mercoledì 2 ottobre 2019
Nessuno può ragionevolmente disconoscere che il pianeta Terra è investito con una certa periodicità, non del tutto chiara, da cambiamenti climatici. Si possono formulare ipotesi sulla durata e la successione dei cicli climatici, ma la legge che vi presiede sfugge al sapere scientifico. Da qui una lunga serie di domande, alle quali la nuova religione ambientalista dà risposte ingenue, semplicistiche, fuorvianti, fondate sulla “presunzione fatale” dell’onniscienza e dell’onnipotenza umana.
L’origine antropica dei cambiamenti climatici è esclusa dalla comunità scientifica; non foss’altro, perché sono stati registrati “riscaldamenti globali” in epoche geologiche recenti, certamente indipendenti dalle emissioni di CO2. È certo infatti che nel Medioevo (durante il quale si registrò l’ultimo Global warming) l’esigua popolazione mondiale allora esistente non poteva determinare alcun “effetto serra”. Sul punto si sono pronunciati, in maniera univoca, 500 scienziati di tutto il mondo, tra i quali il premio Nobel Carlo Rubbia, nonché gli eminenti studiosi Antonino Zichichi e Franco Battaglia. I cambiamenti climatici appaiono legati all’attività solare e del tutto indipendenti dall’agire umano. Ma perfino la veridicità del presupposto di fatto, ossia l’effettività del “riscaldamento globale”, è molto dubbia e discutibile. Per dirne solo una: i ghiacciai del polo Nord arretrano, quelli dell’Antartide si incrementano; le aree desertificate non si sono ampliate, anzi pare siano rimpicciolite.
Escluso il fattore umano, sulla ciclicità e sulla legge causale dei cambiamenti climatici la scienza formula ipotesi e non esprime certezze assolute; la verità in tasca è posseduta solo dai seguaci della nuova religione globalista-ambientalista: la colpa dei disastri della terra è del capitalismo. Nel dogma di fede è ricompreso un coacervo indistinto di assiomi: plastica e CO2, buco dell’ozono e scioglimento dei ghiacciai, disboscamento dell’Amazzonia e inquinamento dei mari, estrazioni petrolifere e piogge acide, sarebbero insieme cause ed effetti del global warming dovuto – è superfluo dirlo – al modello di sviluppo capitalistico. Si trascurano due piccoli particolari: le più grandi catastrofi ecologiche e i più rilevanti fenomeni di inquinamento ambientale si sono verificati nell’area comunista, antitetica al modello capitalistico; il clima della Terra e l’inquinamento ambientale non sono connessi.
Nell’Unione Sovietica, in uno dei famosi piani di sviluppo quinquennale, fu partorita la grandiosa idea di utilizzare le acque che affluivano nel lago d’Aral (lungo 420 chilometri, mica bruscolini) per irrigare i campi; gli immissari furono dispersi in mille rivoli, col risultato che il lago scomparve quasi del tutto e le terre si essiccarono. Nella Cina odierna, le grandi città hanno un’atmosfera irrespirabile, per la concentrazione di gas inquinanti più alta del mondo. Ma la colpa è di Donald Trump! Le più grandi fonti di rifiuti non biodegradabili e tossici sono allocate ben al di fuori dell’area del capitalismo avanzato (nordamericana ed europea). Ma la colpa e di Trump!
La connessione tra l’andamento climatico e l’inquinamento ambientale è una grossolana bugia, la quale, mille volte ripetuta, rischia di essere accolta supinamente come il Nuovo Verbo. Lasciamo parlare l’illustre fisico Antonino Zichichi (fonte: “Il Giornale” 30 settembre 2019): “Il clima è un problema estremamente complesso: la Matematica ci dice che non potrà mai esistere un’equazione semplice come quella di Newton, per trattare matematicamente il clima. Sono necessarie almeno tre equazioni differenziali non lineari accoppiate” (tradotto: inquinamento e clima non sono connessi).
La “Verità” ideologica rischia, tuttavia, di prevalere sulle acquisizioni scientifiche e perfino sul buon senso; e Il rischio è particolarmente grave. Oggi, l’ideologia anticapitalistica è insidiosa, capziosa e suggestiva; non ha più il volto truce della rivoluzione bolscevica, ma si veste di verdi panni “ecologici”, di “buonismo”, di finalità ideali, si maschera dietro messaggi rassicuranti di “tutela ambientale”, veicolati attraverso i suadenti slogan dello sviluppo “sostenibile” ed “ecocompatibile”. S’intende che i limiti di compatibilità e sostenibilità sono conosciuti dai ministri del nuovo culto religioso e non possono essere lasciati “all’incuria” del libero mercato; sicché, al fondo “l’ambientalismo” è nient’altro che il nuovo volto dell’eterno autoritarismo dello Stato, ipertrofico e supponente; con la variante “globalista”, che ne aggrava i connotati.
La pretesa che l’uomo possa guidare ed eventualmente correggere l’andamento climatico è irragionevole e ingenua. Niente più che una “superstizione”, atta a rassicurare i gonzi. La definirei figlia di un nuovo oscurantismo, non meno pericoloso del vecchio. Per certi versi, ancora più pericoloso. Se l’uomo è arbitro, non solo dei suoi destini sulla terra, ma anche del destino della terra, la salvezza dell’intera umanità dipende dalle scelte politiche delle autorità nazionali e sovranazionali. Ciò legittima l’autoritarismo del Leviatano; sicché la religione senza Dio si volge necessariamente in idolatria del potere.
Inconsapevolmente, Santa Greta (la verginella sedicenne che non va a scuola e conosce i destini dell’umanità) ammonisce il mondo intero, per conto dei nuovi potentati del politicamente corretto; gratta, gratta la sua predicazione anticapitalistica è la versione moderna dell’autoritarismo elitario e del dirigismo delle consorterie dominanti.
di Michele Gelardi