giovedì 18 settembre 2025
L’Aula di Montecitorio ha approvato in terza lettura la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere, con 243 voti favorevoli e 109 contrari. La maggioranza assoluta richiesta è stata raggiunta, consentendo all’iter di procedere verso l’ultimo passaggio al Senato. Non è stata invece centrata la soglia dei due terzi – pari a 267 voti – che avrebbe escluso la possibilità di un referendum confermativo. Dopo la proclamazione del risultato, dai banchi della maggioranza si sono levati applausi. Il provvedimento introduce la distinzione netta tra magistratura requirente e giudicante, istituisce due Consigli superiori della magistratura distinti, prevede il sorteggio come strumento di garanzia contro lo strapotere delle correnti e la nascita di un’Alta Corte di giustizia competente in materia disciplinare. Con il voto odierno, la prospettiva di una consultazione popolare sulla giustizia resta dunque aperta.
“Quattro sì per ridare fiducia agli italiani sia in una giustizia giusta, dove ci sia effettiva parità tra difesa e accusa e terzietà e imparzialità del giudice rispetto alle parti, sia in una magistratura autonoma e indipendente al proprio interno, più fedele al principio di soggezione alla legge che influenzata dal cosiddetto creazionismo giudiziario. Nessuna delle critiche espresse contro la riforma coglie nel segno. Abbiamo sentito solo parole in libertà e slogan vuoti e ripetitivi” ha dichiarato in una nota il deputato della Lega Jacopo Morrone, responsabile del Dipartimento giustizia. “È da escludere tassativamente, in particolare, che la riforma sia finalizzata a porre il pubblico ministero alle dipendenze dell’Esecutivo, semmai si punta a rendere la pubblica accusa più libera e meno condizionata da ragioni di colleganza interna, né c’è alcuna forma di collisione con i principi costituzionali che continuano a essere espressamente previsti. L’odierno voto positivo alla Camera dei deputati, il terzo, ci fa vedere la luce in fondo al tunnel. La riforma attesa da decenni è in dirittura d’arrivo”, ha concluso.
Il clima in Aula si è acceso subito dopo l’approvazione. La capogruppo del Partito democratico, Chiara Braga, ha stigmatizzato gli applausi dei membri del governo, provocando la reazione delle opposizioni che si sono avvicinate ai banchi dell’Esecutivo. L’intervento del presidente di turno, Sergio Costa, non è bastato a stemperare la tensione, tanto che la seduta è stata sospesa per alcuni minuti. Particolarmente affollato il Transatlantico nel giorno del voto: ai deputati di maggioranza era stato chiesto con ordine “tassativo” di presenziare, mentre “tutto il Governo è stato precettato”. Alla fine i 243 sì – quasi l’intero pacchetto dei voti del centrodestra – hanno confermato la disciplina di coalizione. Tra gli arrivi più attesi, poco prima dell’inizio della seduta, quelli del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, del ministro per gli Affari europei Tommaso Foti, del titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti e, naturalmente, del guardasigilli Carlo Nordio, accolto da numerosi parlamentari che hanno voluto una foto ricordo. Al suo fianco anche la capo di gabinetto Giusi Bartolozzi. Presente in Aula anche Marta Fascina, deputata di Forza Italia e ultima compagna di Silvio Berlusconi, che ha conversato a lungo con Tajani e altri esponenti del partito.
Non sono mancati voti trasversali. Tra questi quello di Benedetto Della Vedova, deputato di +Europa: “Confermo il mio voto a favore sulla separazione delle carriere, nonostante la modalità con cui Giorgia Meloni ha voluto portare a casa questa riforma costituzionale sia totalmente sbagliata e sia un metodo che prefigura, a mio avviso, l’evoluzione, o meglio l’involuzione di un eventuale bis di Meloni a Palazzo Chigi. Una involuzione verso la democrazia scarnificata. Ma questa non è una riforma meloniana o di Nordio e non è nemmeno una riforma berlusconiana. Questa è una riforma radicale, liberale, pannelliana. Voto sì non solo nel merito ma anche per una considerazione politica: io ritengo che si debba costruire un’alleanza per l’alternativa in grado di battere Meloni, e perché mai dobbiamo rischiare di escludere da questa alleanza tutti i liberali, radicali, riformatori e garantisti, fortemente critici con il governo Meloni ma che hanno sempre pensato che questa fosse una riforma necessaria e che quindi non ritengono che si debba votare no solo perché la fa questo governo?”, ha aggiunto.
di Zaccaria Trevi