Asili nido privati, il grido d’allarme

lunedì 18 maggio 2020


Molti identificano la cosiddetta Fase 2 con la ripartenza e cioè con quell’elenco più o meno lungo di categorie merceologiche che, rialzando la saracinesca, covano la speranza di poter ritornare alla normalità salvando quel che resta degli sforzi di una vita. Sullo sfondo, il pericolo di un nuovo innalzamento dei livelli di contagio e il ritorno nel baratro.

Ma c’ è un’altra categoria di individui che rischia di piombare nello sconforto più totale prima ancora di rivedere la luce. Si tratta dei cosiddetti “invisibili”, ovvero quelle tipologie di imprenditori non lambiti dai provvedimenti governativi che reclamano invano risposte da un sistema articolato di decisori che risposte non ne ha. O almeno per il momento. Per loro la Fase 2 non è neppure in embrione.

Una di queste categorie è quella degli asili privati. Emblematico è il comunicato stampa di Stefania Straniero del gruppo Asili Nido Privati del III Municipio di Roma: “Giornata tipo: ore 7, si parte! I primi bambini iniziano ad arrivare, alcuni di loro stanno ancora dormendo, altri sono insonnoliti, alcuni già pronti ad iniziare una nuova giornata di gioco e divertimento”. Tutto ciò fino a quel fatidico 4 marzo, giorno in cui il sistema scolastico si è dovuto misurare con l’emergenza Covid-19 e con la prospettiva di dover chiudere i battenti a tempo indeterminato o quantomeno per un tempo non facilmente quantificabile.

“Nel frattempo” – si legge nel comunicato – “apprendiamo che le nostre dipendenti dovranno essere messe in cassa integrazione e che essa avrà una durata minima di 9 settimane”.

Ma ecco l’amara sorpresa: “Il Governo ha emesso un ‘Decreto Marzo’ in cui sono previste delle misure di sostegno alle piccole e medie imprese, nel concreto apprendiamo che:

- gli sgravi fiscali relativi ai canoni di locazione sono riservati a negozi e botteghe (C1) e quindi non ne possiamo usufruire;

- la cassa integrazione tarda ad arrivare;

- i finanziamenti a fondo perduto non sono ancora usciti e non sappiamo se ne potremo usufruire.

Nel frattempo, si parla di esami di maturità, esami di licenza media ma di asili nido privati chi ne parla?”.

Ovviamente dei più piccoli non parla nessuno e per un momento anche i genitori hanno temuto di dover abbandonare lo smart working e ritornare al lavoro in presenza non sapendo bene come far fronte alle necessità dei figli.

Poi la svolta paradossale nel racconto di Stefania Straniero: “Si parla di probabile apertura dei centri estivi, ma per definizione i centri estivi riguardano la fascia di età 3-11 anni e ancora una volta non si parla di asili nido. Si ipotizza, in una futura riapertura, un rapporto educatore-bambino 1 a 3 per rispettare i principi di sicurezza, ma tale rapporto implicherebbe un ulteriore indebitamento dell’impresa (i costi sarebbero superiori alle entrate, vista la necessità di nuove assunzioni o di una riduzione del numero dei bambini ammissibili). Il personale delle strutture è demotivato e preoccupato perché non ha ancora visto arrivare la cassa integrazione in deroga e perché per la maggior parte è composto da madri di famiglia. Ad oggi non risulta ancora stilato un protocollo con le linee guida da seguire in caso di riapertura, come se non esistessimo”.

Il sistema degli asili nido privati è quindi ad un passo dal collasso nonostante per anni abbia avuto una funzione sociale di argine alle carenze strutturali dei Comuni in termini di posti disponibili negli asili pubblici. Dopo decenni di onorato impegno al servizio delle famiglie sono diventati invisibili.


di Redazione