venerdì 27 luglio 2018
La riforma della comunicazione vaticana era praticamente ferma dal lontano 27 giugno 2015. Quando Papa Francesco emise il “moto proprio” per lanciare il rinnovamento del rapporto del Vaticano con il mondo, attraverso un’informazione più vicina alle sue idee. L’uscita di scena di tre personaggi della comunicazione come Joaquín Navarro-Valls in Sala stampa, sostituito poi da padre Federico Lombardi e del direttore dell’“Osservatore romano” Mario Agnes aveva lasciato un profondo vuoto all’interno delle mura del Vaticano. I tempi diventano stretti, urgenti e necessari quando nel marzo del 2018 viene “ritoccata” la lettera del Papa emerito Benedetto XVI a Monsignor Dario Edoardo Viganò, sulla recensione della collana “La teologia di Papa Francesco”. Senza andare alla ricerca di letture strumentali, l’errore di non averla pubblicata per intero, omettendo la frase di non poter scrivere la prefazione perché “non sono in grado di leggere gli undici volumetti”, scatenò una ridda di retroscena. Le interpretazioni si fecero imbarazzanti per la segreteria di Stato, costretta, quindi, a pubblicare successivamente il testo integrale.
Il sistema mediatico del Vaticano entrò in fibrillazione, nel tentativo di smentire qualsiasi clima di divisione tra Benedetto XVI e Papa Bergoglio. La frittata era fatta e così monsignor Viganò scrisse al Papa di “farsi in disparte”, ipotesi accettata “non senza qualche fatica”. Sono trascorsi tre mesi da quelle vicenda, le foto e il testo originali hanno fatto il giro del mondo. Il diavolo ci aveva messo la coda. E così la riforma che aveva già cancellato la Radio vaticana come media autonomo, ha accelerato la fusione dell’“Osservatore romano” all’interno dell’unico sistema comunicativo. Quello che traspare dalle decisioni delle stanze vaticane è che ci sia un ampio rimescolamento di poteri che rientra nella riforma della curia. La segreteria di Stato è passata nel 2017 da due a tre sezioni. Sotto la sua giurisdizione rientrano la segreteria economica per il coordinamento in campo finanziario, il dicastero laici, famiglia e vita.
L’altro braccio è la segreteria per la comunicazione, che assorbe il dicastero Sviluppo umano integrale, che raggruppa dal gennaio 2017 il Pontificio consiglio delle commissioni sociali, la Sala stampa, il servizio Internet, la Radio vaticana, il Centro televisivo, quello fotografico, l’editrice Libreria, “L’Osservatore romano” e la tipografia vaticana. Per le nuove responsabilità, Papa Francesco ha adottato due decisioni diverse. Per la gestione delle finanze del Vaticano ha chiuso la stagione dei banchieri e dei manager chiamati da fuori, restituendo ai “preti economici” il vertice dell’amministrazione economica della sede apostolica (lo Ior ha dichiarato nel 2016 un utile netto di 36 milioni di euro, su un patrimonio totale di 3,5 miliardi).
Per l’informazione, l’operazione è stata portata avanti con due giornalisti della Rai, entrambi palermitani, provenienti dalla redazione della Tgr della Sicilia. Il primo passo è stato quello di nominare Paolo Ruffini prefetto del Dicastero per la comunicazione vaticana. Primo laico, in assoluto, per questo incarico. Un curriculum giornalistico di primo livello. Nato a Palermo nel 1956, figlio di Attilio e nipote del Cardinale Ernesto Ruffini. Studi dai gesuiti e alla Sapienza di Roma, esperienze al “Mattino” e al “Messaggero” prima di entrare in Rai, dove diventa direttore con non qualche spina, per lo spostamento subito al Tgr e alla Rete Tre. Il quadro si chiude con la nomina di Vincenzo Morgante, che lascia la direzione della Tgr per assumere, dal primo ottobre, quella della tivù dei vescovi, Tv2000.
di Sergio Menicucci