delle nostre paure possano determinarsi? Avere paura è una condizione umana con la quale sicuramente ciascuno ha convissuto e convive, che deve rendere svegli ma non ciechi. Si pensi ai pazienti non Covid che hanno ritardato i controlli o l’accesso alle cure, che rischiano o hanno già avuto un aggravamento della patologia e oggi si trovano a combattere anche le conseguenze di questo ritardo. Quando l’unica strategia per migliorare gli esiti delle cure di alcune patologie altrettanto severe è la prevenzione e la costanza dei controlli, la paura dell’attesa non è meno rilevante di altre paure. Non ci si ammala solo di Covid ma anche per altro che non sia Covid e che, sotto il cielo della pandemia, ha assunto carattere secondario.
Eduardo Vartevanian, imprenditore della carne
La salute è il mio tallone d’Achille. Ma ho frequentato l’Accademia militare da ragazzo in Argentina e lì abbiamo lavorato molto sulla paura. Ricordo come se fosse ieri che la prima cosa che ci hanno detto all’ingresso è stata: “Qui si educa a non aver paura”. I sistemi ovviamente non posso raccontarli, eravamo giovani, io avevo dodici anni. Posso solo dire che se qualcuno invocava la mamma o se scappava una lacrima veniva buttato fuori. Ma tutto sommato resterà il periodo più bello della mia vita, sei anni stupendi. Il quarto e il quinto anno l’ho trascorso in Belgio alla Scuola di paracadutismo e questo timore di non aver mai sperimentato il vuoto, l’altezza, si è superato senza grossi traumi grazie a questa esperienza. In generale penso che chiunque arrivi a governare o ad una condizione al vertice si approfitti facilmente imponendo, attraverso la paura, il suo agire politico. Oggi più che mai. Le dittature imponevano in modo brutale e senza nessun tipo di artificio, ora nel mondo lo fanno con una disponibilità più mascherata e subdola. Le formule oggi sono più sofisticate e disorientano maggiormente. Non serve necessariamente lo stato d’assedio. Basta guardare la Russia, il Brasile, la Turchia, esempi chiari di come si governa con la paura. Bisognerebbe che ci si rendesse conto che la volontà del politico non dovrebbe condizionare il proprio libero arbitrio. La massa, purtroppo, si riduce alla rassegnazione di ciò che gli viene imposto.
Stefano Bisi, giornalista, scrittore e Gran maestro del Grande Oriente d’Italia
“Ho imparato che il coraggio non è l’assenza di paura, ma la vittoria su di essa. L’uomo coraggioso non è quello che non è intimorito, ma è colui che conquista la sua paura”.
In questa profonda e bella riflessione di Nelson Mandela è indicata la giusta distanza tra il coraggio e la paura e al tempo stesso la via da seguire per cercare di tenerla sotto controllo e di sconfiggerla. Una paura che, dalla notte dei tempi, l’uomo ha sempre dentro di sé ma che può riuscire a controllare, e dominare. E per far questo è il coraggio che deve prevalere, quel sentimento che viene dal cuore, dalla parola latina cor-agere, che significa agire con il cuore. Avere coraggio è quindi l’opportunità di mettersi in ascolto del cuore, capire cosa vuole e trovare proprio lì la forza per agire. Ecco la via aurea che ci fa superare la paura e ci fa affrontare il domani con ottimismo. Costruire il domani. Senza pensare alla fatica di ogni giorno, come i costruttori delle cattedrali medievali che mattone dopo mattone edificarono grandi opere. Noi, come loro, non abbiamo paura delle altezze e non pensiamo alle fatiche quotidiane ma alla costruzione della Grande Opera. Oggi sono tante le cose che fanno paura agli uomini in un mondo alle prese con una drammatica pandemia che ha cambiato le nostre abitudini, abbassato le certezze e ci ha fatto comprendere la fragilità della nostra esistenza. Oggi c’è paura per la propria salute, per il lavoro, per il futuro dei propri figli. C’è paura di affrontare chi è diverso da noi per cultura, religione e colore della pelle. C’è persino paura ad esprimere un’opinione in piena libertà. Assistiamo poi con comprensibile angoscia all’espandersi di un egoismo sfrenato e all’abbassamento dei valori interiori che hanno costituito il fulcro della filosofia occidentale e hanno portato l’uomo a migliorarsi ed elevarsi partendo dal motto delfico “Conosci te stesso”. In questi tempi c’è poca voglia e forse la paura di conoscere se stessi e prevale un’altra forma di paura: quella di non farcela ad arrivare primi, a ottenere vantaggi materiali senza pensare alle sofferenze e aspettative altrui. Resta in tutti noi la paura per certi instabili equilibri politici internazionali, per il riecheggiare di fanatismi e pericolosi sovranismi. Ma di fronte a scenari incerti e preoccupanti non bisogna avere paura ma trovare il coraggio di cui parlava Mandela per vivere tutti in pace. Possiamo e dobbiamo essere uniti nelle molteplici diversità. Senza alcuna paura. È seminando con coraggio i principi di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza che si può sperare di costruire con bellezza un’Umanità e un mondo migliore.
@vanessaseffer
di Vanessa Seffer