I pagliacci del Leoncavallo

venerdì 12 settembre 2025


Balli, sputi, lanci di uova e petardi contro le forze armate, e insulti all’indirizzo del ministro Matteo Piantedosi hanno contraddistinto il corteo di protesta, andato in scena a Milano, contro lo sgombero del Leoncavallo dalla storica sede (occupata abusivamente per “appena” trentuno anni) di Via Watteau. Tra i ventimila scesi in piazza a sostenere la causa dei leoncavallini sfrattati, anche una sfilza di volti noti, anch’essi parimenti indignati a seguito della “delittuosa” decisione del Viminale di mettere fine a decenni di abusi e irregolarità venduti a buon mercato con su affissa l’etichetta “cultura”. Tra i vipponi in testa al corteo, desiderosi di perorare la causa tradita di quei bravi ragazzi del Leonka, tutta una sfilza di attori, comici e teatranti vari, capitanati dell’umorista Claudio Bisio, incredibilmente tornato a suscitare l’ilarità del pubblico non pagante con le sue appassionate dichiarazioni in salsa pro-Leonka. Da dietro le quinte, a dar manforte ai commedianti, è intervenuto invece il regista e sceneggiatore Gabriele Salvatores, anch’egli evidentemente ansioso di dire la sua (ne avremmo fatto volentieri a meno) “per dare un segnale” (probabilmente anche a se stesso), dimostrando al mondo di non agire “come le pecore”.

Come se rispettare la legge e non assecondare gli istinti abusivisti degli occupanti equivalesse a ridurre il cittadino a membro indistinto di un gregge di ovini. Ma tant’è. A rinforzare ulteriormente il nutrito coro tanto in voga in certi ambienti del capoluogo lombardo: “Giù le mani dal Leoncavallo”, e rimpinguare l’allegra pattuglia di indignados, ci hanno pensato, poi, anche esponenti di Alleanza Verdi e Sinistra, Rifondazione comunista, Cgil, Fiom, Arci e Anpi. Tutti insieme appassionatamente a difendere a spada tratta l’illegalità e l’abusivismo sfrenato, e ad alimentare il parassitismo dilagante tanto caro alle vedove inconsolabili del Leonka. A questo punto, visto il fervore dimostrato nell’occasione, ci pensassero Lorsignori, attoruncoli, commedianti, sindacalisti e politicanti vari, a farsi carico dell’ingente debito contratto dagli occupanti con i legittimi proprietari dell’immobile, costato allo Stato una condanna al pagamento di tre milioni di euro come risarcimento per i canoni non versati, anziché giocare a fare gli eroi sulle tasche dei contribuenti italiani in cambio di qualche titolo ad effetto sulle prime pagine dei quotidiani. Ripensando alle loro ingloriose gesta, non può che tornare alla mente una celebre opera teatrale di fine Ottocento, composta, ironia della sorte, da un altro Leoncavallo, il compositore napoletano Ruggero, dal titolo emblematico e quanto mai calzante per i nostri vipponi: Pagliacci.


di Salvatore Di Bartolo