Tortellini ormai, purtroppo, solo vegani

giovedì 11 giugno 2020


Scrivevamo ieri che a Pordenone c’è stato un assembramento – termine questo mai così tanto di moda – di immigrati in rivolta nel centro d’accoglienza. Una protesta motivata non dalla qualità del cibo ma perché il cibo stesso, servito presso il centro di accoglienza, offende le loro tradizioni. Forse anche a loro è giunta la notizia, datata di alcuni mesi, della iniziativa dell’arcivescovo di Bologna di lanciare il tortellino a base di carne di pollo in occasione della festa di San Petronio. Il “tortellino dell’accoglienza” senza maiale per quanti non possono mangiare il suino. Iniziativa magari un pochino ipocrita, forse dettata dall’eccesso di zelo che porta a confondere l’umanità, tipica del popolo italiano, con l’atteggiamento prono, chinato, sottomesso che sembra caratterizzare certo pensiero solidaristico. Ma questa sembra essere l’Italia di oggi, che ha dimenticato le proprie tradizioni e la propria cultura, che non ricorda sigle e acronimi ormai in parte scomparsi, come Dc, Pci, Psi, Psdi, Pli, Pri, ed altri che rischieranno di scomparire come Igt (Indicazione geografica tipica), Doc (Denominazione di origine controllata), Docg (Denominazione di origine controllata e garantita).

Visto che abbiamo citato l’iniziativa nata in Emilia-Romagna allora viene facile ironizzare che due vini di quella regione, i Colli Bolognesi, Classico Pignoletto e la Romagna Albana forse non saranno più prodotti con uva e su base alcolica ma con qualche miscuglio che non crei fastidio ed imbarazzo a quanti non possono bere alcolici. Ma perché limitarci solo alla intraprendenza bolognese quando l’italiota, che poi per qualcuno potrebbe significare l’italiano idiota, è ubiquitario dalle Alpi a Capo Passero che, stia tranquillo ogni sessuofobo, non è altro che la cittadina più a sud della Sicilia? E Lampedusa dove la metti? Lasciamola in pace che laggiù hanno ripreso ad avere problemi di traffico in entrata. Basta dunque col Parmigiano Reggiano Dop e pure con l’Aceto balsamico di Modena Dop. E diciamo alt anche al Pecorino Romano Dop e al Gorgonzola Dop e qui ti volevo visto che Gorgonzola è un comune della Città Metropolitana di Milano e magari da quelle parti ancora non si è spento l’altissimo insegnamento ed il ricordo di una persona veramente illuminata quale fu Carlo Maria Martini. E, giacché ci siamo, aboliamo anche uno dei vanti della cucina siciliana visto che le due più classiche varianti sono al ragù e al prosciutto e sto parlando delle arancine e cerchiamo di mettere fine alla secolare diatriba sul genere maschile o femminile della palla di riso. Basterebbe andare a leggere Leonardo Sciascia, Luigi Pirandello, Giuseppe Pitrè, insomma studiare la questione per risolverla.

Capiremmo tutti che l’origine femminile è presa dalla forma dell’arancia, femmina. L’arancio, l’albero, è maschio. Prosciutto? What is this? De che stamo a parlà? Il prosciutto è un salume che si prepara con il taglio più pregiato del maiale e per quanto puoi rinominarlo Timmy o Tommy o Jimmy o Peppa Pig, sempre di maiale si tratta e come tale aboliamo l’arancina al prosciutto per non offendere la sensibilità di quanti il riso non lo sopportano nei momenti di tristezza anche se fa buon sangue. E dunque via con altri obiettivi da colpire: il prosciutto San Daniele del Friuli, il prosciutto Veneto Berico-Euganeo preparato nelle province di Vicenza, Padova e Verona, il prosciutto toscano, il prosciutto di Carpegna Dop, il prosciutto di Cuneo, ahimè in passato realizzato solo nei conventi ma per fortuna il passato è passato, il Jambon de Bosses della Valle d’Aosta, il prosciutto di montagna di Norcia, il prosciutto di Sauris nella Carnia e il prosciutto di Cinta senese.

Però è chiaro che il ragionamento deve andare al di là di ogni ironia la quale non può che essere un mezzo, peraltro incompleto, per cercare di descrivere cosa sta realmente accadendo. Ernesto Galli della Loggia il 3 ottobre 2019 sul Corriere della Sera esponeva una interessante questione ovvero che ci fossero ragioni ben più importanti di quelle dei buongustai per continuare a ragionare intorno alla decisione di bandire la carne di maiale dalla preparazione dei tortellini. E dunque non si limitava, ne poteva farlo considerata la propria autorevolezza di editorialista, ad una dotta e golosa disquisizione culinaria ma allargava la riflessione ad aspetti importanti quali alcuni indirizzi decisivi di fondo della Chiesa Cattolica e lanciava se non un allarme almeno uno stimolo scrivendo della tendenza ormai avvertibile a ricomporre il cattolicesimo in qualcosa di indistinto. Ceteris paribus è quanto sembra mancare in questa fase di dialogo dove è chiaramente avvertibile una sorta di critica verso la società occidentale che porta a raggiungere livelli di autopunizione e di espiazione che si determinano attraverso la piena accettazione di valori esterni senza appunto che ci sia una reciprocità in questa accettazione.

@vanessaseffer


di Vanessa Seffer