venerdì 17 ottobre 2025
Anche sforzandosi, è difficile comprendere quale sia la motivazione del comportamento dei filo-palestinesi (di fatto pro Hamas) nel continuare a manifestare contro Israele. Il “massacro” dei civili palestinesi con l’accordo al Cairo, si è fermato. Le manifestazioni di piazza sono sostenute dalla sinistra, dalla ultra sinistra e quantomeno giustificate dal Partito democratico. Raduni di “pacifisti” che puntualmente sfociano in devastazioni e assalti alle forze dell’ordine. Eppure, i video orribili che sono stati diffusi dai tagliagole, di Hamas, nei quali si vedono le feroci esecuzioni sommarie fatte dai terroristi sui palestinesi che secondo i jihadisti sono stati collaborazionisti di Israele nella guerra di Gaza. Le modalità comunicative sono identiche a quelle del Isis. Oltre a suscitare orrore, confermano che l’organizzazione radicale islamica non può e non deve essere cooptata nel futuro Governo nella Striscia di Gaza. Anche se, per qualcuno, sussiste una “componente politica” più dialogante di Hamas e una militare più intransigente.
Gli assassinii perpetrati in questi giorni dai terroristi di Hamas, contro gli stessi gazawi, non fanno notizia. Se i morti civili, causati dalla guerra, sono addebitabili all’esercito israeliano sono crimini contro l’umanità; il massacro, invece, di civili da parte dei jihadisti degli stessi palestinesi, non indigna coloro che auspicano l’autogoverno dei palestinesi. Per costoro gli uomini di Hamas sono “resistenti” e hanno governato la striscia a seguito di “libere elezioni”. Lo stesso criterio è stato utilizzato per la distribuzione di aiuti internazionali alla popolazione. Affidare gli aiuti ai civili palestinesi, con il filtro di organizzazioni all’uopo istituite, aveva come obiettivo di Israele di usare la fame come strumento di guerra. L’accaparramento degli aiuti da parte delle milizie di Hamas, che li utilizzavano per rivenderli a prezzi esorbitanti alla popolazione, era un sistema più efficiente per raggiungere la popolazione affamata.
La realtà dei fatti, ormai evidente a tutti coloro che non sono obnubilati dalla efficace propaganda di Hamas, è che la distruzione dell’esercito di Hamas è la precondizione per cercare di riportare la pace in Medio Oriente. È un fatto incontestabile che se Benjamin Netanyahu non avesse deciso di procedere con l’attacco a Gaza, non sarebbero ritornati vivi i 20 ostaggi e la restituzione, ancora parzialmente, dei corpi degli ostaggi israeliani morti. “L’odiatissimo” premier israeliano che guida “un Esecutivo” di ultradestra, pur di riportare a casa gli ostaggi vivi e morti, ha acconsentito al rilascio di quasi duemila palestinesi, tra i quali molti ergastolani condannati per terrorismo dai tribunali in Israele. Il rapporto di scambio è stato di quasi 1 a 100. “Chi salva una vita salva il mondo intero”. Ancora una volta il decano della politica israeliana, dopo l’accordo sul cessate il fuoco e la restituzione degli ostaggi, sta risalendo la china nei sondaggi elettorali nel Paese ebraico. Il primo ministro più odiato dalle sinistre in Occidente, se insieme al presidente americano riuscirà a portare a termine il difficile processo di pace, passerà alla storia come lo statista che ha posto le basi per una pace duratura nell’intero Medio Oriente.
di Antonio Giuseppe Di Natale