giovedì 23 ottobre 2025
Oggi a Bruxelles è in programma il Consiglio europeo. I leader europei provano a raggiungere un’intesa sugli asset russi immobilizzati. L’obiettivo è finanziare un prestito a Kiev e l’obiettivo di ridurre del 90 per cento le emissioni climatiche entro il 2040. Il documento dei beni congelati russi sarà il primo sul tavolo del summit, con i leader intenti a raggiungere un accordo entro la fine dell’anno per garantire che l’Ucraina possa continuare a ricevere fondi dalla primavera, quando scadrà l’attuale prestito G7. Ma il Belgio, che è il detentore di buona parte di quei fondi, si mette di traverso. La liquidità depositata presso Euroclear è stimata in oltre 180 miliardi di euro. L’idea della Commissione europea è di “scambiare questi fondi con titoli europei, che verrebbero dati in custodia a Euroclear”, mentre “i proventi sarebbero utilizzati per un prestito all’Ucraina garantito dai bilanci nazionali degli Stati membri partecipanti”. Una costruzione giuridica complessa, che secondo le stesse fonti deve evitare di configurare una confisca.
“Bisogna essere sicuri che questa formulazione non violi il diritto internazionale”, viene sottolineato. Permangono inoltre difficoltà politiche che non riguardano il Belgio: gli asset russi sono congelati attraverso decisioni sanzionatorie rinnovate ogni sei mesi, e si valuta una misura separata che li mantenga immobilizzati “fino al pagamento delle riparazioni di guerra all’Ucraina”. Il Belgio, Paese più esposto, teme tuttavia di “dover sostenere Euroclear in caso di contenziosi o arbitrati internazionali” e chiede la solidarietà degli altri Stati membri. Altri Stati, pur non opponendosi, chiedono “rassicurazioni sulla solidità giuridica dello schema”, mentre la Commissione è accusata di aver “sottovalutato la complessità tecnica e legale dell’operazione”. Tant’è che anche la Banca centrale europea mantiene prudenza, “preoccupata per le implicazioni sulla credibilità dell’euro come valuta di riserva mondiale”.
L’Italia, che contribuisce per circa il 12,5 per cento alla chiave di finanziamento, chiede chiarezza su come calcolare le garanzie nel quadro del Patto di stabilità. Nel migliore dei casi, dal vertice uscirà “un segnale politico per proseguire gli approfondimenti tecnici e giuridici”, in vista di un possibile endorsement politico in un Consiglio europeo successivo. Parallelamente, si punta alla chiusura del 19° pacchetto di sanzioni contro Mosca – bloccato finora dalla Slovacchia, per motivi legati al settore automotive – e all’avvio di un’azione coordinata contro la “flotta ombra”, che aggira le restrizioni europee sulle esportazioni di petrolio russo. Si presenta ancora più complicato il dibattito sul target climatico 2040. Secondo fonti diplomatiche, “l’Unione europea non rinuncia all’obiettivo della neutralità climatica al 2050, ma non può neppure continuare come se nulla fosse di fronte alle difficoltà enormi che il settore industriale sta attraversando”. La Commissione aveva proposto un taglio del 90 per cento delle emissioni entro il 2040, ma un gruppo di Paesi – tra cui Italia, Francia, Polonia e Germania – ha chiesto che la decisione non fosse presa solo dai ministri dell’Ambiente, ma “preceduta da una discussione strategica dei leader”. Dopo il mancato accordo del 18 settembre, la presidenza danese di turno ha convocato un Consiglio Ambiente straordinario per il 4 novembre, che riceverà le indicazioni del vertice. L’Italia si prepara a chiedere maggiore flessibilità, puntando su tre elementi: l’inclusione di una revisione intermedia a 5-6 anni (un pit-stop) per verificare se gli obiettivi restano realistici, l’aumento della quota di crediti internazionali dal 3 per cento al 5 per cento, e il riconoscimento della neutralità tecnologica nel settore auto, per consentire l’uso dei biocarburanti e non limitarsi solo all’elettrico.
A margine del Consiglio europeo, Giorgia Meloni, insieme ai primi Ministri danese, Mette Frederiksen, e olandese, Dick Schoof, ha ospitato una nuova riunione informale tra alcuni degli Stati membri più interessati al tema delle soluzioni innovative in ambito migratorio. Lo rende noto Palazzo Chigi.
Insieme a Italia, Danimarca, Paesi Bassi e Commissione europea, hanno preso parte all'incontro Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Germania, Grecia, Lettonia, Malta, Polonia e Svezia. La presidente Ursula von der Leyen ha illustrato i principali filoni di lavoro, soffermandosi in particolare sulla necessità di accelerare ulteriormente i negoziati relativi al Regolamento rimpatri e alla lista europea di Paesi di origine sicuri. Oltre a confermare l'impegno dell'Italia sul fronte delle soluzioni innovative, la premier Meloni ha aggiornato sul lavoro in corso sul tema della capacità delle convenzioni internazionali di rispondere alle sfide della migrazione irregolare e sulle prossime iniziative previste. Una riunione a livello funzionari avrà luogo a Roma il 5 novembre per proseguire il lavoro comune. I leader presenti hanno concordato di continuare a mantenere uno stretto raccordo non solo in ambito Ue e Consiglio d'Europa, ma anche nei diversi contesti internazionali per promuovere più efficacemente l'approccio europeo ad una gestione ordinata dei flussi migratori.
di Manlio Fusani