lunedì 28 gennaio 2019
Vero è che già i latini, con Cicerone ed il suo “O tempora, o mores!” avevano preso il brutto andazzo di lamentarsi dei tempi e degli annessi costumi. Certo è che anche questi di tempi son strampalati al limite del pazzoide. Da qualche giorno è deflagrata l’eccitazione polemica causata dalla notizia dell’intervento dell’Accademia della Crusca che porterebbe, se non proprio allo sdoganamento linguistico di espressioni incardinate sul fiero e indomito uso di verbi intransitivi in modalità transitiva, quantomeno ad una sorta di loro legittimazione. Il motivo è spiegato da Vittorio Coletti, che dell’Accademia della Crusca è membro. Trattasi di espressioni ormai accolte nell’uso e generate dal bisogno di dare una sferzata di rapidità al linguaggio domestico, legato com’è all’urgenza di comunicare il più rapidamente possibile con i familiari per affrontare o dare comandi in modo efficace in alcune situazioni. Via libera alle procedure sintetiche dunque, all’amputazione di quel consolidato ma anche, bisognerà pur riconoscerlo, un po’ vetusto, cardine della lingua italiana che è sempre stato il composto causativo e che stabilisce che il verbo “fare” sia abbinato al verbo che indica l’azione specifica che si intende subisca o compia il complemento oggetto. Tanto più, ci spiega Coletti, che un esempio (uno) di spericolato uso transitivo di verbi intransitivi si riscontrano in alcuni testi di fine Ottocento.
Insomma, pacchia, dunque, tristemente e ufficialmente finita per gli sbeffeggiatori di espressioni come “esco il cane, lo piscio”, “scendo il bambino, lo gioco ma prima siedilo sul seggiolone”, “Quello lì io lo sparo”, e via “transitivando” ciò che è natio di “Intransitivolandia”. Certo, al momento, alimentato dalla molla che tutto sommato sull’argomento ci si può, anzi ci si deve, coscienziosamente cimentare un po’ tutti, ciascuno cimentandosi su un pezzettino di quella “Questione della lingua” cui in fondo anche Edmondo De Amicis si dedicò nei suoi scritti linguistici, crepita sui social e sulla stampa on-line la fiammella del confronto. E così contro le deboli e risibili motivazioni addotte da Coletti e anche da alcuni professori interpellati, fioccano da giorni comprensibili piccate e sbigottite condanne, doglianze per le sevizie alla bella lingua che fu, vibranti auspici che l’apertura della Crusca mantenga in quarantena il morbo linguistico proveniente dai regionalismi lessicali nel perimetro dell’uso orale, seguitando, al contrario, a mantenere saldi per quella scritta i precetti puristi della lingua risciacquata in Arno. Che, capirai, già i nostri ragazzi liceali son tanto pigri a scrivere in modo decoroso, forniamo loro pure un altro scivolo sulla folle semplificazione a cui si sono assuefatti nel linguaggio dei social network e, signora mia, sarà davvero finita. E via discorrendo lungo il sentiero dell’accorato allarme per l’inizio della fine, degli sbigottimenti e delle doglianze.
E poi, a ben vedere, la Crusca si sta boldrinizzando con quel suo accreditare le finali con desinenza femminile alle professioni da sempre neutre sul piano semantico. Bene, tutto questo patrimonio viene offerto ai lettori desiderosi di farsi un’opinione, non senza quel tocco di approssimazione con cui il popolo dei naviganti del web si tuffa nella sfida a lasciare il più acuto disappunto, la più feroce condanna, ma anche l’analisi del sì, però, guardate che la Crusca sostiene invero un’altra cosa e poi, e poi e poi, con saccenti correzioni delle altrui sentenze e vigili rettifiche e puntualizzazioni. Per non parlare, come qualcuno ha fatto sul web, dello stato di incertezza ingenerato dalle circostanze linguistiche: quanti bambini non giocheranno, o non verranno messi sul seggiolone, quanti proprietari di cani saranno colti da paralisi nell’incertezza se “pisciare” o “far pisciare” il loro Fido. Toccherebbe citare l’epittetiano manuale di Arriano sulle cose che si possono e quelle che non è in nostro potere fare, ci si limiti a parafrasare Jules Laforgue: “Sotto un’aria sublime, sicura, di genio mi scalpita la lingua…e poi e poi è pur sempre altrove che io comunico”. E poi e poi e poi, rassegniamoci pure: bisognerà “informarsi bene la regola della Crusca”.
di Barbara Alessandrini