Lo Stato intervenga per tutelare i famigliari dei medici e dei lavoratori della sanità vittime del Covid-19

lunedì 30 marzo 2020


Una pagina listata a lutto della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), in costante aggiornamento, comunica che finora il numero dei medici deceduti per Covid-19 è salito a 51. Un tragico bilancio, destinato purtroppo ad aggravarsi di giorno in giorno.

Non è probabilmente questo il momento di interrogarsi su quello che si sarebbe potuto o dovuto fare, sulle ragioni per cui l’allarme è stato inizialmente sottovalutato, sulle adeguate cautele che si sarebbero dovute adottare per consentire fin dal primo momento di operare in sicurezza nelle strutture sanitarie e negli ambulatori, sulle procedure che avrebbero potuto essere attivate per assicurare il tempestivo approvvigionamento e la conseguente distribuzione dei dispositivi di protezione individuale, sulle difficoltà di raccordo fra livello nazionale e regioni e così via. Così come ci sarà tempo, ad emergenza terminata, per meditare sugli effetti di dieci anni di tagli alla sanità, che hanno portato tra l’altro alla riduzione di 50mila medici e infermieri dal 2008 al 2018. Qui risiedono infatti le radici dell’enorme pressione cui è sottoposto oggi il nostro sistema sanitario e degli sforzi e dei sacrifici che il Paese sta chiedendo a chi vi lavora. Ma adesso occorre innanzitutto ascoltare chi (come il presidente Fnomceo, Filippo Anelli) chiede di sbloccare immediatamente le forniture di questi dispositivi e di eseguire a tappeto test e tamponi su tutti gli operatori sanitari nel pubblico e nel privato, anche con sintomi lievi.

E poi è anche i momento di dare un segnale forte e concreto ai famigliari di coloro che hanno perso la vita in servizio, tributando a queste vittime del dovere, veri e propri eroi dei nostri tempi, i pubblici riconoscimenti che meritano (penso ad esempio alla medaglia d’oro per i Benemeriti della salute pubblica e al merito della sanità pubblica) ma, soprattutto, preoccupandosi di assicurare adeguate tutele a chi rimane, a chi ha perso un genitore, il coniuge o un figlio Il modo esiste e sarebbe pure semplice da realizzare: basterebbe estendere ai famigliari superstiti di medici e lavoratori della sanità vittime del Covid-19 gli stessi benefici economici, normativi, previdenziali e fiscali che da tempo la legge (legge 3 agosto 2004 n. 206) prevede a favore dei famigliari delle vittime di fatti di terrorismo, di criminalità organizzata e del dovere: doppia annualità della pensione di reversibilità o indiretta; esenzione dall’Irpef; applicazione della “clausola d’oro” per l’adeguamento costante della misura delle pensione; esenzione dal pagamento del ticket per ogni tipo di prestazione sanitaria; collocamento obbligatorio con precedenza e preferenza a parità di titoli e riserva di posti per l’assunzione.

Ora è solo una questione di volontà politica: il Paese lo chiede; Governo e Parlamento, se ci sono, battano un colpo.

(*) Professore ordinario di Diritto del lavoro dell’Università di Modena e Reggio Emilia


di Giuseppe Pellacani (*)