Il discorso della premier per gli studenti al via

mercoledì 10 settembre 2025


Giorni di ripartenza per le scuole italiane. E fanno già discutere le novità promosse dal ministero dell’Istruzione. Divieto dei cellulari anche nelle scuole superiori per tutto l’arco della giornata: “Disintossicare gli studenti da strumenti che hanno presentato criticità”, ha sintetizzato il titolare Giuseppe Valditara. E ha annunciato che da quest’anno chi si rifiuterà di fare l’orale agli esami di maturità sarà bocciato. Tuttavia le materie per l’orale scendono a quattro. Sono i principali cambiamenti e altro si aggiungerà per riformare, attualizzare e salvare quel patrimonio culturale che è la scuola italiana. Molte sono le critiche e le lamentele, tuttavia partendo dal cuore del discorso tenuto dalla premier Giorgia Meloni al Meeting di Rimini, accolto con una ovazione, “è tempo di costruire con mattoni nuovi”. Conservatorismo e innovazione, il crinale sul quale non solo si trovano forze politiche, si trova questo tempo scandito da contraddizioni, frizioni, baratri possibili, spinto tuttavia verso il futuro. A questo proposito voglio ritornare sul discorso di Giorgia Meloni a Rimini, che ha suscitato grande consenso in platea, per soffermarci non solo sui contenuti, bensì sul metodo. Perché se c’è una tradizione che va conservata e resa fruibile, e se c’è un patrimonio morale, questo è proprio l’oratoria. Forse gli studenti non ne hanno bisogno? Forse le crisi giovanili non sono anche una qualità della comunicazione e uno stile della rappresentanza? Si sente parlare di plurimi interventi, progetti, proposte di formazione ed educazione, se non rieducazione, in questo contesto l’oratoria può essere il bene da rilanciare per rendere attuali e vivificanti i grandi latini da Catone il Censore, ai Gracchi, a Marco Antonio e Lucio Licinio Crasso, soprattutto, Marco Tullio Cicerone, considerato il più grande oratore romano. È il made in Italy scolastico da divulgare.

Guardiamo positivo. Giorgia Meloni è una persona che studia, si prepara, non affronta un impegno con casualità e genericità. Esattamente come accade nella vita degli studenti, per cui le interrogazioni sono e dovrebbero diventare esposizioni, il primo livello della rappresentazione di sé, della propria personalità venendo incontro a quell’esigenza di meno nozionismo e didattica (senza svuotare i contenuti) e più concretezza. Che ci faccio con Catone? “Vir bonus dicendi peritus”, cioè l’uomo di valore è esperto nel dire. E “rem tene, verba sequentur”, cioè padroneggia i contenuti che poi le parole vengono da sole. Abolire questo? Cancellare questa memoria? Altro che bomba atomica sull’Occidente, mentre possiamo rilanciare l’Europa dalle sue radici e profondere nelle nuove autostrade digitali il nostro patrimonio insostituibile. Oggi ci sono Chat Gpt, le plurime modalità di costruire un discorso, qualcuno ha avanzato che chi parla a braccio senza leggere usa sotterfugi, schermi invisibili, i teleprompter. Tutto quello che si vuole. Mi permetto di osservare che non è il caso di demonizzare ciò che può aggiungere strumenti e potenzialità all’arte di esprimersi, perché chi farà il copia e incolla o si limiterà a mescolare parole, non arriverà al traguardo. Tanto più le tecnologie offrono opportunità, altrettanto vale il segno distintivo di chi parla e di chi scrive. La persona, la sua anima e la sua indole non sono sostituibili. Per questo il discorso di Giorgia Meloni diventa un must scolastico, una strada da indicare e da percorrere. Non basta studiare una lezione, occorre saper impaginare e presentare il sapere e noi stessi. La destra ne ha tradizione.

Scriveva nel 2016 Marcello Veneziani: “Almirante è stato il miglior oratore della repubblica italiana. Nessun democristiano o comunista reggeva il paragone con lui. Né statisti come Alcide De Gasperi o Giulio Einaudi né intelligenze politiche come Palmiro Togliatti e Aldo Moro, Bettino Craxi e Giulio Andreotti. C’erano oratori efficaci nella prima Repubblica, come Gian Carlo Pajetta Pajetta o Marco Pannella, Pietro Nenni e Sandro Pertini, e più numerosi a destra; ma nessuno sapeva usare come lui le corde del cuore e dell’ironia, dell’arte oratoria e dell’invettiva politica, scorrendo con lievità da un genere all’altro e componendole tutte in una lezione di italianità e di italiano, nel senso liceale della parola”. Ebbene, questo può offrire un governo a guida Giorgia Meloni. Non i tagli, le censure, le cancellazioni. Forgiare e strutturare le ambizioni, i traguardi, le libertà. Diceva l’imperatore Traiano una frase che Marguerite Yourcenar, autrice delle Memorie di Adriano nel 1951, ha voluto come epitaffio: “Non c’è mai stata una spiegazione chiara che non mi abbia convinto”. Gli esempi sarebbero tanti, ma l’importanza oggi di “curare” i malesseri giovanili con una formazione al discorso sarebbe la gioia di Michel Foucault, che intitolò L’ordine del discorso la sua lezione inaugurale al College de France, in cui analizzando la questione dei rapporti tra discorso, verità e potere esortò a padroneggiare la lingua per scongiurare le censure e i pericoli. Per dire che non è ideologia, curare il discorso vale per tutti. D’altro canto se Re Giorgio VI, padre della Regina Elisabetta, si affidò a un abile logopedista per vincere la sua balbuzie e pronunciarsi alla nazione alla vigilia della Seconda guerra mondiale, come narrato nel film Il discorso del re (The King’s Speech) di Tom Hooper, l’arte di parlare è la migliore medicina della nostra coscienza e introspezione.


di Donatella Papi