La messa in tempi di pandemia: necessità o esperimento grottesco?

venerdì 15 maggio 2020


Nelle epidemie medievali e dell’età moderna la figura eroica non era quella del medico, ma del sacerdote. L’uomo della salvezza, del perdono. Colui che con fermezza di fede conduceva i morenti all’incontro con il Divino.

Oggi l’eroismo appartiene, e su questo c’è comunque qualcosa da dire, ai medici e al personale sanitario (che salvano le vite non come evento straordinario, ma per vocazione) ma anche la spiritualità ha un ruolo importante e permette a milioni di persone di dare alla quotidianità, spesso disturbata dai protocolli del momento, un appiglio essenziale.

Dopo settimane di “religiosa” tensione tra i parroci, i vescovi e le istituzioni laiche si è giunti alla decisione di riprendere la celebrazione delle messe il 18 maggio. Nelle chiese di tutta Italia è scattata quindi una morbosa organizzazione degli spazi comuni: banchi distanziati (che comunque ospiteranno metà delle persone), distributori di igienizzante per le mani, mascherine con improbabili iconografie mistiche, addirittura bottigliette con l’acqua benedetta e comunione distribuita con i guanti. Si assisterà quindi a riti freddi, distanti dal calore che ogni celebrazione dovrebbe offrire (soprattutto in tempi così drammatici). Le chiese avranno l’aspetto di incubatori di persone predica-dipendenti, dove la distribuzione di kit anti-contagio assumerà i tratti di un qualche film post-apocalittico. La stretta di mano, manifestazione concreta della pace, sarà sostituita dal “sorriso della pace” e il sacro obolo potrà essere donato tramite bonifico (come si può rinunciare alle offerte?).

Queste modalità sperimentali, seppur comiche in alcuni aspetti, sono necessarie. La domanda che però ogni fedele dovrebbe farsi è: assisterò ad una messa o ad una sorta di esercitazione pseudo-militare? Dovrò recarmi dinnanzi al prete, che sarà sempre più simile ad un medico da reparto Covid-19, con le braccia tese. Dovrò sedermi mantenendo distanze che mai nessuno ha confermato possano essere realmente limitanti del contagio. Riceverò la comunione in modo innaturale, qualcuno sussurra blasfemo, come se ci venisse data da un distributore. Al termine della messa dovrò trattenermi dall’abbracciare amici che non incontro da mesi. Le folle usciranno dalla chiesa in modo ordinato, silenzioso, come in seguito ad una vaccinazione aliena. Non sarà più “andare a messa”. Sarà piuttosto un voler prendere parte ad un qualcosa di grottesco, ma anche di essenziale.

Una parola sulle imminenti sanificazioni delle strutture: perché mandare militari e spendere soldi per dei luoghi che non ospitano persone da due mesi, e che sono assolutamente sicuri? Forse, in attesa delle incensazioni, ci si dovrà accontentare dell’odore dei disinfettanti a base di cloro.


di Enrico Laurito