Un bel tacer… Madama Boldrini

giovedì 4 giugno 2020


Sarebbe già sufficiente la trovata, degna di una vera e propria psicopolizia, che ha nome “Immuni”, cioè l’app da scaricare sul proprio smartphone, trasformandolo così nel proprio personale delatore portatile, in un tracciatore onnipresente, subdolamente offerta come una difesa dal virus Covid-19.

Sarebbe già bastevole questo, ma così non è, ed immancabile all’appello quando si tratta di riemergere dal probabile baratro dei dimenticati politici, riaffiora al grido di “sessismo!”, la fu presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, che questa volta si produce in un’estemporanea critica non tanto all’app Immuni, quanto a un’immagine grafica che contraddistingue questo software e che raffigura una donna che regge in braccio un bimbo piccolo, mentre l’uomo starebbe seduto al computer. Immediata la reazione irata della Boldrini – ripeto “della” – che ritiene subito tale raffigurazione un insopportabile e anacronistico stereotipo.

In primo luogo verrebbe da domandarsi perché l’onorevole Boldrini trascorra il proprio tempo ad occuparsi di simili inutili facezie, ma poi, tutto sommato non è cosa che ci possa minimamente riguardare, dacché ognuno occupa il proprio tempo come può; poi, ed è forse la cosa più inquietante, a parte il voler pervicacemente, ostinatamente, e sì, anche noiosamente, sempre ribattere in maniera monotona e monocorde sul medesimo argomento fa temere che altri non ve ne siano nel carnet delle preoccupazioni politiche dell’ex terza carica dello Stato; infine mi pregio di suggerire all’onorevole Boldrini di provare, almeno qualche volta, approfittando magari della riapertura dei musei – non dico delle chiese, ci mancherebbe – oggi ancor più deserti del solito, a visitare molti tra loro, e forse in quelle vuote sale, prive di turisti e di scolaresche vocianti, potrebbe trovarvi innumerevoli rappresentazioni della più alta forma d’amore che la donna – come massima espressone dell’umanità – possa concepire: la maternità.

La signora Boldrini scoprirebbe allora forse le dolcisse madonne fiorentine con il bambin Gesù in braccio dipinte da Sandro Botticelli, oppure quelle di Raffaello o di Giovanni Santi che tanto è di moda adesso; troverebbe che la Donna per eccellenza – anche per chi non crede – la Vergine Maria, simbolo altissimo dell’amore materno, lei che Dante cantò con i versi “vergine madre, figlia del tuo figlio” e che Michelangelo scolpì dolorosa ma non meno dolce, non è certo “anacronistica” perché presente sempre in ogni tempo dell’umanità, perché crea la vita e la protegge, perché quel bambino, in fasce, ridente, tranquillo, agitato o benedicente è la salvezza di una vita che continua.

Insopportabile? Sarebbe dunque insopportabile e stereotipata l’immagine di una madre che accoglie il proprio bimbo tra le sue braccia, così come lo ha portato prima nel proprio ventre? Sarebbe un insopportabile stereotipo l’uomo seduto accanto a lei intento al lavoro? Vecchiume certo, come lo è la Sacra Famiglia, obsoleta immagine di un mondo sessista e patriarcale dove la donna sarebbe tenuta in nessun conto, forse secondo l’ideologia corrotta di un certo femminismo a dir poco insulso e vergognoso che avvilisce e svilisce le donne stesse innanzitutto.

Inutile procedere oltre, un simile discorso si sarebbe potuto tranquillamente evitare senza almeno scadere nel ridicolo, senza dimostrare ancora una volta come certe figure istituzionali e politiche di una certa sinistra contemporanea, postmoderna, siano lontane parsec, anni luce, chiliadi di tempo lontane da tutto ciò che raffigura e dimostra l’amore, anzi meglio l’Amore per la Vita e per la Bellezza in un mondo sempre più cupo e imbruttito dal rancore di coloro che – forse, ma non ne sarei più così sicuro – vorrebbero conoscerlo almeno per un fugace istante, ma non possono farlo perché troppo misero è il loro cuore. Sempre che ve ne sia ancora uno.


di Dalmazio Frau