lunedì 9 marzo 2020
Di fronte ala drammatica escalation dell’epidemia in questo Paese, e del disorientamento che ne consegue nei Palazzi, nei media, negli operatori economici, nella pubblica opinione, che fa da stridente contrasto con le notizie che arrivano dalla Cina e più in generale dall’Asia orientale, dove invece le severe misure di contenimento sembrano funzionare, vorrei richiamare l’attenzione del lettore su un tema di cui si è dibattuto molto negli ultimi 30 anni, e cioè il corretto utilizzo del Principio di Precauzione.
Mi si consenta di ricordare che l’azione di un’associazione quale Astri si concretizza anche nella lotta alla disinformazione scientifica imperante nei social media, alle fake news, alla logica perversa del Nimby, all’uso distorto del Principio di Precauzione. Il Principio di Precauzione è uno strumento di gestione politica del rischio a livello ambientale e igienico-sanitario, che si fonda su due elementi:
1) il riconoscimento dei potenziali rischi, sulla base di un’accurata analisi scientifica dei dati esistenti
2) l’impossibilità di escludere, sulla base dei dati esistenti, la presenza dei rischi riconosciuti.
Si tende a distinguere un Principio Debole da un Principio Forte: un esempio del primo lo si può trovare nella dichiarazione di Rio de Janeiro al primo Summit della Terra del 1992, dove si afferma che “Al fine di proteggere l’ambiente, l’approccio precauzionale dovrà essere largamente applicato dagli Stati, perché, laddove ci sono minacce di danni seri ed irreversibili, la mancanza di certezze scientifiche non può essere usata come una ragione per rimandare misure convenienti, atte a prevenire il degrado ambientale”.
Principi consimili sono stati adottati nel trattato di funzionamento dell’Unione europea e in altri trattati multilaterali, nella legislazione americana e in alcune decisioni di tribunali internazionali. Laddove la versione debole permette al governo di regolare il rischio in condizioni d’incertezza scientifica, la versione Forte del Principio suggerisce che alcuni provvedimenti precauzionari dovrebbero essere la risposta standard a rischi gravi in condizioni d’incertezza scientifica. In queste circostanze il compito di provare l’assenza di rischi dovrebbe spettare al proponente, non alle pubbliche autorità (es. l’introduzione di nuovi farmaci o l’uso degli Ogm).
In sostanza, ponendo l’accento sul fatto che misure precauzionali devono essere prese in risposta a minacce per la salute umana o per l’ambiente, il Principio di Precauzione Forte costituisce una chiamata all’azione affermativa, laddove quello Debole, esprimendosi in negativo, non impone nessun tipo di azione a chi detiene il potere, se non vietando l’alibi della mancanza di certezze scientifiche.
L’applicazione del Principio di Precauzione deve essere sempre proporzionata al livello di protezione ricercato e regolata dell’esame dei vantaggi e oneri derivati. Deve inoltre considerarsi provvisoria e modificabile in funzione di nuovi dati o elementi di giudizio. Quello che invece non può avvenire è che si usi il Principio per bloccare sul nascere qualsiasi iniziativa in campo tecnico-scientifico. Se infatti si basa il Principio di precauzione non sulla disponibilità di dati che provino la presenza di un rischio, bensì sull’assenza di dati che assicurino il contrario anche oltre ogni ragionevole dubbio, ecco che ci troviamo di fronte ad un uso distorto del Principio stesso, che non giova a nessuno, se non a qualche politicante o a qualche personaggio mediatico che cerca di aumentare la propria visibilità facendo leva sulle paure ancestrali della gente.
Riassumendo, quando si parla di uso distorto del principio di precauzione ci si riferisce soprattutto a formulazioni estremistiche come quella di chi sostiene che ogni attività che produce rischi dovrebbe essere fermata fin tanto che non sia riuscita a dimostrare la propria totale innocuità, invertendo così l’onere della prova. Il rischio zero è un obbiettivo irraggiungibile e sbagliato, e il Principio di Precauzione non può puntare a questo.
In Italia purtroppo ciò è accaduto e continua ad accadere: basti pensare alla messa al bando dell’energia nucleare, imposto dai movimenti ecologisti in Italia e subito da tutti i Governi senza eccezioni, alle incursioni della magistratura sul tema dei rischi sismici o sulla polemica No-Vax, con sentenze basate su ricerche screditate, ma che alla fine ha portato, fortunatamente, ad una legislazione che impone 10 vaccinazioni obbligatorie per poter andare a scuola.
Nel caso di emergenze non riconducibili ad iniziative dell’uomo, come quella del Covid-19, appare evidente che il Principio di Precauzione Forte ha trovato un’applicazione corretta in Cina, che non ha esitato a militarizzare e a isolare dal resto del paese un’intera regione con una popolazione pari a quella italiana, che ha sopportato stoicamente disagi enormi. L’Italia invece non è riuscita nemmeno a mettere in pratica la versione debole, quasi utilizzando come alibi le numerose incertezze scientifiche e le diatribe tra i virologi e gli altri esperti per emettere provvedimenti al rallentatore, dando sempre l’impressione di un Paese (e di un Governo) continuamente sopraffatto dagli eventi. Certo i cinesi non sono come gli italiani, individualisti, indisciplinati, insofferenti ai controlli, ma almeno le autorità, invece di glorificare il nostro Sistema sanitario nazionale come uno dei migliori al mondo (!), avrebbero dovuto sin dall’inizio prendere i provvedimenti drastici che ora, forse tardivamente, si sono decisi a mettere in atto. Che poi sono quelli standard, suggerite dall’esperienza millenaria dell’uomo alle prese con le pestilenze: isolamento e quarantena. Si trattava di applicare, per una volta correttamente, il Principio di Precauzione.
(*) Ricercatore Infn e Presidente di Astri
di Sergio Bartalucci (*)