venerdì 25 settembre 2020
Era il momento di più alto fulgore di quella cometa che fu Michelangelo Merisi da Caravaggio quando i suoi dipinti suscitarono ampio scandalo, contravvenendo alle regole iconiche del suo tempo, poiché egli aveva osato raffigurare la Vergine Maria, la Madre di Dio, dapprima con in braccio suo figlio Gesù il Salvatore e dopo come morta, utilizzando per modella una sua amante, Maddalena, Lena, che notoriamente svolgeva l’attività di prostituta prima e di un’altra sua collega, ritrovata a galleggiare sulle acque del Tevere per la seconda. Maddalena Antonietti, Lena per i clienti, fece da modella anche per la Maria Maddalena in estasi oltre che per la Madonna dei pellegrini, è definita dalle fonti coeve come la “donna di Caravaggio”, il che lascia immaginare che tra lei ed il pittore lombardo ci fosse una relazione sentimentale. Ma Lena sposò il notaio pontificio Mariano Pasqualoni dal quale ebbe un figlio, che venne utilizzato come modello per dipingere il Bambin Gesù nella Madonna dei pellegrini e fu proprio a causa di lei che Caravaggio una sera aggredì il notaio, colpendolo alla testa con l’elsa della spada. Per questo, sebbene senza reali prove contro di lui, l’artista dovette rifugiarsi per qualche tempo nella Repubblica di Genova, sempre tutelato dal suo patrono, l’influente cardinal Francesco Maria del Monte.
Era la Controriforma, la mano della Chiesa voluta da Sisto V e dai suoi successori calava pesante anche sugli artisti, erano ormai trascorsi i tempi lieti del Rinascimento, oscure nubi andavano sempre più addensandosi sulla libertà artistica, eppure, nonostante tutto questo, Caravaggio divenne per pochi anni l’astro più splendente del firmamento dove rilucevano Guido Reni e il Cavalier d’Arpino. Insomma, questo per dire che quattrocento anni fa circa, l’utilizzo – peraltro frequente da secoli – di una donna pubblica come modella per un soggetto sacro, suscitava scandalo soltanto se essa veniva riconosciuta in tali vesti. Forse nessuno ricorda Giulia Farnese sempre dipinta come la Madonna?
Oggi però non siamo su tale livello e assistiamo alla triste e intristente raffigurazione – non certo d’un epigono di Caravaggio né di altri grandi – che ci mostra la nota influencer Chiara Ferragni nelle cerulee vesti proprio di Nostra Signora, sulle pagine di Vanity Fair. Provocazione? Francamente, personalmente ritengo che questa motivazione che sin troppo spesso viene addotta, la “provocazione” sia essa artistica, culturale o intellettuale, mi ha stancato e mi è venuta a noia. La trovo una scusa puerile e banale per mascherare soltanto una profonda mancanza d’idee e di originalità alla quale si sopperisce con la volgarità e la mancanza di rispetto, che spesso oltrepassa anche i confini del buon gusto.
Oggi, contrariamente a quanto avveniva nella Roma pontificia del primo Seicento, ogni cosa è lecita, perché ci vantiamo di vivere in una società moderna e libera, democratica, fluida, multiculturale, ovviamente questo quando si tratta di riferirsi alla religione cristiana che – essendo terminato il potere temporale pontificio – non ha più a propria disposizioni i crudeli mezzi coercitivi e punitivi del passato. In breve, a prendersi gioco del Cristianesimo oggi non si rischia più l’attanagliamento delle carni, lo smembramento, lo squartamento, la decapitazione e il rogo con seguente spargimento delle ceneri nel biondo Tevere. Facile farlo oggi, un po’ meno ai tempi di Caravaggio. Ma si sa che ogni tempo ha i coraggiosi che merita.
Dicevo che Chiara Ferragni è stata dunque raffigurata “nei panni di una moderna Madonna con bambino dipinta da Giovane Battista Salvi detto il Sassoferrato” da Francesco Vezzoli, al quale auguro naturalmente di passare alla storia, ricordato per sempre per questa sua opera, sapendo per certo che altri verranno a seguire il solco già tracciato di continue “provocazioni” artistiche, tutelati dalla libertà di pensiero che è il vanto di un Occidente dimentico della sacralità delle proprie tradizioni, e pertanto dove tutto è lecito in una crescente farsa che nasconde la più cupa delle dittature, quella del “pensiero unico”; ma mentre lentamente un’intera popolazione ignara e troppo spesso ignava, affonda in questo sargasso dove l’ignoranza e la trivialità si ergono sovrane, poche – o nessuna a volte – voci si levano a gridare, in un assordante mutismo, in un colpevole silenzio che ammanta, pesante come il piombo, l’anima di coloro che dovrebbero dare testimonianza in un mondo che muore.
di Dalmazio Frau