martedì 12 maggio 2020
Sono anche io lieto della liberazione di Silvia Romano, catturata in Kenya e liberata, se non sbaglio in Somalia. Lo Stato italiano ha pagato un riscatto, così pare, di 4 milioni di euro.
Per una vita umana nessun prezzo è eccessivo, anche purtroppo quando occorre pagarlo a dei malfattori. C’è chi ha protestato perché abbiamo pagato per la vita di una musulmana. Questo nel titolone del giornale Libero.
Quale che sia la sincerità della conversione e quale che possano essere le ragioni per cui, se tale sincerità non vi fu, Silvia Romano continui a darsi per convertita all’Islam non è cosa cui si possa dare facilmente una risposta. Ciò che comunque va detto è che un prezzo si deve pagare anche per chi nelle mani di malfattori internazionali non sia stato propriamente un eroe. Se qualcuno sperava di mettere sugli altari la ragazza salvandone al contempo la pelle e quanto di buono può offrire la vita, è a mio parere anche po’ scemo.
Noi non sappiamo che cosa abbia rappresentato quella conversione ai fini della trattativa, se vi fu, per il riscatto certo è che se per ottenere la solidarietà dei propri connazionali si dovesse essere degli eroi ottenendo la restituzione del proprio cadavere, dovremmo dire che l’imbecillità umana è più tenace del virus. Certo, quella conversione ha reso meno difficili le trattative e la loro conclusione positiva. Se essa ha avuto causa non già nella lettura del Corano come ha riferito la ragazza, ma nella finalità di più facilmente salvare la pelle ci sarebbe forse da domandarsi perché allora, toccato di nuovo il suolo della patria e della libertà, quella conversione non sia stata ripudiata. Noi non abbiamo diritto di affermare che avrebbe dovuto avvenire così. Si può essere fratelli anche a qualcosa che si è scelto per convenienza e per timore magari di una orrenda fine.
Ci possono essere motivi ben validi per i quali una immediata rivoluzione della conversione avrebbe potuto comportare pericoli, se non per la Romano, per altre persone che vivono tuttora nelle condizioni in cui essa è vissuta fino ad oggi. E, poi, ci si può vergognare anche di non essere stati degli eroi, di aver abiurato e cambiato religione per salvarsi la pelle e tenere più alla stima che altri faccia del proprio coraggio che alla verità dei sentimenti. Non importa poi se la Chiesa Cattolica o chi altro sia rimasto deluso per quel burqa. Sono fatti loro. Direi anzi che è disumano pretendere che altri, per soddisfare le proprie velleità spirituali, pretenda che qualcuno vada al martirio.
Qualcuno ha detto in passato che le Nazioni non hanno bisogno di eroi. E di eroine. Ci sarebbe piuttosto da preoccuparsi che alla crudele pretesa dei rapitori-ricattatori non sia giunta magari la manina di qualche manipolatore del denaro pubblico ma anche presumere, senza alcuna prova, che io al momento non ho e non sento dire che qualcuno l’abbia, è cosa non bella e ad essa volentieri dobbiamo rinunciare.
di Mauro Mellini