venerdì 15 maggio 2020
Antonio scrive alla rubrica “L’Opinione Risponde” ([email protected]) per una questione legata alle locazioni. Da tempo gestisce due piccole case vacanza a Roma, una in proprietà ed una in locazione. Per effetto dell’emergenza Covid-19 e della conseguente interruzione dei flussi turistici, ha subìto la cancellazione di tutte le prenotazioni. Avendo la necessità di coprire i costi della locazione dell’una e comunque quelli fissi di entrambi gli immobili, vorrebbe destinare i due appartamenti ad affitti di durata pari a qualche mese, in attesa che il mercato turistico riprenda a funzionare. È venuto a conoscenza di un “Addendum” per il quale può affittare senza troppe complicazioni, ma i suoi colleghi “host” gli hanno dato informazioni contrastanti, e quindi, essendo in totale confusione, ci chiede quali siano i passi corretti da seguire.
Abbiamo dunque rintracciato l’Addendum che Antonio cita, e chiesto i chiarimenti proprio ad uno dei suoi estensori, Eugenio Romey, dottore commercialista e presidente della sede provinciale di Roma di Confabitare: “Il vostro lettore ha ragione ad avere dei dubbi, perché la materia è complessa e, per certi versi, sconosciuta ai più. Iniziamo con lo specificare che i due immobili del quesito hanno alcuni aspetti coincidenti, ma altri (nello specifico, quelli fiscali, che vedremo alla fine) completamente diversi.
Gli aspetti identici per entrambe le strutture (sia per quella di proprietà che per quella in “rent-to-rent”) sono sostanzialmente:
1) la qualificazione di entrambe le Cav come “strutture ricettive extralberghiere”;
2) la provenienza dei ricavi dagli ospiti a mezzo di “Contratto (atipico) di ospitalità” extralberghiero, con emissione di fatture;
3) la presentazione di una Scia al Suar del Comune di Roma, prima della loro apertura.
Se il lettore vuole effettuare la riconversione temporanea in utilizzo (transitorio) con Contratto (tipico) di Locazione, dunque, il primo passo da compiere è quello di consultarsi con il commercialista che segue l’attività della Cav. Per due ordini di motivi:
A) per la Cav in rent-to-rent, controllare se il contratto di locazione in essere con il proprietario dell’appartamento gli consente di effettuare sublocazioni di qualunque tipo;
B) trovati i conduttori e decisa la durata (che non può eccedere i 18 mesi) presentare via Pec la Comunicazione di Sospensione Straordinaria dell’attività al Suar;
C) effettuare (ipotizzando una durata congrua della sospensione) le dovute variazioni per le voci di costo quali Tari speciale Ama, Canone di abbonamento Rai, ecc..
A questo punto, occorre affrontare il punto che è ancora poco chiaro: a Roma le locazioni transitorie rientrano obbligatoriamente nell’alveo dei Canoni concordati. In altre parole, non è possibile stipulare Contratti transitori a testo libero e a canone libero.
Bisogna redigere il Contratto secondo un testo ben preciso (salvo qualche adattamento al caso concreto) che si trova nell’Allegato “B” al Decreto interministeriale Mit+Mef n. 110175 del 16/01/2017 (pubblicato in G.U. del 15/03/2017). La disciplina completa (ovvero il testo contrattuale ed anche la modalità di calcolo del canone ammissibile) si rintraccia, più precisamente, negli “Accordi territoriali” che le organizzazioni della proprietà edilizia hanno stipulato con quelle dell’inquilinato.
Nella Capitale sono vigenti due diversi Accordi territoriali, uno del 28/2/2019 ed uno del 5/3/2019. E qui bisogna fare molta attenzione. Perché per poter stipulare un valido Contratto Transitorio deve essere presente (e va documentata con allegati al contratto) almeno una “esigenza di transitorietà” prevista dall’Accordo territoriale che si decide di utilizzare. L’esigenza di transitorietà, in sintesi, è la risposta alla domanda: ‘Perché questo contratto non può avere una durata minima di 4 anni (o 3 anni, se a Canone concordato)?’.
Quindi, se i futuri conduttori documentano una propria esigenza di transitorietà “standard” prevista dagli Accordi (ad esempio: sono lavoratori dipendenti ed il datore di lavoro li ha trasferiti a Roma per una commessa della durata di X mesi, dopodiché dovranno ritornare al loro luogo di residenza) allora il lettore potrà utilizzare, a scelta, uno dei due Accordi territoriali.
Se invece non vi fosse una esigenza standard, dovrà necessariamente utilizzare l’Accordo territoriale del 5/3/2019, detto “Cua” perché stipulato da Confabitare, Unioncasa e Assocasa, che è stato appunto “integrato” (dall’Addendum CoViD dell’Aprile 2020) con delle “esigenze speciali” di transitorietà, che cesseranno con la fine dell’emergenza.
Tra queste esigenze speciali c’è appunto quella (riferibile esclusivamente al locatore) di riconversione di alloggio precedentemente utilizzato per accoglienza turistica, che ha una durata limitata in quanto la necessità è quella di una redditività di tipo “bridge” che consenta di arrivare alla ripresa dei flussi turistici senza dover sopportare ingenti perdite per effetto dei costi fissi nel frattempo maturati. E del resto un Contratto Transitorio deve terminare necessariamente entro 18 mesi, senza possibilità di rinnovo.
Chiarito questo, operativamente si redige il testo contrattuale specifico (è anche riportato in allegato agli Accordi territoriali) e si verifica che il canone rientri nella corretta fascia di oscillazione. Stipulato il contratto, bisogna ottenere l’apposita “Attestazione di Rispondenza” da parte di una delle organizzazioni sindacali firmatarie dell’Accordo territoriale.
Si faccia attenzione: dall’11 marzo 2019 a Roma non sono più validi dei semplici “timbri” sul contratto, apposti dalle organizzazioni. L’unica modalità valida, prevista dagli Accordi territoriali, è l’emissione di un documento separato dal contratto (appunto, l’Attestazione) che riporta i dettagli del calcolo ed attesta che tutto il contratto è rispondente all’Accordo territoriale. Una volta ottenuta l’Attestazione, si può finalmente registrare il contratto. Si tenga presente che l’Agenzia delle Entrate fra qualche tempo inizierà a richiedere a campione ai contribuenti, con il sistema della “Richiesta esibizione documentale” ex art. 36-ter Dpr 600/73, tali Attestazioni, laddove risulti registrato un contratto a canone concordato.
Ma veniamo alla parte più delicata, quella fiscale, che differenzia il trattamento del primo immobile (quello di proprietà) rispetto al secondo (quello in rent-to-rent).
Per l’immobile di proprietà verrà stipulato un Contratto di Locazione Transitoria, e l’Attestazione di Rispondenza darà diritto ad importanti agevolazioni fiscali (Cedolare secca al 10% e Imu ridotta del 25%). L’opzione per la Cedolare Secca è quasi una scelta obbligata, perché nel caso del Contratto Transitorio la tassazione ordinaria, al contrario, non darebbe alcuna agevolazione se non la riduzione Imu. Il lettore, ad ogni modo, dichiarerà tale reddito come reddito fondiario, nel Quadro RB del Mod. Redditi PF o nel Quadro B del Mod. 730.
Al contrario, per l’immobile in rent-to-rent dovrà essere stipulato un Contratto di Sublocazione di durata superiore ai 30 giorni, ma il lettore dovrà dichiarare come “Reddito Diverso” la differenza tra il ricavato dalla Sublocazione e le spese specificamente inerenti (il canone pagato al proprietario dell’immobile, oltre alle spese relative al contratto e ogni altra spesa inerente) nel Rigo RL10 del Mod. Redditi PF o nel rigo D4 del Mod. 730. In questo caso, però, non ci potrà essere alcuna opzione per la cedolare secca, ma sarà assoggettato agli ordinari scaglioni Irpef.
Come si nota, quindi, le due Cav, dopo la riconversione, subiranno trattamenti fiscali completamente diversi. Ovviamente tutte le fasi relative alla locazione possono anche essere delegate alle organizzazioni sindacali della proprietà edilizia di riferimento”.
di Federica Pansadoro