martedì 17 luglio 2018
“Favoreggiamento della pedofilia clericale per motivi di realpolitik e di diplomazia con il Vaticano”.
Per l’Italia all’Onu da tempo è stato aperto un fascicolo che, se dovesse tradursi in un’accusa formale, rischierebbe di coprirci di ridicolo oltre che metterci in enorme imbarazzo. E questo con buona pace della campagna di immagine anti preti pedofili a suo tempo avviata da Papa Francesco. Tutto questo accade a causa delle reiterate denunce della “Rete L’Abuso”, una onlus di oltre 500 ex vittime di abusi sessuali da parte di preti in Italia, nonché di altre organizzazioni similari che già da tempo esistono all’estero. Particolarmente quelle che sono state costituite in Paesi come Usa, Messico, Francia, Congo, Cile, Canada, Svizzera, Belgio, Polonia, Germania, Spagna, Inghilterra, Equador, Argentina. Tutte riunite tra il 4 e l’8 giugno scorso in gran segreto a Bernex (Francia) per mettere a punto le strategie diplomatiche contro il Vaticano. E, pare, anche contro l’Italia stessa. Accusata di aver avuto un ruolo di copertura e favoreggiamento verso la “pedofilia clericale”.
Nel febbraio del 2018, l’associazione di cui sopra, tramite il proprio avvocato Mario Caligiuri, aveva diffidato il Governo italiano per una serie di gravi omissioni nella ratifica di convenzioni internazionali; diffida che aveva inviato anche al Comitato Onu per la tutela del fanciullo. Nella seduta di inizio giugno le Nazioni Unite hanno confermato l’apertura di una indagine di verifica nei confronti dello Stato italiano, che proseguirà per tutto l’anno 2018 e che vedrà il suo report finale il 18 gennaio 2019. Proprio ai primi di giugno inoltre Francesco Zanardi, presidente della “Rete L’Abuso”, era stato ricevuto presso le Nazioni Unite di Ginevra insieme ad altri rappresentanti delle suddette associazioni di sopravvissuti arrivate da tutto il mondo. Più precisamente è stato sentito dai funzionari della commissione Crc (Children Right Connection) e aveva confermato le accuse alla base dell’apertura del fascicolo sul “caso italiano”.
Uno degli episodi più spinosi documentati da Zanardi riguarderebbe la presunta “continuità della linea omissiva della Santa Sede”. Condotta evidenziata in un report riguardante la vicenda di don Mauro Galli, che dimostrerebbe la continuità dei tradizionali insabbiamenti delle denunce e la promozione degli insabbiatori. Sembra infatti – secondo le accuse depositate dalla “Rete L’Abuso” e rilanciate in un comunicato stampa – che i due protagonisti, monsignor Mario Delpini e il collega Pierantonio Tremolada, malgrado la Santa Sede sia stata da tempo messa al corrente delle accuse ben argomentate di omissione in vigilando nei loro confronti, nel luglio 2017, anziché essere puniti secondo gli assunti della campagna comunicativa di pretesa tolleranza zero avviata da Papa Francesco, sarebbero stati entrambi promossi. Il primo a capo della diocesi più grande al mondo, quella di Milano, il secondo in quella di Brescia.
Per l’Italia il capitolo spinoso è quello secondo il quale, “per motivi di diplomazia con il Vaticano”, spesso le autorità competenti avrebbero chiuso un occhio. Non tanto sui fatti di pedofilia e sui loro protagonisti, ma su chi li avrebbe coperti dall’alto delle proprie cariche arcivescovili all’interno della Chiesa. Una brutta gatta da pelare in sede Onu anche per il nostro ministro degli Esteri.
di Rocco Schiavone