mercoledì 29 luglio 2020
Visitare i pazienti attraverso un video, per evitare la diffusione dei virus come il Covid-19, per aiutare ad eliminare le liste di attesa e ridurre gli accessi al Pronto soccorso e i ricoveri impropri, per raggiungere i pazienti più lontani, quelli che hanno difficoltà a deambulare, a muoversi in maniera autonoma, sembra essere lo scopo della telemedicina. Ci sono apparecchiature che fanno un elettrocardiogramma da lontano e forniscono al medico il risultato in tempo utile. Ma tutte le visite mediche a distanza sono efficaci? Fornire assistenza medica quando serve non dovrebbe essere un sogno ma una realtà. Ma gestire il paziente da remoto in modo sicuro e protetto è davvero “sicuro” quando si tratta di dover fare qualunque tipo di diagnosi che non sia di carattere psicologico o un’azione di monitoraggio di un paziente, o di utilità per la compagnia degli anziani, o di supporto per i disabili? Ne parliamo con il dottor Luciano Cifaldi, primario oncologo e segretario Cisl medici Lazio.
Quando può essere d’aiuto e in che circostanze la telemedicina?
Il termine telemedicina identifica un variegato insieme di opportunità che l’ammodernamento tecnologico mette a disposizione dei cittadini e dei malati. Ad esempio è telemedicina il consulto con la trasmissione a distanza di immagini TC da presidi ospedalieri privi di guardia medica radiologica verso ospedali di riferimento con la possibilità di una diagnosi altrimenti più difficile da ottenere. Pensiamo alle difficoltà operative nei piccoli presidi di montagna o nei presidi sanitari ubicati nelle piccole isole quali quelle pontine. È telemedicina la trasmissione dell’Ecg eseguito a bordo di un ambulanza diretta verso l’ospedale. La lettura dell’elettrocardiogramma da parte dello specialista cardiologo ospedaliero può consentire al paziente di non passare attraverso il pronto soccorso per essere direttamente accompagnato in una sala di emodinamica dove in caso di infarto è possibile procedere ad intervento di rivascolarizzazione.
Può effettivamente una visita medica essere sostituita dal sistema telematico?
La visita medica è un atto complesso e inizia con la raccolta della storia clinica del paziente, la cosiddetta anamnesi che almeno per i medici della mia generazione resta un primo atto insostituibile. Prosegue poi ad esempio con l’esame obiettivo, l’auscultazione del torace, la palpazione dell’addome. Confesso che ho sempre avuto grande difficoltà quando ho provato a mettere il fonendoscopio sullo schermo di un personal computer per ascoltarne il battito.
Che tipo di diagnosi si possono fare con la telemedicina?
Personalmente ritengo che la diagnosi non sia una deduzione che si possa ricavare dalla semplice visione di referti, analisi, immagini. La diagnosi si inserisce all’interno di un processo dinamico che comporta una elevata sensibilità e particolare delicatezza specialmente in quelle patologie, spesso a prognosi infausta, dove il sapere del medico non può manifestarsi nella semplice comunicazione di una malattia e di una o più opzioni terapeutiche. C’è la necessità di interagire, di comprendere cosa il paziente ed i familiari hanno realmente compreso di quanto è stato detto. C’è necessità di verificare se c’è consapevolezza della malattia. C’è necessità di capire cosa gli altri hanno realmente capito. E non è un gioco di parole. Ci siamo riempiti la testa di parole come compliance, di concetti quali l’empatia, di tecniche di comunicazione verbale e non, ed ora affidiamo il momento dialogativo al filtro del freddo schermo di un computer? E badi bene, in tutto questo non ho voluto di proposito fare riferimento alla possibile insorgenza di problematiche medico legali che tuttavia esistono e sono sempre incombenti.
L’art. 24 del Codice di deontologia medica recita: “Il medico è tenuto a rilasciare al cittadino certificazioni relative al suo stato di salute che attestino dati clinici direttamente constatati e/o oggettivamente documentati”. Quindi il medico non può rilasciare delle certificazioni, qualora non avesse constatato di persona i fatti, perché a seconda delle situazioni ci potrebbero essere delle ripercussioni sul professionista e il paziente si potrebbe rivalere su di lui.
Il Codice di deontologia medica, insieme alla pratica clinica quotidiana, ai testi di medicina, e mi permetta insieme anche ai Codici civile e penale, dovrebbe essere la stella polare di riferimento per chi esercita la professione di medico chirurgo. Prima ancora della ipotesi di rivalsa di un paziente nei nostri confronti dovremmo seriamente interrogarci sul reale significato dell’atto medico la cui insostituibilità parte dalla visita medica per approdare alla diagnosi, alla terapia e alle successive certificazioni comprese quelle aventi lo scopo di fare ottenere al paziente eventuali benefici di legge. Ormai col personal computer e col telefonino abbiamo perso la capacità di fare anche le più semplici operazioni aritmetiche. Andando avanti di questo passo a farla da padrone sarà l’autodiagnosi magari col supporto del dottor Google. E saranno guai seri non certo per la mia categoria di camici bianchi ma per le troppe persone non capaci di filtrare in maniera adeguata l’impressionante quantità di informazioni, e di bufale, presenti sulla rete. Se questo è il futuro che ci aspetta allora il nostro Codice di deontologia può svolgere una funzione salvifica. Altrimenti si salvi chi può.
@vanessaseffer
di Vanessa Seffer