venerdì 12 dicembre 2025
Ciascuno è se stesso. Unico e diverso. Non ci sono paragoni possibili né confronti da fare con gli altri. La difficoltà è capire chi siamo. Chi siamo davvero. Non quello che gli altri vorrebbero che noi fossimo. Ciascuno ha delle qualità, delle attitudini, dei talenti, che vivono dentro di noi, in forma spesso latente o inconsapevole. Queste qualità e genialità rappresentano la nostra unicità.
In tal senso, potrebbero essere gli altri a stimolarci nella comprensione di noi stessi... favorendo l’emergere delle nostre arti. Ma non sempre è possibile. Perché serve un maestro per fare ciò. Perché, in troppe occasioni, da soli, non riusciamo a vederci. Siamo ciechi nei confronti di noi stessi.
Insomma, non siamo in grado di vederci da fuori, utilizzando il nostro sguardo esterno. E non sappiamo o non riusciamo a guardarci dentro.
Ecco, un maestro è colui che stimola le nostre corde interiori affinché ciascuno impari ad esprimerle e trovi il modo per esprimerle. I nostri doni servono per donare amore agli altri. Per questo motivo sono importanti i maestri. Per avere uno sguardo esterno in grado di tirare fuori ciò che abbiamo già dentro di noi.
Infatti, un maestro è colui che ci insegna a vedere dentro la nostra anima, a ragionare con la nostra testa, a coltivare un pensiero autonomo, sostenendoci e stimolandoci affinché ciascuno vada alla scoperta di se stesso, di ciò che ciascuno è: pregi e difetti, fragilità e debolezze, forza e limiti. Perché siamo tutti interdipendenti. Ciascuno con l’altro, nel bene e nel male, volenti o nolenti.
Viviamo nel tempo di una politica senza più maestri, non ce ne sono più, né buoni né cattivi. Quindi, siamo nel tempo dell’improvvisazione arrogante, della prepotenza ignorante, della furbizia stupida, della presunzione egoistica, del sonno della memoria. E la filosofia liberale, il pensiero liberale, la politica liberaldemocratica... la pratica della libertà si è ridotta a un lumicino. In tal modo, sarà molto difficile che si possa diventare maestri di sé stessi. In altre parole, senza dei maestri pazienti, lungimiranti, dialoganti, interessati ad ascoltare in maniera attiva e a stimolare il talento dei loro allievi non si diventerà mai maestri di sé stessi.
Di conseguenza, l’espressione nietzschiana, alchemica e filosofica del “Diventa ciò che sei”, a mio parere, intesa in tal senso, significa che ciascuno dovrebbe trovare il modo per esprimere le proprie qualità e caratteristiche rendendole manifeste nelle cose che fa e, soprattutto, in ciò che si è, che ciascuno è con gli altri e nella vita, rispetto alle proprie inclinazioni, qualità, intelligenze. Ciascuno è unico e diverso. Ciascuno lo è nell’uguaglianza, che è l’opposto dell’omologazione, e nella fratellanza.Ma la difficoltà è proprio qui, cioè nel trovare noi stessi, nel conoscere se stessi e, perciò, nel capire quali sono le nostre attitudini e diventare, dunque, ciò che siamo, ciò che si è. Come persone e come individui, in senso liberale.
In altri termini, un vero maestro è colui che ci stimola ad esprimere ciò che siamo dentro noi stessi, a scoprire l’amore che ci portiamo nel cuore e sulla pelle, in modo tale che ciascuno possa e sappia realizzarsi nell’espressione quotidiana, ciascuno con i propri talenti e con le proprie arti o capacità.
Nel lavoro, ma anche in tutto il resto: amicizie, interessi, hobby, famiglia, svago, ecc.
Spesso, però, a confonderci le idee e a disorientarci sono proprio gli altri, coloro che ci circondano e che non vedono o non sanno vedere (non sono interessati a capire) chi siamo, quali sono le nostre paure, le nostre ferite, le nostre sofferenze, i nostri punti di forza, le nostre predisposizioni, inclinazioni, potenzialità.
Ad esempio, secondo me, questo capita tra professori e studenti, quando gli insegnanti non guardano né tantomeno vedono i loro allievi e, quindi, non capiscono chi hanno davanti. E così, invece di favorire l’espressione e la manifestazione di ciò che i loro allievi si portano dentro, pretendono di riempire la testa o il vuoto esistenziale dei ragazzi versando nello studente un’arte o un talento che appartiene più al docente che al discente. Non aiutano il ragazzo a scoprire se stesso e a diventare ciò che è, ma lo indirizzano nella direzione che loro pensano sia giusta o che loro stessi sanno gestire meglio. Sono pochissimi i professori che cercano di capire il cuore dei loro ragazzi e osservano chi hanno davanti agli occhi.
In genere, è più facile che il maestro trasferisca le proprie aspettative e qualità all’allievo forgiando lo studente a proprio piacimento e non aiutandolo a conoscersi o a diventare se stesso, ciò che è. Come persona.
Dunque, oggi, il punto politico cruciale è che viviamo in un tempo senza più maestri e ciascuno pensa di sapere già, ma il saggio è colui che sa di non sapere. Infatti, oggi, in politica, non ci sono più allievi che desiderano imparare, ma soltanto sudditi che, inconsciamente, obbediscono al Potere dominante. Vogliono quasi tutti comandare e decidere, ma sono quasi tutti servi e schiavi del Potere egemone.
Insomma, chi è maestro? Un maestro è tale se non riversa se stesso nell’allievo, ma se stimola l’allievo a tirare fuori ciò che ha già dentro di sé. In modo che l’allievo impari a conoscersi. Questo è il salto di paradigma. Il maestro non indica la direzione che lui conosce, ma smuove nell’allievo la ricerca d’una sua direzione personale, originale, unica.
di Pier Paolo Segneri