mercoledì 17 dicembre 2025
Nel dibattito sulla stabilizzazione del personale assunto coi fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, un dato rischia di passare inosservato, pur essendo decisivo: il Ministero della Giustizia prevede l’assunzione di circa 6.000 lavoratori precari, di cui ben 5.200 collocati nell’Area III, quella dei funzionari. Numeri che, da soli, basterebbero a chiudere ogni polemica sulla possibilità o meno di assorbire integralmente una platea molto più ridotta: i funzionari tecnici di amministrazione, che oggi sono solo 800 circa su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una categoria selezionata tramite concorso pubblico, inserita stabilmente negli uffici giudiziari e chiamata a svolgere funzioni amministrative qualificate, analoghe a quelle dei funzionari di ruolo. Eppure, mentre per altri profili tecnici – informatici, contabili, statistici, edilizia – si va verso una stabilizzazione automatica, per i funzionari tecnici di amministrazione si prospetta una procedura selettiva aggiuntiva, in parte assimilata a profili diversi per mansioni e percorso concorsuale.
Il nodo centrale è semplice e, diremmo, difficilmente confutabile: se il piano di stabilizzazione riguarda 6.000 unità complessive e 5.200 posti sono già destinati all’Area III, l’assorbimento di circa 800 funzionari tecnici di amministrazione non solo è sostenibile, ma appare del tutto coerente con l’impianto complessivo della riforma. Ancor più se si considera che questi funzionari sono già in servizio, già formati e pienamente operativi negli uffici giudiziari. Non si tratta, quindi, di “allargare” le maglie della stabilizzazione, bensì di applicare lo stesso criterio di razionalità amministrativa già adottato per gli altri profili tecnici: valorizzare competenze esistenti ed evitare la dispersione di professionalità costruite con investimenti pubblici. Da dove provengono i funzionari tecnici di amministrazione? Dal concorso Ripam 2022, una delle più ampie e selettive procedure di reclutamento degli ultimi anni. Le prove non erano identiche a quelle di altri profili, così come non lo sono le mansioni di questi funzionari: supporto amministrativo avanzato, istruttorie, predisposizione di atti, raccordo tra uffici, attività che, in sostanza, li rendono pienamente integrati nella struttura ordinaria della giustizia. È la stessa classificazione ministeriale delle famiglie professionali a collocarli nei “Servizi amministrativi, contabili e di organizzazione”, ben distinti da figure di supporto alla giurisdizione come gli addetti all’Ufficio per il processo. Assimilarli oggi ad altri profili solo nella fase della stabilizzazione rischia di apparire una forzatura, più che una scelta fondata su criteri oggettivi.
La richiesta avanzata dai funzionari tecnici di amministrazione – anche attraverso una formale interlocuzione con le istituzioni – non ha il sapore di una mera rivendicazione corporativa. È piuttosto, diremmo, una domanda di coerenza delle politiche pubbliche: se lo Stato riconosce la necessità di stabilizzare migliaia di funzionari per garantire continuità agli uffici giudiziari, non vi è alcuna ragione logica per escludere o sottoporre a un trattamento deteriore una platea che è numericamente limitata e, soprattutto, già pienamente funzionale al sistema. Il Pnrr, com’è noto, nasce anche per rafforzare la capacità amministrativa dello Stato. La stabilizzazione dei funzionari tecnici di amministrazione rappresenterebbe, allora, una scelta di buon senso, prima ancora che di equità: poche centinaia di lavoratori, già selezionati e già indispensabili, che possono essere assorbiti senza traumi in un piano che prevede migliaia di assunzioni. In definitiva, la domanda non è se sia possibile farlo, perché già i numeri dimostrano che lo è. La vera questione è se si voglia davvero applicare fino in fondo il principio di razionalità (weberiana, diremmo!) che dovrebbe guidare ogni riforma della Pubblica Amministrazione.
di Fabrizio Federici