sabato 11 ottobre 2025
Il signor Landini non ha più argomenti per distrarre l’elettorato, e nemmeno tutti gli altri partiti possono più ciurlare nel manico. Perché la cancrena dell’inopportunità per l’impresa a remunerare il fattore lavoro ha ucciso la società italiana e non solo (anche il Francia è spuntato il problema).
Dal primo giugno 2010 fino al luglio 2017 il signor Maurizio Landini è stato segretario generale della Fiom (Federazione Impiegati Operai Metallurgici) e poi segretario generale della Cgil. Il signor Landini ha costruito la propria carriera grazie ad una opposizione di maniera, inaugurata nei teatrini televisivi di Rai e Mediaset. Un bel giorno al giovane segretario Fiom veniva contrapposto un imprenditore, della corrente confindustriale di Bombassei, che aveva il coraggio di dire in faccia al sindacalista (ed all’Italia tutta) che “qui non conviene più pagare il lavoro”. Ne nasceva la classica scaramuccia televisiva, a cui siamo tutti abituati da decenni, ma nessuno (soprattutto i giornalisti e i sedicenti politici) ha mai spiegato al popolo questa affermazione lucida e pragmatica. E Landini, tra l’altro autore nel 2013 del libro Forza Lavoro, non s’è nemmeno lui peritato di spiegare perché in Italia nessuno ha più convenienza a pagare il lavoro: a parte Stato ed enti pubblici e società partecipate che devono ob torto collo attenersi al contratto. Ma nel privato come nelle professioni lo squilibrio è evidente. E quando la gente è scesa in piazza con la Cgil in difesa dei palestinesi, lo ha fatto perché in possesso di un contratto di lavoro blindato, o perché con alle spalle delle sicurezze: i disoccupati, gli sfruttati ed i malpagati non sono scesi in piazza e non voterebbero mai per Landini al vertice del Pd e nemmeno lo vorrebbero futuro presidente del Consiglio dei ministri.
Perché il popolo del non voto è anche contro Landini. È quel corpo elettorale che i giornalisti (quelli che fanno davvero questo mestiere) ascoltano, interrogano. Si allude a quel corpo elettorale che ha ben compreso come la Cgil sopravviva grazie a buchi e problemi creati al mondo del lavoro da norme europee e fisco: ovvero i fattori che impongono all’impresa che vuole sopravvivere di risparmiare sul lavoro. Il termine “fattore lavoro” si riferisce a tutto ciò che comprende l’attività umana, sia fisica che intellettuale, perché lavoratori (termine per molti desueto) contribuiscono alla crescita economica producendo beni e servizi: quindi contribuiscono a generare la ricchezza, sia propria che altrui. Ma nell’Europa a trazione verde e von der Leyen, dove il lavoro umano è stato criminalizzato come primo fattore d’inquinamento, può mai un Landini mettersi contro i suoi sodali politici?
Il lavoro è da quasi trecento anni riconosciuto fattore principe della produzione, che riassume le risorse necessarie per avviare e realizzare un ciclo produttivo: fattori che, tradizionalmente, vengono individuati dalla teoria economica figlia dell’Enciclopedia e del Contratto sociale, e sono la terra, il capitale, il lavoro e l’organizzazione. E quando l’imprenditore diceva a Landini di chiedersi perché in Italia non è più conveniente ed opportuno remunerare il fattore lavoro, il giovane virgulto Fiom preferiva inveire contro il dito che indicava la luna.
Gli imprenditori e i lavoratori autonomi hanno semplicemente ricordato ai sindacalisti che in questi anni è stata perfezionata in Italia (ma anche altrove) l’uccisione del “contratto sociale”. Quel contratto sociale che non è solo un mero concetto filosofico, immortalato da Jean-Jacques Rousseau nell’opera del 1762 alla base delle scienze economiche e lavoristiche, ma ha anche rappresentato il viatico per la nascita di partiti politici e sindacati, di sinistra, di destra e di centro. Perché Rousseau (sconosciuto alla politica politicante almeno quanto Carl Marx, Montesquieu e Benedetto Croce) teorizzava la nascita della società civile moderna, quella che ci permette di votare e far valere i contratti, ed attraverso un ipotetico accordo tra individui. Dai tempi di Rousseau fino a qualche decennio fa la società aveva scelto di abbandonare lo “stato di natura” per formare in alternativa una comunità politica in cui borghesi e proletari avessero la stessa forza contrattuale del nobile: e tutta questa gente cedeva parte della propria libertà, dei propri guadagni e redditi, in cambio di una sicurezza sociale e civile basata sulla volontà generale del popolo.
Un accordo volontario tra individui che hanno deciso di unirsi e di stabilire le regole della convivenza civile: in base a quelle regole sono nati fenomeni come Adriano Olivetti ed Enrico Mattei, che si ponevano prima di tutto il problema di remunerare il lavoro, di garantire che il benessere dei lavoratori fosse soddisfatto al punto di rendere l’impresa di successo. Ma oggi è evidente che né il corpo elettorale, né la politica e nemmeno il sindacalismo abbiano bene a mente che la sovranità appartiene al popolo. Anzi quest’ultimo è tornato ad uno stato bestiale, da massa di manovra usato nelle piazze, da spettatore di finte arene in cui Landini ed altri gridazzieri fingono di scannarsi.
Ma c’è anche tanta gente che ha deciso di tirarsi fuori da questo gioco, aspettando (forse sperando) che tornino giorni in cui il popolo possa nuovamente esercitare il proprio potere attraverso la volontà generale, e non più attraverso oligarchie giornalistiche, bancarie, fiscali, giudiziarie, politicanti e sindacaleggianti: oligarchie tutte a corte dei veri detentori internazionali del potere. “La libertà ‒ ripeteva Rousseau ‒ si guadagna nello stato civile”: e vi sembra uno stato civile l’Italia in cui viviamo?
Il “contratto sociale” è morto perché i tecnici hanno negli ultimi anni ucciso il nostro “modello sociale”, e con la complicità di politica e sindacati, ecco come siamo tornati a varie forme di imposizione che schiavizzano l’uomo: negli anni ’70 del passato secolo, il signor Amazon avrebbe ricevuto milioni d’ispezioni da parte degli ispettorati del lavoro, mentre oggi si permette di dire allo Stato che vuole comprarsi Poste Italiane. Così le guardie fanno visita ad officine, carrozzerie, falegnami e contadini, ma mai abbiamo notizia d’ispezioni alle imprese di “Deliveroo” che portano spesa a domicilio o pasti preconfezionati a tutte le ore del giorno e della notte: solo la cronaca ci parla di poveri garzoni investiti mentre guidavano monopattini e bici con enormi pacchi sulle spalle, gente pagata meno di quattro euro l’ora, senza alcuna garanzia, senza un signor contratto.
Questa degenerazione è stata possibile perché il gioco delle parti tra poteri ha permesso si frantumasse l’indivisibile corpo collettivo e sociale, la comunità italiana: questo fenomeno ha garantito la disuguaglianza tra i cittadini, soprattutto la creazione del potere di un sette per cento di super ricchi.
Ecco perché, caro Landini, i cittadini non votano. Chi diserta le urne probabilmente rappresenta quel fattore lavoro che non conviene più remunerare: ergo risponde non partecipando alla vita politica, avvertendo non più sua la creazione delle leggi che ci governano. Vince la bestialità, la non fiducia in chi commissiona un lavoro. L’artigiano è costretto a lavorare abusivamente ed a farsi pagare a nero. Il dipendente è visto nel privato solo come un costo aziendale, ed anche nel pubblico sta passando questa vulgata. Sono stati i tecnici, con avallo della politica, a determinare che in Italia non convenga più pagare il lavoro, ed il risultato è lo sfacelo che ha rovinato la vita di tutta la comunità.
di Ruggiero Capone