venerdì 31 ottobre 2025
L’articolo 138 della Costituzione italiana così recita: “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad un intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi un quinto dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti”. È verosimile il fatto che la Corte dei conti non abbia dato il via libera alla realizzazione del ponte sullo Stretto per il fatto che ieri è stato completato il lungo iter legislativo di riforma della separazione delle carriere tra pm e giudici? È quantomeno lecito pensarlo.
Per la sinistra, l’ultrasinistra e gli scapigliati dei cinque stelle, l’approvazione definitiva in quarta lettura sulla riforma costituzionale della separazione delle carriere tra pubblici ministeri e magistratura giudicante ha lo scopo di assoggettare i pm al potere politico. Sono, invece, contenti dello status quo ovvero il fatto che da Tangentopoli in poi i sostituti procuratori della Repubblica hanno perseguito l’obiettivo di assoggettare la politica alla magistratura. Il paradosso è che semplici vincitori di un concorso pubblico abbiano la pretesa, per diritto divino, di sindacare ex ante ed ex post l’operato del Parlamento e dell’Esecutivo che rappresentano in democrazia la sovranità popolare. Quando una casta di cosiddetti illuminati pretende di prevalere sulla volontà popolare e quindi sulla democrazia, il sistema non può non entrare in crisi. Nelle condizioni date, se la politica non ha la forza e il coraggio di far valere le proprie prerogative costituzionali il sistema è destinato a implodere. Un sistema che prevede, a qualsiasi livello, controlli preventivi, concomitanti e susseguenti su ogni atto politico e/o amministrativo crea le condizioni per la stagnazione economica.
Gli sforzi eroici dell’attuale Governo di fare quelle riforme indispensabili per permettere al Paese di crescere cozza con l’opposizione delle “casematte del potere”. La metafora gramsciana “casematte del potere” sta a indicare la strategia adottata dalla sinistra comunista di conquistare quegli apparati della società come: la magistratura, la burocrazia, il sindacato, le università, l’editoria e i media esercitando un potere antitetico a quello legittimato da un voto popolare. Le “casematte del potere” possono contare sul fatto che sono politicamente irresponsabili, non hanno il problema dei risarcimenti causati per le loro azioni, inamovibili ex lege e possono agire impunemente anche contro il potere legislativo. “Le norme si interpretano per gli amici e si applicano per i nemici”. Chiunque può rivolgersi alla magistratura per rendere inefficaci leggi approvate dal Parlamento. C’è sempre una norma europea o internazionale che per i giudici prevale su quella nazionale. C’è sempre una ragione “ideale” per bloccare un’opera pubblica nel superiore interesse della natura su quella economica e funzionale dell’opera stessa. Può perfino essere fermata un’opera strategica, già finanziata, come la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina per non meglio precisate motivazioni tecniche. A mio avviso, è veramente un mistero come l’Italia, nelle condizioni date, continui a essere uno tra i Paesi economicamente più avanzati del mondo.
di Antonio Giuseppe Di Natale