mercoledì 22 luglio 2020
Io sono da sempre un fautore – e convinto assertore – del fatto che in questo Paese vada soppresso il valore legale del titolo di studio, ma vorrei anche che ad insegnare venissero chiamati i capaci a farlo e non gli incompetenti. Insomma, per insegnare lettere, non soltanto devi dimostrarmi di essere capace a svolgere la funzione, non certo facile, di un docente, ma soprattutto che tu sappia scrivere in italiano corretto, che hai una cultura letteraria reale, magari che tu abbia anche scritto saggi, romanzi, pubblicati non a proprie spese. Lo stesso vorrei per l’arte, perché magari esistono (ed esistono) persone molto più brave a dipingere, a scolpire o comunque più dotte in materie artistiche, di tanti diplomati all’Accademia, e infine ma non ultimo ciò vale anche (sebbene in misura minore), per i Conservatori.
Certo, con queste mie affermazioni, di farmi ancora una volta nuovi nemici, e di conseguenza infischiandomene bellamente come mio solito, nella speranza di vedere un giorno scomparire definitivamente qualsiasi “dott.” (prof. grand’uff. lup. mann.) davanti ai nomi propri quando non necessario per la funzione svolta, perché le persone si qualificano per le loro capacità e per le loro azioni più che per un titolo che spesso, oggi almeno, attesta soltanto di aver superato un certo numero di esami ma non aver mai prodotto alcunché di significativo. E l’unico dottore che ho in simpatia è il Doctor Who, che infatti non è medico. Detto ciò, vorrei far sapere alla ministra Lucia Azzolina, che ancora una volta, arriva in ritardo con la brillante idea, futurista quasi, dei monobanchi montati su ruote. Sappia dunque la ministra Lucia Azzolina, che non ha inventato nulla. Che chi scrive già non avesse adottato durante l’ultimo anno del liceo in ben due differenti versioni.
La prima fu l’essermi “impadronito” con il consenso di una mia adorabile compagna di classe, della sua poltroncina girevole, dotata di ruote, imbottita ed elevabile, che la povera fanciulla aveva – fortunatamente per lei ma anche per me – lasciato libera dall’anno precedente, dopo esser stata sottoposta ad un intervento alla colonna vertebrale. La poltroncina venne quindi passata a me che stavo benissimo di salute e la usavo – all’ultimo banco come si conviene ai lavativi scolastici quale io ero – per simulare i combattimenti spaziali del Millennium Falcon. Noi avevamo infatti qualcosa che oggi sta scomparendo: la fantasia. Il secondo sistema di mobilità dei banchi, venne ideato in maniera del tutto estemporanea, qualche tempo prima, sempre da me e da altri tre amici, posti a scacchiera, che durante l’ora di chimica spostavano gli stessi banchi (tipo Gioco del quindici, per chi lo conosce) scalando l’uno dopo l’altro, sino a compiere una completa rivoluzione e ritornando così al punto di partenza, sotto lo sguardo attonito della docente che non capiva cosa stesse succedendo.
Poverina, non era certo colpa sua se le difettavano appunto l’ingegno e l’immaginazione! Madre Natura non l’aveva favorita in quel senso. Quindi, ministra Lucia Azzolina, si rassegni se i suoi banchi a rotelle saranno soltanto un succedaneo dei miei giorni da liceale. Spero, piuttosto, di vederli usati dagli studenti per creare gare di corsa nei corridoi degli istituti scolastici, oppure come simulatori di volo di elicotteri da combattimento molto migliori di qualsiasi PlayStation, eppure come trottole, come roulette per farci il gioco della bottiglia, con il quale noi, veterani di Guerre stellari sognate, cercavamo di baciare le ragazze. Erano tempi migliori, credete a me.
di Dalmazio Frau